Natale da Chef: recensione

Un nuovo e poco attraente cinepanettone arriva al cinema dal 14 dicembre. Si tratta di Natale da Chef, la cui trama ruota attorno alle peripezie culinarie dello chef interpretato da Massimo Boldi

Sono passati 34 anni da quando il primo cinepanettone, il mitico Vacanze di Natale del 1983, uscì nei cinema italiani, per la regia di Carlo Vanzina, generando un filone cinematografico che è continuato all’insegna del successo fino a quel Vacanze di Natale a Cortina del 2011, che di fatto ha (per gran parte della critica e del pubblico) segnato la fine di questo strano fenomeno culturale italiano. Eppure sia Christian De Sica che Massimo Boldi non si sono mai del tutto rassegnati alla “morte” della loro creatura, cimentandosi in altri tentativi di resuscitare il genere anche dopo la loro separazione del 2005: De Sica con storie di Vacanze o Natali, Boldi sopratutto con quelle di matrimoni. Ora arriva al cinema dal 14 dicembre con Medusa Film Natale da Chef, con Massimo Boldi protagonista, per la regia di Neri Parenti, su sceneggiatura firmata da Alessandro Bencivenni, Gianluca Bomprezzi, Domenico Saverni e Parenti, con una colonna sonora firmata da Bruno Zambrini.

Natale da Chef: Neri Parenti e Massimo Boldi creano un requiem di genere

La trama di Natale da Chef vede Massimo Boldi nei panni dello chef Gualtiero Saporito, che del grande cuoco ha solo l’ambizione, dal momento che i suoi piatti sono qualcosa di assolutamente orrendo e vomitevole. Assieme alla moglie Beata (Barbara Foria) dirige un piccolo ma rinomato ristorante a Roma, ma il successo è dovuto alla maestria della consorte che deve sempre arginare le orripilanti onde creative del marito. Di fronte all’ennesima gaffe di Gualtiero però, le strade professionali dei due si dividono e Gualtiero si ritrova senza nulla da fare in cucina. Sulla sua strada trova a consolarlo il losco Furio Galli (Maurizio Casagrande), titolare di una famosa ditta di catering che gli offre il posto di capo cuoco presso la sua azienda, con la quale vuole concorrere alla gara d’appalto che deciderà chi dovrà “sfamare” i leader mondiali del prossimo G7.

In realtà la ditta di Furio è quasi sull’orlo della bancarotta e l’astuto imprenditore si è accordato con un avversario per lasciarlo vincere ed averne in cambio abbastanza liquidi per ripianare i debiti. E chi meglio di Gualtiero può garantirgli una sconfitta tanto ovvia quanto lucrosa? L’ignaro Chef si circonderà di collaboratori tanto ingenui quanto negati, ma mai dire mai nella vita…

Il cast di Natale da Chef non riesce a risollevare le sorti del cinepanettone

natale da chef cinematographe

Ecco appunto mai dire mai nella vita. Per esempio mai scommettere sul fatto che quest’ultima fatica cinematografica di Boldi, questo Natale da Chef, non abbia possibilità di sbancare al botteghino, ma se ciò accadrà sarà semplicemente l’ennesima prova di quanto il pubblico italiano si accontenti di poco. In questo caso, lasciatecelo dire, proprio di niente. Il film di Neri Parenti è forse una delle commedie più tristi, mosce, prevedibili e senza senso che si siano viste negli ultimi anni nei nostri cinema. In un certo senso si può dire che quanto al celebre filone dei Cinepanettoni, questo Natale da Chef sembri creato per seppellirne i resti, non certo per tesserne l’elogio.

La trama è banale, scontata, i personaggi così triti e ritriti da essere parodia non tanto di sé stessi, ma da trasformare in parodia gli attori chiamati ad interpretarli. Tutto questo ha come colpevoli la regia lenta e sonnacchiosa di Neri Parenti, la terrificante sceneggiatura scritta a quattro mani dallo stesso Parenti con Bencivenni, Bomprezzi e Saverni, nonché l’orribile montaggio di Luca Montanari (collaboratore di lungo corso sia di Parenti che di Vanzina). I dialoghi e le gag sono un allucinante mix tra lo zuccheroso, il triviale e il cabaret di quart’ordine, le gag una più vecchia e prevedibile dell’altra, gli equivoci o le situazioni teoricamente grottesche, fanno più tristezza di certi libri di Pessoa e Kafka messi assieme.

Il cast, certo, è poco aiutato dalla materia base, ma non si può dire che vi sia qualcuno che brilli particolarmente al suo interno che valga la pena salvare. Forse solo Biagio Izzo e Maurizio Casagrande, che se non altro cercano di dare un pò di brio agli unici due personaggi un pò originali e ben congegnati.

Ma per il resto, l’equipaggio non può che seguire il destino della nave che affonda. Dario Bandiera, Enzo Salvi, Paolo Conticini ci provano ma possono ben poco, e tanto meglio non va al gentil sesso che, nonostante le grazie di Rocio Munoz Morales, Francesca Chilemmi e l’esperienza di Milena Vukotic e Barbara Foria, non combina molto. Ma, lo si vuole ripetere, è molto difficile riuscire a far qualcosa di buono quando il materiale di partenza è così misero e asfittico, per non dire orrido, quasi quanto le ricette culinarie che i personaggi cucinano.

Natale da Chef: un film indigesto quanto i piatti di Gualtiero Saporito

natale da chef cinematographe

E Boldi? Beh che dire… triste che un comico che ha avuto con l’ex partner De Sica un ruolo così predominante nella comicità italiana, abbia ormai perso presenza scenica, carisma, simpatia, e si aggiri come uno spettro in un film del genere, ridotto a pallido ricordo di se stesso. Ma a ben pensarci, il mistero del successo di Boldi e De Sica è roba da psicologia delle masse, che affonda i suoi denti ed artigli nell’epoca d’oro del berlusconismo, e Natale da Chef assomiglia in tutto e per tutto alla sua controparte contemporanea: quella fossilizzata, stantia e ripetitiva.

Certo che a confronto con questo orrendo epigono, anche i meno entusiasmanti tra i Cinepanettoni che l’hanno preceduto sembrano capolavori del neorealismo, se non altro in molti vi era energia, intensità, un cafona ma in fondo spensierata demenzialità. Natale da Chef invece fa molta tristezza, è insopportabile, noioso, irritante e solo in alcuni istanti ci dona qualcosa che valga, non dico il prezzo del biglietto (sarebbe davvero troppo), ma anche solo del tempo.

Strana ironia involontaria, nel caso di Natale da Chef si può dire che contenuto e contenitore si assomiglino: entrambi infatti ci parlano di un autoproclamatosi genio artistico, che senza il partner a sorreggerlo non sa far altro che proporre mix ributtanti, ripetitivi, improvvisati, senz’anima e stomachevoli. Il botteghino ci dirà se il pubblico italiano ha ancora lo stomaco per mangiarseli o se ne ha avuto davvero abbastanza.

Regia - 0.5
Sceneggiatura - 0.5
Fotografia - 2
Recitazione - 2
Sonoro - 2
Emozione - 1

1.3