FEFF 2021 – Night of the undead: recensione del film di Jung-won Shin
Con il suo ultimo film il regista sudcoreano Jung-won Shin ibrida fantascienza aliena, horror comico e vendetta coniugale, con piccanti allusioni extra-terrestri. Night of the undead è in concorso al 23esimo Far East Fest.
Dei dieci film sud coreani presenti all’ultima edizione del Far East Fest, Night of the undead è forse il più bizzarro. Un pot-pourri di generi e linguaggi visivi, dalle poi neanche troppo sottili allusioni sessuali, e con una promiscuità di toni tra lo slapstick e il farsesco per un risultato non incasellabile né nel fantascientifico, né nell’horror comic e né tantomeno nell’incipit melodrammatico a sfondo borghese. Jung-won Shin nel multi-genere si sguazza sin dall’esordio datato 2004 con Sisily 2km, e con il suo ultimo lavoro conferma la medesima e precisa visione autoriale grazie una storia che ha inizio con la caduta in terra coreana di un asteroide infuocato a mezzo navicella, dal quale fuoriesce tra i visi sgomenti delle persone attorno, un uomo in carne ed ossa ma con un particolare ‘dote’ che a noi, spettatori ancora ignari, ci viene coperta da un effetto mosaico.
Night of the undead: la trama del film
Una censura forzata vista la zona sulla quale è posta, poi svelata per caso a metà film a noi e alle amiche della protagonista So-Hee (Lee Jung-hyun), giovane donna fortunata e appagata premurosamente da un marito galante, istruito e servizievole a tal punto di iniziare a domandarsi cosa nasconda tutta quella apparente perfezione. Assunto uno strampalato investigatore privato (Yang Dong-geun), già consapevole del tipo di uomo che sta pedinando, si scopre che l’esemplare Man-gil (Kim Sung-oh) quando dice alla moglie di “lavorare fino a tardi” in realtà indossa le vesti di un casanova di oggi, in giro nei locali a soddisfare le implacabili voglie erotiche, precedentemente pluri sposato con donne fatte fuori una dopo l’altra. Come se non bastasse beve quantitativi di alcool fisicamente insostenibili, per non parlare della benzina ingurgitata nelle stazioni di servizio in piena notte.
Man-gil infatti fa parte dei cosiddetti ‘indistruttibili’, alieni di ultima generazione giunti nel paese con lo scopo di diffondere un virus letale fra la specie umana e lasciarla estinguere analizzando il loro DNA. Tra le vittime più braccate, giovani donne come So-Hee, appositamente prescelte da queste creature mutanti per la loro naturale inclinazione all’innamoramento di uomini alti più di 1 metro e 85, aitanti, invidiabili, charmant. I due coniugi, complici le amiche di lei e il suddetto investigatore, inizieranno nel corso di una notte un vero e proprio tentativo di omicidio reciproco, tra gag demenziali, corpi (forse) morti di cui sbarazzarsi e zombi immortali.
Virus, cadaveri e “segreti” coniugali nel film sud coreano di Jung-won Shin
L’inizio lirico e ironico con l’aria pucciniana di Nessun dorma e quel “segreto” richiamato nel testo della Turandot, avvia un film dai presupposti davvero curiosi, ma auto imploso in corso d’opera in uno script sci-fi/thriller dai risvolti molto spesso prevedibili e didascalici, il cui vero interesse è portare alla risata piuttosto che alla sofisticatezza visiva e narrativa del cinema asiatico. Night of the undead gioca con gli equivoci e la reciproca cattiveria-falsità di marito e moglie, nell’ambizione puntualmente vanificata di far uscire di scena qualcuno nei modi più assurdi, impastando troppi ingredienti quali il matrimonio, il complotto alieno, il cadavere/zombie pronto a rivendicare la sua immortalità nell’azione vera e propria.
A metà racconto, l’operazione di Shin non regge l’intrigo della premessa iniziale, e si assiste ad una visione tutto sommato divertita dalla sua stessa volontà d’ibridazione ed espressività stravagante, ma probabilmente non all’altezza del coraggio dei lavori precedenti.