Venezia 76 – Nevia: recensione del film

Recensione di Nevia, un film drammatico che attraversa anche il genere della fiaba presentato al Festival del cinema di Venezia 2019 nella sezione Orizzonti.

Nevia è il nome della protagonista di questo film, ha 17 anni e abita nel campo container di Ponticelli, periferia orientale di Napoli. Il luogo in cui la ragazza vive l’ha resa adulta troppo presto, ma forse l’ha strappata precocemente anche dall’infanzia. Con un papà a Poggioreale e una mamma che non c’è più, la giovane vive con la nonna Nanà, che ha subaffittato una camera a una prostituta e che vuole far accasare la nipotina alla soglia dei 18 con Salvatore, che con i suoi traffici illeciti di merci rubate può “sistemarla”.

Quella che ormai si appresta a diventare una giovane donna, continua la sua lotta per la sopravvivenza, sperando in un futuro migliore per lei, ma soprattutto per sua sorella, la piccola Enza. Un giorno in città arriva il circo e quel luogo magico potrebbe dare alla ragazzina una possibilità di fuga e di riscatto da un mondo che non le offre nulla… La speranza non è il credo di Nevia, è la tenacia e la responsabilità che le daranno la possibilità di trovare il suo posto nel mondo.

Nevia parte dal passato autobiografico della regista

Nevia Cinematographe.it

Nunzia De Stefano esordisce alla regia con una storia a metà tra dramma e favola, inserita nel concorso di Orizzonti di Venezia 76. La parabola della protagonista ha al suo interno accenni alla vita della regista, che ha faticato a scrivere la sceneggiatura proprio a causa dei rimandi a un passato doloroso. Anche Nunzia De Stefano è stata costretta a vivere in un container con la sua famiglia, in attesa di una casa popolare, dopo il tragico terremoto campano degli anni ’80, vivendo in una situazione dove, come lei stessa racconta, era difficile ricreare tranquillità e un equilibrio felice.

Nevia è però prima di tutto una storia di riscatto, in un mondo dove nascere donna non offre nessuna opportunità. Proprio per questo la protagonista non vuole abbellirsi, non le interessano i vestiti carini e le cose frivole, lei sa che ha una grande responsabilità: evitare che la sua sorellina finisca per essere influenzata da un contesto in cui si tira a campare e si accettano situazioni sbagliate.

Una favola chiamata Nevia

Nevia Cinematographe.it

Ancora una volta il cinema torna a parlare di uno spaccato napoletano in cui i protagonisti sono gli ultimi, personaggi apparentemente senza via di scampo che lottano contro la miseria e la mentalità di luoghi in cui è difficile andare avanti. L’influenza di Matteo Garrone, di cui la regista di Nevia è l’ex moglie, si sente: dai titoli di testa si apprende che il regista di Dogman è produttore del film, ma è nello stile registico e nella scelta di raccontare la storia stando sempre a un passo dalla protagonista, asciugando i dialoghi il più possibile e soprattutto avvicinando la vicenda alla struttura della favola, che se ne riconosce l’influenza.

Nella sua quotidianità sempre uguale, dove ogni lavoretto è buono per tirare su un po’ di soldi per fare la spesa, mentre respinge le avances di Salvatore che cerca di corromperla con regali e attenzioni, Nevia trova un luogo dove può finalmente sentirsi se stessa, quel luogo a cui tutti tendiamo e che si chiama felicità è il circo, dove si sa, si compiono magie.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2
Recitazione - 3
Sonoro - 2
Emozione - 3

2.5