Offerta alla tormenta: recensione del film Netflix
Finalmente la verità verrà a galla e sarà difficile da digerire per la protagonista di Offerta alla tormenta, l’ultimo capitolo della “Trilogia del Baztan” di Dolores Redondo. Dal 24 luglio su Netflix.
Per avere tutte le risposte abbiamo dovuto attendere più del previsto, ma alla fine dopo alcuni rinvii dovuti alla pandemia di Covid-19, Offerta alla tormenta è finalmente approdato sugli schermi, non quelli cinematografici come preventivato nel marzo scorso, bensì direttamente in streaming su Netflix a partire dal 24 luglio. Si tratta della trasposizione dell’omonimo romanzo di Dolores Redondo, capitolo conclusivo del franchise spagnolo della Trilogia del Baztan, che in madre patria ha riscosso moltissimo successo. La pellicola segue e si riallaccia a doppia mandata ai fatti narrati nelle precedenti (Il guardiano invisibile e Inciso nelle ossa), consegnando allo spettatore e alla protagonista, la detective Amaia Salazar (Marta Etura), la verità sul suo passato e sugli orrori commessi nella Valle del Baztan, che hanno a che fare con pratiche occulte e infanticidi.
Offerta alla tormenta: i misteri vengono a galla, ma sono facili da pronosticare
Ovviamente non saremo noi a consegnarvi le risposte, perché lasciamo che sia la visione del film diretto da Fernando González Molina a farlo, ma non aspettatevi nulla di così clamoroso, con la verità che, anche se difficile da digerire per la diretta interessata, è di quelle facili da pronosticare. Per i 139 minuti che vanno a comporre la timeline, fino a quando verrà finalmente a galla nei sotterranei del cimitero locale, si spera con tutto il cuore che non fosse stata – come da tradizione – sempre sotto gli occhi della protagonista e di conseguenze a un palmo di naso dal fruitore. Purtroppo gli ultimi minuti, seppur emotivamente coinvolgenti, ci consegnano il più scontato degli epiloghi. Il problema è che ci sono voluti ben tre film per farla nostra, in una trilogia letteraria che per quanto ci riguarda, tra alti e bassi, forse avrebbe trovato nella serialità televisiva una valvola di sfogo migliore e più adeguata. In tal senso, a conti fatti sembra di avere assistito a una serie mancata più che a tre adattamenti cinematografici di una saga.
Rispetto ai precedenti capitoli, Offerta alla tormenta offre qualcosa in più sul piano emozionale
Il risultato tuttavia riesce a tenere a sé l’attenzione del pubblico, con Offerta alla tormenta che si va ad attestare sui livelli accettabili di scrittura e messa in quadro dei precedenti, offrendo qualcosa in più sul piano emozionale. Ciò è dovuto probabilmente all’aumento di implicazioni personali che coinvolgono il personaggi principale, intrecciando il mistero che perseguita la detective da quando era bambina e che riguarda la madre con le indagini su una setta che ha compiuto azioni indicibili. Un doppio binario che finisce con l’entrare in rotta di collisione, intrecciandosi in maniera fatale in un cammino che si tinge del sangue di morti sospette e omicidi efferati. Collisione che genera a sua volta la materia prima di un crime-thriller dalle venature soprannaturali che chiama in causa antiche pratiche di stregoneria e sacrifici umani, quelli di neonati offerti per placare la sete di Inguma, Dio dei sogni nella mitologia basca.
Una detective story che sfrutta l’elemento soprannaturale come il classico specchietto delle allodole
Inutile dire che l’elemento soprannaturale altro non è che il classico specchietto delle allodole, utile per depistare, alimentare e stratificare la trama, altrimenti destinato ad essere la base di una detective story più o meno intricata, ma con ingredienti poco originali poiché ampiamente codificati nel filone d’appartenenza. Al netto, se c’è qualcosa sul quale Offerta alla tormenta e i restanti capitoli della trilogia hanno potuto contare sono le performance davanti la macchina da presa della già citata Marta Etura e del sempre convincente Leonardo Sbaraglia, qui alle prese con il personaggio assai complesso del magistrato Juez Markina.