Venezia 77 – Night of the Kings: recensione
Philippe Lacôte propone la sua personale e contemporanea versione de Le mille e una notte, raccontando una storia di lotta, supremazia e sopravvivenza.
C’è un modo per rivisitare una storia come quella de Le mille e una notte. Ci troviamo sulla Costa d’Avorio, in una prigione, anzi, nell’unica prigione dove a comandare sono i detenuti, in cui una comunità affiatata e improntata su culti e riti, nonostante la vita chiusa del carcere, ha il proprio re e il corso che il suo regno deve intraprendere. Perché è parte di moltissime culture quella di dover vedere morire il proprio sovrano quando questo mostra di non essere più sano per governare, quando la malattia diventa una discriminante che non solo pregiudica i servizi che un uomo di potere può ancora compiere per i suoi sudditi, ma è un male che va estirpato alla radice prima che infetti tutto il suo regno.
Con basi di studi antropologici, dove la morte del re è pratica consueta in molte tribù o comunità che credono nell’incidenza che una vita non più sana può causare alle sorti di un’intera popolazione, Night of the Kings è la notte della luna rossa a cui il nuovo arrivato a La Mica dovrà sottoporsi, lui scelto per rivestire il ruolo del Romanzo e raccontare una storia ai detenuti-sudditi della prigione prima di venire giustiziato. Una pratica inconsueta, ma utilizzata da un re che ha troppa paura di compiere il proprio destino, usando dunque il ragazzo per guadagnare ancora un poco di quel tempo che gli resta, prima di dover rinunciare al trono, alla corona e alla propria vita.
Nigh of the Kings – Le mille e una notte di Philippe Lacôte
Svolgendosi tutto nel tempo ristretto di un’unica serata, dilatata quasi all’infinito dal racconto del Romanzo che, come il re, dovrà lottare d’astuzia per poter portare a compimento il piano di arrivare sano e salvo fino alla mattina successiva, il film scritto e diretto da Philippe Lacôte vive della frenesia e dall’ammasso di umanità che si trova rinchiuso in quella prigionia resa microcosmo di un intero mondo. Una comunità che ha posto le proprie radici lì sul suolo, nei corridoi, nelle sale di condivisione del carcere La Maca, territorio di cui i corpi dei personaggi occupano ogni spazio, muovendosi come un solo organismo e restituendo allo spettatore un senso di collettività indivisibile e indissolubilmente legato.
Una coreografia fisica che Night of the Kings mostra fino a rendersi esplicita nella messa in scena della storia infinita del Romanzo narratore, che alternando i piani di racconto tra ciò che avviene al di dentro e quello che la sua narrazione vuole accadere al di fuori, crea una corrispondenza assai teatrale che amplifica la gestualità degli individui presenti e dona alla pellicola un tocco di attenta composizione scenica. Punto che più di ogni altro affascina dell’opera di Philippe Lacôte, che per il resto di ciò che riguarda il suo film si attiene a una pellicola coerente tra atmosfera e contenuto, senza però appassionare lo spettatore come capita ai detenuti del film che rimangono completamente appesi alle parole del ragazzo-narratore.
Night of the Kings – La lunga notte del narratore
Non mancanza di passione, né un qualche evidente errore a cui la pellicola avrebbe potuto rimediare per rendere più coinvolgente la storia del suo re e della soluzione per prolungare la sua dipartita, semplicemente un buonissimo film il cui intuito risiede principalmente in poche trovate, che seppur trattate con accuratezza dal proprio autore, non finiscono per ammaliare come avrebbe potuto viste le potenzialità.
Un’opera molto carnale, che esagera in alcuni suoi tratti – il combattimento con gli effetti speciali, sebbene molto staccato e specifico di un momento, non valeva la pena di essere inserito in un prodotto talmente separato da quello stile -, ma colpisce per la sua bramosia in altri. Una storia che non saremmo riusciti ad ascoltare per tutta la notte, ma che va comunque bene circoscrivere nella sua ora e quaranta di film.