FFF20 – On Happiness Road: recensione
Nel suo primo lungometraggio animato la regista Hsin Yin Sung ci sottolinea l'importanza della famiglia, insegnandoci che la felicità è un percorso che inizia da dentro di noi.
On Happiness Road è un film d’animazione del 2017 scritto e diretto da Hsin Yin Sung e basato sul suo omonimo cortometraggio del 2013. Dopo la presentazione al Busan International Film Festival e la partecipazione a importanti rassegne fra Taiwan (patria della regista), Giappone e Hong Kong, On Happiness Road è stato presentato anche in due importanti manifestazioni italiane, ovvero il Far East Film Festival e il Future Film Festival.
Per la triste occasione dei funerali dell’adorata nonna, Chi torna dagli Stati Uniti nella piccola cittadina taiwanese in cui è cresciuta, ritrovando i genitori e la casa in cui ha vissuto gli anni più felici della propria vita, situata in Via della Felicità. Il ritorno in patria, lasciata per inseguire il sogno di un’esistenza migliore negli USA, diventa per Chi un’opportunità per per tornare con la mente alla sua infanzia, con il suo carico di sogni, segreti e affetti, ma anche e soprattutto per analizzare la propria difficile situazione personale, in bilico fra un matrimonio in crisi e il crescente desiderio di maternità.
On Happiness Road: un toccante racconto di formazione sull’importanza delle origini e della famiglia
Al suo esordio alla regia di un lungometraggio, Hsin Yin Sung dirige un racconto intimo e suggestivo, che muove i propri passi dalla personale esperienza della regista per tratteggiare il toccante ritratto di un’intera generazione taiwanese, sospesa fra famiglia e affermazione personale e fra l’attaccamento alla patria e il fascino esercitato da paesi più floridi e attraenti, come gli Stati Uniti. La cineasta mette molta carne al fuoco (a tratti anche troppa), sfruttando ripetuti salti avanti e indietro nel tempo per mettere in scena quello che in fondo non è altro che un lungo racconto di formazione, alla ricerca di una soddisfazione e un appagamento personale che, come spesso succede, si trova a pochi passi da noi, in persone, luoghi e situazioni che diamo ingiustamente per scontati.
On Happiness Road stupisce per il tocco sincero e disincantato, ma al tempo stesso fatato e sognante, una storia in cui chiunque può facilmente riconoscersi, che, anche grazie a efficaci inserti onirici, mette abilmente in contrapposizione l’immaginario fantastico dei bambini con il cinismo, la delusione e la disillusione portati dall’avanzare del tempo e dell’età e dall’insorgere delle sfide e dei problemi che la vita ci mette davanti. In un toccante puzzle di ricordi, suggestioni e frammenti esistenziali, la tradizione si confronta con il progresso, l’Oriente si scontra con l’Occidente e con il suo illusorio e abbagliante carico di opportunità, l’accogliente nido familiare torna inesorabilmente ad affermare la propria voce, con un cortocircuito spaziale ed emozionale che racconta attraverso gesti, parole e immagini la fragilità e il senso di disorientamento degli adulti di oggi.
On Happiness Road: la via della felicità è dentro di noi
La semplicità del racconto e della messa in scena di On Happiness Road rivela il proprio punto debole in un comparto visivo che, pur dovendo fare i conti con ristrettezze in termini di budget e mezzi produttivi, con il passare dei minuti lascia sempre più insoddisfatti, vittima di una certa ripetitività nelle scelte cromatiche dei fondali e di una certa approssimazione nella caratterizzazione dei personaggi secondari, che faticano a emergere. A penalizzare inoltre il racconto, soprattutto nella seconda parte, è un affollamento di temi, situazioni e personaggi superflui che alla lunga distoglie dal cuore e dall’aspetto più efficace del film, ovvero la disperata ricerca di se stessa e della felicità di una donna scappata troppo frettolosamente da una patria e da una famiglia che, pur con i loro inevitabili difetti ed evidenti contraddizioni, potevano e possono donarle tutto l’affetto e le opportunità di cui ha bisogno.
Anche se una sforbiciata di almeno 20 dei 111 minuti totali avrebbe probabilmente fatto del bene e nonostante un’eccessiva e superflua enfasi sulla storia e sulla politica di Taiwan, On Happiness Road riesce a cogliere nel segno, con un racconto profondo e a tratti commovente sul tempo e sul ricordo, sulla solidità della famiglia e sull’ingannevole richiamo di culture e mondi diversi, sulla tenerezza dell’infanzia e sulle amarezze portate dalla crescita, che ci ricorda una volta di più che il primo posto in cui cercare la felicità è dentro di noi, nell’insieme di esperienze, ricordi e indissolubili legami che hanno contribuito a renderci ciò che siamo.