Non ti muovere: recensione del film di e con Sergio Castellitto
Non ti muovere procede avanti e indietro nel tempo e nello spazio, nella sofferenza e nella felicità (non riconosciuta), nelle emozioni e nei tradimenti di un uomo diviso.
Una scarpa rossa. Una donna di spalle, seduta su una sedia. Un incrocio di strade. Questa è l’immagine di Non ti muovere che apre la voragine di ricordi di Timoteo che, alla finestra, guarda e cerca rassicurazione, un segno per sperare che tutto andrà bene. Una notizia tragica, per cui è difficile trovare un aggettivo: la figlia, Angela, ha avuto un incidente in motorino e ora è sotto i ferri; e Timoteo, chirurgo di quell’ospedale, collega di quei medici, sa cosa voglia dire un intervento al cervello; molte volte si è trovato dall’altra parte, da quella di chi dà notizie.
Questo è l’incipit di Non ti muovere (2004), film di e con Sergio Castellitto – che interpreta il protagonista -, tratto dall’omonimo romanzo di Margaret Mazzantini, autrice di vari best seller e attrice di teatro e cinema. Non ti muovere è la storia di un uomo diviso tra due figure femminili, Italia (Penélope Cruz) e Elsa (Claudia Gerini), l’amante e la moglie, di un uomo meschino a cui viene cambiata la vita da una piccola donna dal nome altisonante, e di quello stesso uomo intrappolato, per incapacità sua, nella vita matrimoniale. Quella della coppia Castellitto-Mazzantini è una mistica dei sentimenti, analizzata attraverso due coppie che hanno un minimo comun denominatore, Timoteo, e portata alla luce grazie ad una giovane donna, Angela, il cui incidente riapre un vaso di Pandora, pieno di dolore, sofferenza e lacrime.
Non ti muovere: un uomo tra due donne
Timoteo stupra una donna, poi, quasi come se niente fosse, torna a casa della moglie con cui va ad una festa. Quella trasgressione violenta non gli è bastata e torna dove lo stupro è avvenuto, ha di nuovo con quella sconosciuta un rapporto, la usa come una prostituta, la paga per lenire la ferita che le ha provocato e che le provoca. Timoteo è attratto in maniera misteriosa e irrefrenabile da quella donna, squallida e “volgare”, mal vestita, dai capelli arruffati, e instaura con lei un rapporto, ne conosce il nome, Italia, e inizia a non poter più fare a meno di quegli incontri e ad amarla.
Dopo l’amplesso torna da Elsa, con i suoi capelli biondi e ordinati, le sue crocchie e le sue trecce, i completi e le camicie da notte di seta, nella loro casa, borghese e ricca, dove tutto è perfetto. Mentre con Italia c’è passione, amore, incredibilmente tenerezza, con Elsa c’è il nulla, se con la prima c’è l’intimità che lega le persone, con la seconda ci sono forma(lità) e abitudine. Timoteo con l’amante è presente, quando c’è è lì (Italia gli chiede: “Tienimi. Vieni quando vuoi, una volta al mese. Una volta all’anno. Ma tienimi!”), e si illumina della bellezza di Italia che sarà anche “insignificante” nel/per il mondo ma ha la capacità di tirar fuori da lui il meglio, con la moglie invece non c’è mai perché sente il richiamo del suo vero e grande Amore.
Grazie alle scene di sesso Castellitto rappresenta l’evoluzione dei rapporti: Timoteo e Italia, dopo lo stupro, si incontrano fugacemente, i loro amplessi sono senza sentimento e lui sembra una bestia che sfoga i suoi istinti su una preda (le copre il viso come se non fosse importante la sua identità), spaventata e tremante, poi invece quello tra i due diventa un’unione profonda e sentita. Dall’altra parte Timoteo e Elsa si sfiorano raramente, quasi come se non esistessero; quando la moglie cerca un contatto, di fronte a sé trova un uomo che non riconosce. Più si stringono Timoteo e Italia, più si allontanano Timoteo e Elsa, più si amano i primi, più diventano estranei i secondi, più i primi sono una coppia, più i secondi sono due individui.
