Venezia 77 – One Night in Miami: recensione del film di Regina King

Presentato a Venezia 77, One Night in Miami è un film attuale in modo davvero disarmante.

One Night in Miami ruota tutto attorno ad una data tra le più importanti della storia dello sport: il 25 febbraio 1964. Quella sera, presso il Convention Hall di Miami Beach, Cassius Clay sconfigge il favoritissimo Sonny Liston per TKO al settimo round e diventa il nuovo Campione Mondiale dei Pesi Massimi, diventa “The Greatest”.
Invece di darsi alla baldoria, il “Labbro di Louisville” si incontra in un motel nella città della Florida con quattro dei suoi amici più cari: Jim Brown (fuoriclasse della NFL), la star dell’R’n’B Sam Cooke e poi lui, Malcolm Little, noto in tutto il mondo con il nome di Malcolm X.
Quella sera, le storie, idee, paure e speranze di quattro uomini, quattro afroamericani tra i più importanti della storia, si confonderanno, confronteranno e scontreranno, tra accuse, recriminazioni, sogni e ideali opposti. Alla fine, nessuno dei quattro sarà più lo stesso.

One Night in Miami: storia di una svolta politica

One Night in Miami Cinematographe.it

Regina King firma un film sorprendente, sicuramente molto discontinuo e non sempre perfettamente bilanciato a livello di regia, così come di ritmo ed energia, sovente lasciandosi troppo condizionare dalla teatralità della fonte primaria: la piece teatrale di Kemp Powers.

One Night in Miami si gioca tutto su un cast che è dominato da una performance di assoluto livello da parte di Kingsley Ben-Adir nei panni di Malcolm X, il “rosso di Detroit”, leader tra i più straordinari del ventesimo secolo, icona di quegli anni 60 turbolenti ed affascinanti.
Eli Goree ci dona un Alì incredibile non solo per somiglianza fisica (in certi momenti pare veramente di avere di fronte quello vero), ma anche per come riesce a donarci un’immagine credibile di quello che era ancora un ragazzo di 22 anni, Cassius Clay, nel pieno di un mutamento profondo.
Forse il meno credibile è il Jim Brown di Aldis Hodge, più che altro tenuto sicuramente in disparte da una sceneggiatura che ha però nel Sam Cooke di Leslie Odom Jr. il vero asso nella manica, e di gran lunga il personaggio più sorprendente.
Tutti assieme rappresentano quattro anime, quattro modi di essere (ieri come oggi) afroamericani in un paese che è palesemente ancora schiavo di demoni antichi e crudeli, a oltre 50 anni da quella notte in Florida.

Un dilemma chiamato libertà

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One Night in Miami, oltre a trasportare indietro nel tempo grazie ad un’attenta ricostruzione d’epoca mediante costumi e scenografie curatissime, ad offrire un’ironia misurata e godibile, ci dona nell’insieme, un film che parte dal concetto di amicizia virile, per affrontare invece una lunga disamina sul concetto di libertà. Intesa come libertà di un afroamericano nel paese che ha nella problematica razziale il suo peccato originale.
Una libertà che per Malcolm X passa attraverso una lotta politica senza quartiere, per Sam Cooke e Jim Brown attraverso la libertà economica che precede quella personale, mentre per Cassius Clay è essere chi vuole dentro il ring, inseguire i suoi sogni da atleta.
Tra un match con Harry Cooper e quello con Liston, concerti musicali e scherzi tra amici, One Night in Miami ha nello scontro tra la visione della lotta politica di Malcolm e quella di un Cooke solo apparentemente artista mainstream, il punto di svolta.
Alì si muove in punta di piedi, non ha ancora deciso se convertirsi o no, mentre Jim vuole smettere di essere un fenomeno da baraccone per un pubblico bianco che in realtà lo ritiene bene o male solo un negro da intrattenimento.
Ma è sul come arrivare a quella libertà che i quattro non sono allineati, divisi tra chi crede nel sogno americano e chi quel sogno lo odia perché fonte di diseguaglianza, strumento di un sistema che non cambia grazie ad esso.

One Night in Miami inneggia al risveglio della coscienza

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Non credere nel sistema, ci dice Malcolm, ci dice Regina King, non credere che il fatto che un nero diventi star dell’NBA o della musica, significhi che le cose sono cambiate.
Il sistema è marcio, è rimasto tale, Malcolm X morirà pochi mesi dopo quella sera a Miami, Sam Cooke verrà ucciso in circostanze misteriose poco tempo dopo, delle tribolazioni del futuro Muhammad Alì si sa tutto da decenni, Jim Brown sarà perseguitato con false accuse di aggressione per anni.
Tutti vittime di quel potere bianco che non poteva permettere ad un atleta di non voler andare in Vietnam o di fare l’attivista senza correre con un pallone in mano, ad un cantante di smettere di scrivere opere soft e parlare della sua gente.
E a Malcolm X di andare contro sia il potere costituito che l’ipocrita leadership della Nation of Islam, altro strumento di controllo di una comunità che in questi mesi ha dovuto affrontare la triste realtà: poco o nulla è cambiato nel “Meraviglioso Paese”, quello descritto nei dialoghi frizzanti ed ispirati di One Night in Miami, non un capolavoro, forse un film meno perfetto di quanto potesse essere. Ma di certo un film con una grande energia, coerenza, e attuale in modo davvero disarmante.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 4
Sonoro - 2.5
Emozione - 4

3.3