Omicidio all’italiana: recensione del film di Maccio Capatonda
Siamo un popolo di sadici, morbosi, follemente incuriositi dal macabro e dallo scandalo. È nel nostro DNA. Per questo il titolo Omicidio all’italiana pare tristemente azzeccato. Il film di Maccio Capatonda – nome d’arte di Marcello Macchia – racconta come la cronaca nera nostrana riesca ad essere interpretata a modo nostro, all’italiana, appunto. Dall’atto stesso, alle indagini, dall’esposizione mediatica, fino all’epilogo giuridico, è tutto riconoscibilmente tricolore.
Omicidio all’italiana racconta di “uno strano omicidio che sconvolge la vita sempre uguale di Acitrullo, sperduta località dell’entroterra abruzzese. Quale occasione migliore per il sindaco (Capatonda) e il suo vice (Ballerina) per far uscire dall’anonimato il paesino? Oltre alle forze dell’ordine, infatti, accorrerà sul posto una troupe del famigerato programma televisivo Chi l’acciso?, condotto da Donatella Spruzzone (Ferilli). Grazie alla trasmissione e all’astuzia dal sindaco, Acitrullo diventerà in men che non si dica famosa come a ancor più di Cogne! Ma sarà un efferato crimine o un… omicidio a luci grosse?”.
Nel cast, oltre allo stesso Capatonda e all’onnipresente compagno di avventure Herbert Ballerina (Luigi Luciano), troviamo: Gigio Morra, Roberta Mattei, Ivo Avido (Enrico Venti), Fabrizio Biggio, Antonia Truppo, Lorenza Guerrieri, Ninni Bruschetta e Sabrina Ferilli. Nel film troviamo anche un breve ma brillante cameo di Nino Frassica.
Su quelle ali surreali che lo hanno reso celebre, Maccio Capatonda torna a denunciare una situazione italianissima.
Dopo l’ignoranza ricercata in Italiano Medio, il tema centrale, ora, diventa lo sfruttamento mediatico ed economico che ruota attorno ai casi di cronaca più nera. Quello sfruttamento che ha reso cittadine di provincia come Cogne, Avetrana, Novi Ligure o Erba tristemente note, quasi al pari delle capitali europee. La colpa è sì della televisione eccessivamente reale che, come un rapace vola attorno alla tragedia, ma noi spettatori non possiamo esimerci dal nostro personalissimo mea culpa. Viviamo la cronaca nera come fosse una serie tv da seguire, sulla quale informarsi e osserviamo lo svilupparsi della situazione come faremmo con la migliore fiction poliziesca.
Il regista Capatonda è un citazionista spesso interessante. Sfrutta la comicità dell’assurdo che si lega ormai indissolubilmente alla sua carriera, mischiandola a una cinematografia dinamica e moderna.
Si ispira al grande cinema di genere – primo tra tutti pensiamo a Funny Games di Michael Haneke, che ha ispirato l’apparizione iniziale del titolo -, ma anche a se stesso citando personaggi e situazioni che, ormai, fanno parte della sua mitologia: prendiamo come esempio i protagonisti del film, i fratelli Peluria, divenuti celebri come spettatori del MTG nella serie di MTV Mario.
Attorno a lui il cast è efficace, adatto ad interpretare quei personaggi bizzarri. Capatonda stesso è un interessante caratterista, camaleontico seppur non sempre innovativo: dal padre di famiglia veneto, al deputato qualunquista, fino allo stesso Piero Peluria. Herbert Ballerina, poco originale rispetto a se stesso, ha trovato il suo stato ideale e non sembra accennare a distanziarsene. Sabrina Ferilli, presentatrice caricaturale spaventosamente simile alla reale Barbara D’Urso, non è eccessivamente brillante, anche se il personaggio è indubbiamente ben scritto. Il resto del cast non brilla, seppur non merita particolari infamie.
Omicidio all’italiana parte da un presupposto interessante: una denuncia comica, davvero comica, al turismo dell’orrore e alla curiosità mediatica morbosa verso la cronaca nera.
Il grande difetto, però, sembra essere sempre lo stesso che perseguita Maccio Capatonda e la sua brigata, così come altri comici a loro associabili (pensiamo a I Soliti Idioti, Francesco Mandelli e Fabrizio Biggio, presente nel film): si tratta di una comicità che funziona, ma apparentemente solo a breve termine. L’ironia che ci viene posta davanti è efficacie se applicata a gag brevi, battute, o meglio, freddure immediate. Nei tempi dilatati di un lungometraggio la comicità rimane, cerco, ma inizia presto ad annoiare. Se il successo di Capatonda e co. è stato sancito dai brevi e geniali trailer demenziali che venivano presentati nel Mai dire… della Gialappa’s Band, ci sarà un motivo.
Omicidio all’italiana, in fin de conti, è da considerarsi un film riuscito. Si inserisce in un genere che Maccio Capatonda ha contribuito a inventare, quella della comicità sì demenziale, ma spaventosamente ispirata alla realtà che, per dirlo con le parole del regista, “supera sempre e comunque ogni immaginazione”. Tra un momento farneticante e l’altro, tra deliri che camminano, senza nemmeno troppa attenzione a non superarla, sulla linea dell’assurdo, la pellicola ci offre uno specchio, purtroppo, non-deformante della realtà.
QUI trovate l’intervista a Maccio Capatonda e al resto del cast di Omicidio all’italiana.