Nayola: recensione del film di Jose Miguel Ribeiro

La pellicola, opera prima del regista, è stata presentata in concorso al Future Film Festival 2023

La guerra civile angolana, un confronto transgenerazionale al femminile, il passato unito al presente attraverso oniriche visioni, strettamente a contatto con la natura; Nayola è il lungometraggio d’esordio del regista portoghese Jose Miguel Ribeiro che, dopo essere stato lanciato, a giungo 2022, alla 46ª edizione dell’Annecy International Animation Film Festival, è stato presentato in concorso al Future Film Festival 2023, da sempre dedicato al cinema d’animazione. Basato sull’opera teatrale A Caixa Preta di José Eduardo Agualusa e Mia Couto, che ha scritto la sceneggiatura insieme a Virgilio Almeida, il lungometraggio dipinge con grande tecnica un quadro in continuo movimento, drammatico ma in cerca di rivalsa, capace di tracciare un percorso lungo circa 20 anni, passando dalla lotta armata a quella ideologica.

Nayola: la presenza del passato

Nayola cinematographe.it

Nella foresta bagnata dalla pioggia un uomo scappa dai colpi d’arma da fuoco e, sprofondato in acqua, scompare, lasciando spazio all’ergersi di un albero maestoso. È questo l’incipit dell’opera che, successivamente, passando da immagini astratte e cariche di simbologia, presenta i due piani temporali lungo i quali si dipana poi tutto l’intreccio. Dall’Angola del 1995, sconvolta da una sanguinosissima guerra civile, all’Angola del 2011, ove il conflitto è ormai un lontano ricordo, ma non accenna ad arrestarsi la lotta per la conquista dei propri diritti da parte dei cittadini.

Se nel passato è Nayola a mostrarci la preoccupante condizione del paese, sullo sfondo della sua disperata ricerca del marito scomparso proprio durante i combattimenti, il presente ci viene raccontato dalla ribelle Yara e dalla sua musica rap totalmente anticonformista, unica arma a sua disposizione per lottare in nome dei propri ideali, per contrastare le scelte del proprio governo e, soprattutto, le pratiche violente ed aggressive delle forze dell’ordine, in nome della libertà di parola e della libertà di essere diverso.

Yara, però, a differenza della madre della quale si sono ormai perse le tracce da molti anni, non è sola, perché a porsi da sua guida e da suo freno vi è la nonna, Lelena, che fa di tutto per contenere la sua indole, per paura di perdere anche lei. La svolta arriva nel momento in cui in casa di quest’ultima irrompe un intruso mascherato e armato di machete, che avrà modo di confrontarsi sia con lei che con la nipote e di cambiare le sorti dell’intreccio.

L’azione che si trasforma in parola

Jose Miguel Ribeiro cinematographe.it

Il filo logico che unisce i due piani passa per il conflitto, il quale dalle armi vere e proprie si tramuta in parole, ma ugualmente cerca di contrastare una disumana repressione, una chiara ed evidente negazione della libertà. Al centro tre donne forti, tre generazioni che hanno dovuto superare momenti diversi della storia, ma ugualmente drammatici: Yara cresciuta senza una figura genitoriale che non fosse quella dell’anziana nonna, Nayola all’affannosa ricerca del compagno scomparso, Lelena che ricorda il suo di passato, ancora più remoto, segnato dalla guerra d’indipendenza e dalla perdita del marito. Nessuna delle tre sembra però conoscere la resa, si distinguono per una capacità riflessiva figlia delle proprie età anagrafiche e per le esperienze caricatesi sulle proprie spalle, che le portano ad approcciarsi in maniera differente allo scontro; i segni del passato si evincono dagli scambi avvenuti tra le insicure mura di casa nella seconda parte della pellicola, capace di attribuire al racconto una chiave di lettura ulteriore.

Nayola: valutazione e conclusione

Tra i tanti meriti dell’opera è doveroso innanzitutto un plauso alla qualità tecnica delle immagini che vengono dipinte sullo schermo: disegni altamente caratterizzati, assolutamente unici, che si muovono da una quadro ad un altro, tra quadri avvolti dall’ingombrante presenza della ambiente; viene infatti dato molto spazio alla natura, in continuo contatto con i personaggi e personaggio essa stessa, animata da un impeccabile lavoro sul suono, a cui quindi non si accredita solamente l’aver reso il presente contemporaneo per mezzo della musica rap. La natura si fa inoltre simbolo, passando per le animalesche personificazioni che seguono e tracciano il cammino delle protagoniste, 3 donne forti della loro voglia di reagire agli abusi del potere e di autodeterminare la propria libertà. L’ultima nota di merito arriva, totalmente inaspettata, nel momento in cui l’animazione lascia spazio al reale per pochissimi minuti, tramite alcune immagini che ricordano allo spettatore l’ispirazione storica del film.

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Regia - 4
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 4
Emozione - 4.5

4