Once Upon a Crime: recensione del film Netflix
Il regista Yûichi Fukuda mescola Cappuccetto Rosso e Cenerentola per dare vita a un cortocircuito fiabesco in odore di parodia, disponibile su Netflix dal 14 settembre 2023.
Fiabe come Cappuccetto Rosso e Cenerentola sono state oggetto nel corso dei decenni di numerose riletture cinematografiche in tutte le salse, per tutti i gusti e a tutte le latitudini. C’è chi ha scelto di rimanere più o meno fedele alle matrici originali e chi, al contrario, ha completamente stravolto plot e personaggi, usandoli come punto di partenza per creare qualcosa che ne sfruttasse solamente l’immaginario. Tra questi figura il regista Yûichi Fukuda che con la complicità dello sceneggiatore Aito Aoyagi ha riportato per l’ennesima volta sullo schermo le suddette fiabe in una chiave diversa e come se non bastasse mescolandole senza soluzione di continuità in una maionese impazzita che risponde al titolo di Once Upon a Crime, disponibile su Netflix a partire dal 14 settembre 2023.
In Once Upon a Crime si assiste a un cortocircuito fiabesco
Non è la prima volta che qualcuno si prende la briga e con essa tutti i rischi di rimettere pesantemente le mani su entrambi i testi, basti pensare alla versione fanta-horror Red Riding Hood di Catherine Hardwicke o quella rom-com di Mark Rosman battezzata A Cinderella Story. Così come non è la prima volta che qualcuno decide di incrociare il loro DNA narrativo e drammaturgico al punto tale da generare una sorta di mash-up che chiama in causa elementi chiave di entrambi, finendo con il provocare un cortocircuito fiabesco che può piacere o fare storcere il naso. La mente torna ad esempio a Into the Woods di Rob Marshall, basato sull’omonimo musical di Stephen Sondheim a sua volta ispirato da celebri fiabe tradizionali come Cenerentola, Cappuccetto Rosso e Raperonzolo dei Fratelli Grimm e Jack e la pianta di fagioli. Ecco perché quanto realizzato dal prolifico cineasta giapponese per la piattaforma a stelle e strisce non ha nulla di nuovo da offrire in tal senso. Ciononostante la curiosità nei confronti di Once Upon a Crime era piuttosto forte, più che altro per vedere come la coppia nipponica ha saputo fare incontrare i due mondi, facendoli coesistere senza mandarli in rotta di collisione.
Once Upon a Crime è una rilettura ludica al limite del parodistico che non ha grosse pretese se non quella di giocare con lo spettatore di turno e intrattenerlo
Cominciamo con il dire che l’autore della sceneggiatura ha trovato un divertente escamotage narrativo per rendere la cosa possibile, senza che questa risultasse forzata. Lo fa rimpastando le materie prime e prendendo in prestito dalle singole fiabe quanto utile a gettare le basi di un racconto in cui le due protagoniste si ritrovano, loro malgrado, al centro di un mistero legato all’omicidio dell’acconciatore di corte durante il ballo, che dovranno provare a risolvere prima dello scoccare della mezzanotte. Troviamo dunque le due celebri fanciulle che tanto hanno fatto sognare grandi e piccini in versione detective, alle prese con un’indagine a tutto campo che rievoca i gialli alla Agatha Christie. Ovviamente scomodiamo l’opera e lo stile dell’indimenticabile scrittrice solamente per rendere l’idea, anche perché la linea mistery sulla quale si regge e si sviluppa la trama poliziesca di Once Upon a Crime non regge minimamente il confronto e va presa per quello che è, vale a dire una rilettura ludica al limite del parodistico che non ha di certo grosse pretese se non quella di giocare con lo spettatore di turno e intrattenerlo.
Il regista Yûichi Fukuda spinge il pedale dell’acceleratore su tonalità comiche sopra le righe e goliardiche
Fukuda dal canto suo ne è consapevole, tanto è vero che dal primo all’ultimo fotogramma utile spinge sempre il pedale dell’acceleratore su tonalità comiche sopra le righe e goliardiche. Il ché dovrebbe in parte assolverlo dal peccato di avere scherzato pesantemente con il fuoco nel momento esatto in cui ha deciso di firmare la regia di un’operazione come questa. Allo stesso tempo però possiamo dire che il gioco è bello finché dura poco e quello messo in scena allo scoccare del novantesimo minuto inizia a stancare, diventare prevedibile e sempre meno divertente. Esaurita la carica iniziale, capita la direzione intrapresa, Once Upon a Crime finisce gradualmente con l’accartocciarsi, diventando la parodia di se stessa.
Once Upon a Crime: valutazione e conclusione
Yûichi Fukuda e lo sceneggiatore Aito Aoyagi trovano un escamotage per mescolare e rileggere in chiave poliziesca e comica delle fiabe conosciute in tutto il mondo come Cappuccetto Rosso e Cenerentola, trasformando le fanciulle protagoniste in due detective alle prese con un misterioso delitto a corte. Il ché diverte e funziona, almeno sino a quando il gioco esaurisce la sua carica goliardica e thriller per diventare una mera parodia. Recitazione sopra le righe e messa in scena ludica dettano sin dal primo fotogramma le regole d’ingaggio alle quale sottostare per evitare di abbandonare la visione dopo pochi minuti. La curiosità di vedere sino a dove gli autori hanno deciso di spingersi fa il resto, ma a conti fatti non sarà abbastanza né narrativamente né tecnicamente a soddisfare una platea sempre più esigente come quella di Netflix.