Occhio per occhio: recensione del film con Luis Tosar
La recensione di Occhio per occhio, il film diretto da Paco Plaza (regista di Rec) disponibile su Netflix con Luis Tosar protagonista.
Quando Antonio Padìn, un boss della malavita che controlla il mercato della droga spagnolo, viene scarcerato per motivi umani, per via della malattia terminale che lo affligge, sceglie volontariamente di essere ricoverato in una casa di cura per anziani, pur di non stare con i figli con cui il rapporto è deteriorato ormai da tempo. Quello che Don Antonio ignora è che Mario, l’infermiere che si prende cura di lui, si è visto rovinare la vita e la famiglia proprio a causa delle sue malefatte. Occhio per occhio racconta l’evoluzione del rapporto tra paziente e infermiere, in cui il primo si affida inizialmente alle mani dell’infermiere pieno di curiosità per questa persona e con la voglia di approfondire la loro conoscenza, salvo poi capire che le motivazioni che spingono Mario a prendersi cura di lui sono molto lontane dalla benevolenza e dall’etica professionale.
Occhio per occhio: il film Netflix di Paco Plaza
Occhio per occhio mantiene uno stile in linea con quello dei film precedenti di Paco Plaza (tutta la saga di Rec per citarne alcuni) in cui le storie sembrano rimanere sospese rispetto al mondo reale, in una bolla fatta di paura e inquietudine divisa da tutto da un invisibile separé che corre lungo le mura delle stanze e che, in questo caso, si stringe tutta intorno al volto di Mario. Il regista sviluppa in Occhio per occhio una sorta di ossessione per la faccia del protagonista, la quale resta al centro delle inquadrature (quasi sempre come unico soggetto) per gran parte della durata del film.
Luis Tosar, interprete di Mario e già visto nel cast di Cella 211 per esempio, si dona all’obiettivo senza limiti di posa, rimanendo entro la cornice del visibile pronto a farsi scrutare e studiare dallo spettatore, che cerca per tutto il tempo di viaggiare tra i pensieri del personaggio, con lo scopo di districarsi nel conflitto intimo che lo anima. Mario è da sempre particolarmente legato alla famiglia e al suo lavoro, ma l’opportunità di rifarsi dei torti subiti direttamente sul corpo del proprio carnefice lo mette in crisi, dovendo costantemente giustificare la violenza perpetrata ai suoi stessi occhi. Decidere quale sia la priorità da perseguire diventa sempre più difficile, dovendo conciliare tutte le sue aspirazioni, siano esse di tranquillità familiare, di etica professionale o di vendetta.
Occhio per occhio è caratterizzato da una sceneggiatura troppo prevedibile
La scrittura di Occhio per occhio lascia poco spazio all’immaginazione e alla libertà di pensiero: tutto sembra dettato da una prevedibile connessione di causa-effetto, come se il sentiero su cui Mario e Antonio si incamminano fosse già scritto e ineluttabile, senza possibilità di redenzione o di fuoriuscita. La sceneggiatura cerca di tessere una tela di inquietudine e conflitto che porti alla scoperta di una mente e di un personaggio complesso, ma rimane impigliata nel tentativo di farne un tratto stilistico di fotografia ed estetica. I toni cupi e i volti seri (serissimi) dei personaggi, Mario in primis, non lasciano adito a una sana alternanza emotiva che aiuterebbe lo spettatore a prendere possesso della complessità del personaggio e della sua vita che accade all’esterno del suo rapporto con Antonio. In Occhio per occhio la cornice dell’inquadratura assolve in qualche modo la funzione che il telo di isolamento aveva in Rec, tale da dividere in maniera netta e impenetrabile (almeno in apparenza) il mondo diegetico dai legami che esso stesso dovrebbe avere con un intero mondo esterno, ricco di rapporti complessi personali e familiari.