Noise: recensione del thriller Netflix
Steffen Geypens, alla sua opera seconda, firma un thriller dalle venature horror debole strutturalmente e privo di guizzi tecnici. Dal 17 marzo 2023 su Netflix.
La recensione di Noise, il thriller fiammingo dalle venature horror diretto da Steffen Geypens, dal 17 marzo 2023 su Netflix
La pigrizia e la mancanza di originalità degli sceneggiatori, o ancora peggio l’incapacità da parte del distributore che decide di accoglierlo nel listino al fine di portarlo sullo schermo con il proprio marchio, rischia di fare danni ancora prima che il film di turno faccia il suo debutto sullo schermo. È il caso dell’opera seconda di Steffen Geypens, che lo stesso regista, con la complicità di Netflix che l’ha rilasciata il 17 marzo 2023, ha deciso di battezzare Noise. Il titolo del resto si sa essere un biglietto da visita importantissimo per un prodotto audiovisivo, qualsiasi esso sia. Deve certamente rispecchiare e richiamare i contenuti dell’opera in questione, cosa che come avrete modo di ascoltare e vedere sulla piattaforma a stelle e strisce combaciano sulla base di evidenti corrispondenze in particolar modo sonore tra plot e titolo appunto.
Noise: titolo ripetitivo e abusato per un film che ha tanti problemi strutturali
Trovarsi davanti all’ennesimo film chiamato in questo modo fa storcere e non poco il naso, dato che negli ultimi decenni ne abbiamo incontrati molti in circolazione, se si pensa tanto per citarne qualcuno al poliziesco del 2007 di Matthew Saville, alla disturbante dramedy di Henry Bean con Tim Robbins o al più recente dramma di Natalia Beristain, anch’esso distribuito dalla grande N. Ma la decisione di non personalizzare l’opera, affibbiandole un titolo ripetitivo e abusato, come avremo modo di vedere è solo uno dei tanti problemi che affliggono questa pellicola sia da un punto di vista della scrittura, quanto da quello della sua messa in quadro. Dunque se il buongiorno si vede dal mattino, quello del regista belga non è stato dei migliori. L’inadeguatezza del titolo è la punta dell’iceberg di una catena di problematica piuttosto serie, che hanno finito con il minare sempre di più l’architettura di questo progetto nato e sviluppato in terra fiamminga.
Una storia che a conti fatti appare come un collage di dinamiche già viste, mescolate per l’occasione nella speranza che riuscissero a coesistere
Partiamo con il dire che la stessa pigrizia che gli autori di Noise, tra cui lo stesso regista, nello scegliere come chiamare il film la si può ritrovare quadruplicata nella sceneggiatura, davvero pochissima cosa se si pensa che vi sia uno sforzo economico per realizzarla e l’impiego di tre menti per concepirla. Plot e personaggi appartengono al vastissimo campionario messo a disposizione dai generi chiamati in causa, ossia il thriller e l’horror. Basta leggere la sinossi per capire a quali si sia attinto per cucire insieme i pezzi di una storia che a conti fatti appare come un collage di dinamiche già viste, mescolate per l’occasione nella speranza che riuscissero a coesistere. Cosa che invece non avviene, proprio a causa dell’incapacità degli sceneggiatori di creare un’architettura narrativa e drammaturgica coerente e ben strutturata. Ci ritroviamo quindi ad assistere a una nuova odissea casalinga di una famigliola come tante tra le quattro mura di una villa isolata, che costringe i nuovi arrivati a fare i conti con presenze inquietanti e rumori non meglio identificati.
Nulla funziona a dovere, se non la componente audio, che come si deduce dal titolo è un elemento chiave del racconto
A Noise, oltre all’originalità, mancano di fatto solide fondamenta sulle quali costruire un racconto e degli sviluppi degni di nota, utili a dettare quelle regole d’ingaggio che servono a un film per entrare in connessione con lo spettatore al fine di offrirgli una fruizione quantomeno soddisfacente. Cosa che invece qui non accade mai, nemmeno quando si presenta l’occasione di dare una svolta alla timeline con un colpo di coda narrativo o un colpo di scena. Tutti i tentativi in tal senso, seppur timidi e inconsistenti, non vanno a buon fine. Il ché archivia definitivamente ogni speranza di risalita dal burrone di mediocrità dove il tutto è precipitato. Nulla funziona a dovere, se non la componente audio, che come si deduce dal titolo è un elemento chiave del racconto, dal quale dipendono gran parte delle scene e i comportamenti dei personaggi, a cominciare dal tormentato protagonista Matt, un giovane influencer professionista che decide di trasferirsi nella sua casa d’infanzia insieme alla sua famiglia. Ed è proprio qui che prenderà forma la sua ossessione per il passato legato al suicidio della madre e al misterioso incidente accaduto all’industria chimica di proprietà del padre. Il cortocircuito spazio-temporale che ne deriva e che spezza la linearità cronologica attraverso continui flashback, provoca una grande confusione e un’interruzione della tensione, che finisce il più delle volte con il disperdersi. Il risultato è da dimenticare, così come le interpretazioni poco convinte dell’intero cast guidato da un Ward Kerremans spaesato e mai in parte.
Conclusione e valutazione
Noise è un mix poco convincente di thriller e horror al servizio di uno script fragile e poco originale, nel quale il brivido e la tensione non risultano pervenuti. Nella mediocrità tecnica che trascina con sé l’intera confezione, compresa la regia e la fotografia, un appiglio lo si trova nella componente audio che contribuisce a dare una sensazione di angoscia a scene altrimenti piatte ed emotivamente intangibili. Un altro tallone d’Achille di Noise è rappresentato dalle performance attoriali, con un Ward Kerremans spaesato e mai in parte nel ruolo del protagonista.