Non ti muovere: Timoteo, due vite parallele
Il personaggio interpretato da Castellitto conduce due vite parallele, in cui incredibilmente le situazioni sono le stesse (la gravidanze) ma il risultato è diverso; una bella all’apparenza, di facciata e perbene, l’altra “brutta”, “sporca” e “sbagliata”. Tutto è a posto se i due mondi non si toccano, ma l’equilibrio si rompe quando entrano in contatto (Italia va in ospedale per parlare con l’amato, vede l’uomo e la moglie comprare cose per neonati), Timoteo in più di un’occasione è costretto a fingere di non conoscere Italia perché se ne vergogna, perché c’è in ballo il suo buon nome; qualcosa cambia nel momento in cui le cose importanti sono altre (di nuovo in ospedale).
Castellitto dà corpo a due “uomini”, quello egoista e schifoso che stupra una donna, che abbandona la moglie e la figlia appena nata per un’altra donna, e quello innamorato e disperato perché non può vivere con la donna che ama, o meglio impersona un uomo che ha un prima e un dopo (Italia). Situazione perfetta per l’ego narcisistico dell’attore/regista che è il centro della storia, su di lui e da lui tutto si concentra e tutto nasce. Le due figure femminili – incarnate dalla Cruz, imbruttita e involgarita per rappresentare uno scricciolo spaventato e bisognoso d’affetto, e dalla Gerini, una “giusta” borghese che non vuole lasciare andare ciò che ha costruito – sono spalla del mattatore perché la scena è abitata da Timoteo che fa soffrire e soffre, lascia e prende. Insomma, due donne, due gravidanze, due esiti differenti e al centro a tenere tutto insieme Timoteo.
Non ti muovere: il racconto dell’amore
Mentre l’operazione chirurgica procede, il protagonista si immerge sempre di più nei suoi ricordi, si confronta con se stesso, con chi era e con chi è ora, e Non ti muovere diventa anche una lettera di un padre ad una figlia a cui insegna cosa sia l’amore e cosa si provi quando si è veramente innamorati.
Cosa vuol dire amare, figlia mia? Tu lo sai? Per me amare fu tenere il respiro di Italia nelle braccia e accorgermi che ogni altro rumore si era spento
L’idea di perdere la figlia ha riportato a galla tutto e, con ogni parola, Timoteo tocca con determinazione quella concrezione ancora dolorosa rinchiusa in un posto misterioso e lontano, racconta di quel periodo come si racconta di un grande dono.
Ero felice, non ci si accorge mai di esserlo, Angela, e mi chiesi perché l’assimilazione di un sentimento così benevolo ci trovi sempre impreparati, sbadati, tanto che conosciamo solo la nostalgia della felicità, o la sua perenne attesa
Non ti muovere se ne va avanti e indietro nel tempo e nello spazio, nella sofferenza e nella felicità (non riconosciuta), nelle emozioni e nei tradimenti; con lentezza Castellitto indaga la cognizione del dolore, quello passato e quello presente (Timoteo è di nuovo in un ospedale ad attendere un esito ma questa volta non è lui il medico con i ferri in mano) e lo fa dando immagini alle parole della Mazzantini. La scrittrice ha raccontato con occhio femminile, a parole, il dramma di Timoteo, entrando nella sua testa e ha consegnato al lettore le brutture dell’anima dell’uomo senza tirarsi indietro: narra la violenza dello stupro perpetrato su una donna conosciuta per caso, Italia, che per lui aveva avuto solo gentilezze, mostra lo squallore di un uomo gretto e privo di coraggio punito dalla sorte malevola nel momento in cui trova la forza di lasciare tutto per essere felice (la fuga). Castellitto invece, da uomo, si concentra sul doloroso e passionale amore di Timoteo per Italia, indagando i vuoti tra lui e Elsa, i loro non detti, gli strascichi della loro unione, seguendo l’ansia e le speranze di un padre che vuole solo riabbracciare sua figlia.