Non si ruba a casa dei ladri: recensione del nuovo film dei fratelli Vanzina
Coinvolgente, verace e provvista di giuste alchimie. La nuova commedia dei fratelli Vanzina, Non si ruba a casa dei ladri, sa trascinare il pubblico in un turbine di verità amare, sapientemente smorzate dall’ironia che, in bocca a geni comici del calibro di Vincenzo Salemme, Massimo Ghini, Maurizio Mattioli, si trasforma in un’esperienza godibilissima e introspettiva.
Enrico e Carlo Vanzina mettono in scena una commedia all’italiana puntando pressoché tutto sulle differenze mai assopite di un Paese spappolato al suo interno, in cui nord e sud mantengono fermamente le distanze, in un contrasto di dialetti, usi e costumi capace di donare al film la verve e la forza necessaria a ricordarci chi siamo.
Già, perché se Non si ruba a casa dei ladri ha uno scopo forse è proprio questo: ricordarci chi siamo. Truffatori, sciagurati, disonesti; gente che vive al di sopra delle proprie possibilità; ma anche persone oneste; che amano la propria terra e la difendono, sperando di rimanere legati a un lavoro che oggi c’è e domani, chissà… forse arriverà il politico di turno e li spazzerà via per favorire un amico dell’amico che come sempre non ha i requisiti giusti per vincere la gara d’appalto, ma gli agganci che servono ad andare avanti. E mazzette di qua, favoritismi di là, alla fine chi ci rimette è sempre la brava gente.
Non si ruba a casa dei ladri: la rivincità degli onesti
Questo è ciò che accade ad Antonio Russo (Vincenzo Salemme), proprietario di un’impresa di pulizie che d’un tratto si vede tagliato fuori dall’atavico appalto, costretto a dare alla moglie Daniela (interpretata da un’energica Stefania Rocca) la triste novella: “siamo diventati poveri”. Afflitti dallo sconforto e in cerca di una soluzione, i coniugi Russo alla fine trovano impiego come domestici presso la sontuosa dimora di Simone Santoro e Lori, interpretati da un Massimo Ghini e una Manuela Arcuri al top della loro romanità.
Ma una clamorosa scoperta rovescia la situazione a loro favore: coloro ai quali stanno “lavando le mutande” sono gli stessi che li hanno messi in mutande (per usare le stesse parole di Daniela). Così Antonio e Daniela architettano un piano per incastrare i due truffatori ma denunciarli è cosa da poco; dopotutto cosa farebbe la giustizia a gente come loro?
Il fulcro di Non si ruba a casa dei ladri è una nutrita composizione fatta di travestimenti divertenti (la scena in cui Vincenzo Salemme e Stefania Rocca fingono di essere Simone e Lori richiama alla mente personaggi come Jessica e Ivano del caro Carlo Verdone); monologhi indimenticabili – quali l’elogio alla romanità pronunciato da Mattioli – e paesaggi mozzafiato.
Un ritratto allegro e leggiadro dell’italiano medio, umilmente ispirato al capolavoro di Dino Risi, In nome del popolo italiano.
La commedia dei Vanzina ci concede una sana risata sui vizi del nostro popolo e lo fa con sarcasmo e un pizzico di malinconia; lo fa mettendosi dalla parte di chi ha perso tutto e non sa da dove ricominciare, ma anche dalla parte di chi ha tutto e non vuole perderlo.
Nel grande calderone ci sono imprenditori come Antonio Russo e Giorgio Bonetti (Maurizio Mattioli), belle ragazze come Demetra (Ria Antoniou) disposte quasi a tutto per diventare ricche, politici corrotti come l’onorevole Maronaro (Fabrizio Buonpastore) e vecchiette intraprendenti e inaspettatamente furbe come Zia Titina (Liliana Vitale).
Insomma, in Non si ruba a casa dei ladri c’è un assaggio consistente dell’Italia dei furbi e dei vendicatori e allo stesso tempo viene dipinta l’Italia di chi è disposto a dimenticare le malefatte e a porgere una mano anche a chi gli ha negato la propria.
Il film è al cinema dal 3 novembre, distribuito da Medusa Film che si è occupata della produzione insieme a International Video 80 e in collaborazione con Sky Cinema.