TSFF 2020 – Nech Je Svetlo: recensione del film di Marko Škop

Una storia che racconta di padri e figli che conferma la bravura del regista Marko Škop nel narrare ciò avviene tra le piaghe della terra.

È Natale e Milan Deniš (Milan Ondrík) torna dalla Germania – dove lavora nel settore edile – nel suo villaggio natio, in Slovacchia, Nowa Huta. Sua moglie Zuzka (Zuzana Konečná) è felice di vederlo ma è distrutta dalla stanchezza e dalla preoccupazione per i tre figli che alleva da sola. La famiglia e l’intero villaggio vengono sconvolti dal suicidio di un ragazzo, Peter, un amico del figlio adolescente Adam (František Beleš). Perché si è ucciso? Perché la polizia chiede notizie ad Adam? Durante il ritorno Milan scopre che Adam fa parte di un gruppo giovanile paramilitare e che è coinvolto in atti di bullismo e nella morte del coetaneo. Questa in breve è la storia di Nech Je Svetlo (Let There Be Light) – coproduzione tra le due più grandi società indipendenti in Slovacchia e Repubblica Ceca, Artileria e Negativ, con la partecipazione delle rispettive emittenti nazionali, Radio and Television Slovakia e Czech Television -, il secondo film del regista slovacco Marko Škop, in concorso, nella sezione lungometraggi, alla 31^ edizione del Trieste Film Festival (17 gennaio – 23 gennaio). 

Nech Je Svetlo: una storia che racconta di padri e figli

Quanto conosciamo i nostri figli, noi stessi, e quindi per estensione la nostra terra? Questa è una delle domande su cui lavora Nech Je Svetlo, il film infatti indaga sul rapporto padri-figli, sulle differenze e sulle incomprensioni che nascono tra loro. Milan è un uomo di buon cuore, una figura assai distante da quella da lui avuta – un padre violento, rigido, autoritario. All’inizio della pellicola lo vediamo come una specie di ospite in casa propria; è più facile fare il buon papà quando non lo sei a tempo pieno ma torni per le vacanze con regali e abbracci. Milan poi, quando viene colpito dalla morte di Peter, un coetaneo del proprio figlio, scopre quanto sia difficile il compito della moglie e quanto i figli nascondano le proprie vite dentro i cellulari e dietro le porte chiuse delle proprie camere. Milan inizia a scavare nella vita del figlio e emerge una realtà difficile da digerire: il figlio appartiene all’organizzazione paramilitare La Guardia nella quale i ragazzi sono addestrati a “proteggere la loro famiglia e la loro patria” a qualunque costo e in qualunque modo.

Un giovane istruito e educato alla violenza – elemento da non sottovalutare, Milan ha una collezione di fucili e mitragliatrici che tiene in una teca – come si può esprimere se non con quest’arma? Adam è un coacervo di durezze e di nervi scoperti, nega ogni cosa, nega di sapere qualcosa sulla vicenda di Peter e su ciò che avrebbe potuto spingere l’amico a suicidarsi, e ha paura perché chi conosce il linguaggio della violenza ne conosce anche la grammatica.

I gruppi paramilitari di estrema destra se la prendono con i più deboli, con coloro che reputano diversi: Peter è gay ed è per questo che il gruppo se la prende proprio con lui. Ma la storia è così facile? No, perché Škop si immerge in un mondo molto più complesso e intricato, in cui la corruzioni tra Stato, polizia e Chiesa sono all’ordine del giorno.

Nech Je Svetlo: le religione è elemento fondamentale per la società

Nech Je Svetlo Cinematographe.it

La religione è un elemento fondamentale nel film: la messa domenicale, le preghiere, i gesti religiosi sono “rituali” attorno ai quali si costruisce la vita del “buon” cittadino. Emblemi di ciò sono il padre di Milan, secondo cui lo Stato fantoccio fascista slovacco durante la Seconda guerra mondiale è stato in grado di creare un momento di benessere per il paese, e il prete che chiude un occhio sulle violenze perpetrate dalla polizia locale e soprattutto sulla Guardia.

Ciò non può che in prima istanza emergere con piccoli dettagli per poi, a poco a poco, scatenare un tornado di sopraffazioni, violenze, ingiustizie; quando Milan incontra i genitori di Peter si trova di fronte ad una realtà insopportabile: lo stupro di Peter il giorno poco prima del suicidio.

Nech Je Svetlo è asciutto, minimale, non c’è musica, come se non ci fosse spazio per altro se non per la crudeltà di una storia che rappresenta una ferita per uno Stato che voglia definirsi tale. Come può un individuo scegliere “la retta via” se questa non è indicata dalle Istituzioni e dagli Organi che sono malati, corrotti, violenti? Lo può fare solo chi riesce innalzarsi, prendere le distanze dall’amoralità e dal putridume.

Nech Je Svetlo: un film di finzione che ha lo sguardo del documentario

Marko Škop porta dentro Nech Je Svetlo il suo occhio da documentarista e il suo secondo lungometraggio di finzione si dimostra ancora una volta attento narratore di ciò che avviene tra le piaghe della terra, tra le ferite dell’animo umano, e di tutto ciò che attraversa l’Europa centrale e orientale negli ultimi anni: l’omofobia, la xenofobia, e ogni sentimento figlio di una cultura conservatrice e patriarcale.

Il cineasta, con una sceneggiatura semplice e asciutta tanto quanto il film stesso, racconta qualcosa che c’è, esiste, mostrando una storia che ha radici nella realtà. Nech Je Svetlo è un film che tenta di entrare nel cuore ma non riesce a farlo totalmente; è una storia su come i figli perpetuino gli errori dei loro padri portando addosso i modelli che hanno ricevuto, ed è proprio per questo motivo che la società in cui Adam cresce è sull’orlo dell’implosione e non può che implodere. C’è però un finale che apre uno spiraglio, c’è speranza e c’è la possibilità di fare qualcosa per cambiare questo mondo, anche se non è facile.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 2.5
Emozione - 3

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