Non c’è più religione: recensione del film di Luca Miniero
Squadra che vince non si cambia e Luca Miniero lo sa bene! Dopo il successo di Benvenuti al Sud e Benvenuti al Nord il regista partenopeo mette in scena Non c’è più religione: una commedia introspettiva senza alcuna pretesa di mutare la realtà, ma volenterosa – seppur in parte – di rappresentarla.
Partendo dai due attori che si direbbero essere le sue muse, Angela Finocchiaro e Claudio Bisio, Miniero crea i presupposti per realizzare una commedia che ancora una volta si srotola in uno degli scenari più belli d’Italia e ancora una volta fa leva sull’incontro/scontro tra culture differenti.
In Non c’è più religione ognuno ha un ruolo ben preciso e tutti hanno più o meno lo stesso scopo: realizzare il presepe. Già, perché nella piccola isola di Porto Buio, bagnata dalle cristalline acque del Mediterraneo, tutta la vita si focalizza su questa rappresentazione e ogni abitante ha un ruolo oramai consolidato: Addolorata (Paola Casella) è la madonna, Aldo (Giovanni Cacioppo) l’angelo custode e Lupo il bambinello. Peccato che lo sviluppo ha fatto il suo corso, Lupo adesso ha i baffi, è grosso, non entra più nella culla e, tragedia delle tragedie, a Porto Buio non nascono più bambini da un pezzo. Tutta la comunità è formata da persone anziane, come faranno mai a preservare l’unica cosa per la quale sono noti al mondo esterno?
La soluzione si chiama Cecco (Claudio Bisio): è pelato, divorziato, ha una figlia intraprendente e no, tranquilli che non è lui il bambinello di cui Porto Buio ha bisogno, ma evidentemente è il sindaco di cui necessita! Cecco, isolano andato via anni prima, decide di tornare nella sua terra per risollevarne le sorti e, posto dinnanzi al grande dramma organizzativo del presepe, opta per chiedere aiuto ai vicini tunisini.
Ma chi sono questi stranieri che abitano l’altra parte dell’isola?
Qui viene il bello della commedia, qui si concentra la smania di Luca Miniero di mettere al centro dell’attenzione la diversità palese, quotidiana; il pregiudizio illogico, legato ai tg, ai luoghi comuni, spesso ignorante e infondato. La diversità che sa essere bellezza e forza solo se portata a galla e scoperta nella sua familiarità.
Sullo sfondo mozzafiato delle Isole Tremiti, Monte Sant’Angelo, Manfredonia e Siponto si diramano due isole differenti. Una abitata da pugliesi cattolici, perlopiù anziani, che sembrano avere come unico hobby la messa mattutina e l’altra popolata da giovani e colorati tunisini, che vivono in dimore abbastanza festose e si coprono il capo con enormi fazzoletti.
Tra le due comunità, come è noto fin dall’inizio, non corre buon sangue, ma gli uni hanno bisogno degli altri e soprattutto i cattolici hanno bisogno dei musulmani, altrimenti dove lo trovano un bambinello entro il 25 dicembre?
Alla proposta di Cecco di farsi prestare un neonato dai tunisini la piccola comunità di Porto Buio reagisce in maniera irruenta, lanciando offese gratuite, tra cui spicca soprattutto l’espressione che associa i tunisini ai kebabbari o ai terroristi. In ogni caso non c’è scelta: occorre attraversare il mare e incontrare Bilal, capo della comunità musulmana.
Entra così in scena uno spettacolare e divertente Alessandro Gassmann, al secolo Marietto: italiano convertitosi all’Islam per amore della bellissima e pretenziosa Aida (Nabiha Akkari). Un tipo particolare, che alterna la finta parlata islamica al romano, importunato telefonicamente dalla madre (Nunzia Schiano) che ancora non si rassegna alla conversione del figlio e per corromperlo manda prosciutti, cotechini, salumi, insomma tutto purché sia maiale (che i musulmani non possono mangiare).
Non c’è più religione: un micro conflitto nel macro conflitto
La presenza di Bilal è la chiave di volta attraverso la quale Luca Miniero innesca, all’interno del macro conflitto tra religioni, il micro conflitto tra tre amici di vecchia data: Suor Maria (Angela Finocchiaro), Cecco (Claudio Bisio) e Bilal (Alessandro Gassmann). Un trio che in effetti stona, più per conoscenza della reale provenienza dei tre attori, che si trovano catapultarti in uno scenario loro estraneo persino dal punto di vista dialettico.
Certamente si ride, perché sarebbe difficile non farlo con tre individui del genere, e ci si perde tra i meandri di una trama leggermente ingarbugliata.
Non c’è più religione parte col piede giusto ma commette l’errore di dilungarsi e confondere lo spettatore.
L’idea di prendere in prestito il bambinello dai musulmani lancia un messaggio positivo e suscita ilarità per i ricatti che la comunità cattolica è costretta a subire – come il Ramadan esteso a tutti e associato alla Quaresima – ma scombussola tutto nel momento in cui entra in gioco anche il buddhismo e si compie un repentino cambio di Madonna.
Ma forse l’intento del film è proprio quello di non dare punti di riferimento, di essere irriverente verso tutti e di ammorbidire gli animi, riversando nell’intoccabile rito del presepe un’apertura spettacolare verso la diversità: palme, un lama al posto del bue e così via.
Inserti godibilissimi donano un tocco in più alla pellicola, come l’omaggio a Lucio Dalla, la spartizione della chiesa tra cattolici e musulmani e la presenza del grande Roberto Herlitzka nei panni del Vescovo, in visita insieme al suo Segretario (Giovanni Esposito) per verificare se il presepe è a norma.
In ultima analisi Non c’è più religione è una commedia sul Natale, in uscita al cinema il 7 dicembre con 01 Distribution, quindi in procinto del periodo natalizio, ma che si dissocia dalle etichette del cinepanettone (e dalle etichette in genere) regalando agli spettatori confusione, risate e delle bellissime panoramiche su alcuni dei luoghi più belli d’Italia.
Fanno parte del cast anche Laura Adriani (Maddalena), Mehdi Meskar (Alì), Massimo De Lorenzo (Don Mario), Mounir Echchaoui (Amed), Imad Nazih (Mounir).