TFF37 – Nour: recensione del film con Sergio Castellitto
Nour è il film di Maurizio Zaccaro che cerca la verità e l'empatia per la situazione degli sbarchi a Lampedusa, ma si rivela didascalico e inefficace.
C’è un tema presente nella nostra Italia divisa da ideali politici e intolleranza a costo zero. C’è una scia migratoria che segna i tratti di partenza dai Paesi del Medio Orente e si spinge fino alle coste della Penisola nostrana, ponte sicuro per chi è in cerca di salvezza o di una sosta momentanea prima di addentrarsi maggiormente nell’entroterra europeo. È, dunque, crocevia cruciale quello che a Lampedusa vede sbarcare da anni vittime di guerra in cerca di un po’ di serenità, quella che solamente il passaggio nelle acque non sempre complici del Mediterraneo può assicurare, ma le cui condizioni di viaggio e di accoglienza non soddisfano necessariamente anche le più misere delle aspettative.
E, ad aspettarli su quelle coste già popolose di concittadini e fratelli, medici e volontari attendono la prossima chiamata d’aiuto e il seguente sbarco che di lì a poco li vedrà fronteggiassi tra richieste di salvezza e racconti di morte, di occhi spalancati a causa dell’invalicabile shock e coperte isotermiche con cui tentare di scacciare il gelo dell’acqua e della notte. Tra tutti, sono le testimonianze e l’impegno del medico Pietro Bartolo ad aver colpito pubblico e cittadini per il lavoro svolto e riportato, sotto forma di romanzo, nel libro Lacrime di sale, scritto insieme alla collaboratrice Lidia Tilotta e traccia di una verità che si consuma ogni giorno sulla sua isola.
Nour – Lampedusa, migranti e la storia del medico Pietro Bartolo
Pagine in cui Bartolo e Tilotta sono andati ad aggiungere la storia della giovane Nour, protagonista del loro racconto, attorno a cui fanno gravitare le attestazioni e le inumanità viste e affrontate, per uno dei più dolorosi ed empatici degli impegni che una persona possa avere mai il coraggio di assumersi. Romanzo che, su sceneggiatura di Monica Zapelli, Emma Vitelli e il regista Maurizio Zaccaro, diventa film per il cinema dai connotati prettamente televisivi, confezione sbagliata per un’opera che ha il sapore del piccolo schermo qualunquista e che non sforza la scrittura, né la messinscena per farne qualcosa in più di un semplice prodotto generalista.
È certamente la volontà stilistica di Zaccaro quella a mostrarsi scarna e incline al reale in Nour, pellicola che prende il titolo dalla bambina protagonista che, toccata la terraferma di Lampedusa, rimarrà sotto l’ala protettiva di quel Pietro Bartolo interpretato dall’attore Sergio Castellitto. Ma quella presenza della macchina da presa in maniera documentaristica o più vicina a funzionalità da reportage, quello sporcare le inquadrature rendendole sghembe o imprecise, come accese più dalla finta foga del momento che dalla ricostruzione di ciò che accade nei momenti critici successivi allo sbarco, non esalta il senso di sofferenza che quei migranti possono provare, né evidenzia la tensione e il sangue freddo dei volontari che si offrono di salvare concretamente delle vite.
È più una trascuratezza di fondo a risaltare in Nour, più il concetto dietro al risultato finale, il quale si reitera anche nelle situazioni di calma del film, aggravato dall’abbinamento della luce e della fotografia di Fabio Olmi.
Nour – Quando aspirazione e riuscita non coincidono
Il desiderio di riportare un argomento tanto importante cozza con la sua realizzazione malconcia e didascalica, che nel voler mostrare tutti i risvolti che il dramma dell’immigrazione può portare, ne rende un carrozzone apparentemente finto e privo di coinvolgimento. Un inserimento sporadico e mal gestito di personaggi, vicende personali e struttura principale del racconto – l’avvicinamento e la cura del protagonista Bartolo verso la giovane Nour – che vogliono più spiegare, che far capire. Più istruire che far comprendere in profondità i disagi e il lato solidale che si dovrebbe attuare.
Nour brama indescrivibilmente il suo essere faro per quei barconi che non sempre raggiungono illesi la terra, il voler essere insegnamento civile per il pubblico su quelle condizioni di cui sente spesso parlare, ma che non potrà mai vivere concretamente. Ma aspirazione e successo non sempre vanno all’unisono e Nour di Maurizio Zaccaro ne è, purtroppo, il lampante esempio.