Orange is the new Black 5 – la recensione dell’ultima stagione
Orange is the new Black torna con una quinta stagione che supera tutte le altre, scava nell'animo umano, diverte ed emoziona.
Un anno di attesa per tornare a dove erano rimaste le protagoniste di Orange is the new Black nel finale della quarta stagione: ovvero con Daya che puntava una pistola contro una delle guardie e tutte le sue compagne di prigione attorno che la incitavano a sparare.
Il primo episodio di questa 5° stagione di Orange is the new Black è già è in grado di stupire, perché con un certo ritmo fornisce un’anteprima dell’intera stagione. Se, dopo il finale della quarta stagione si è pensato che tutto si potesse risolvere in niente, magari con un passaggio temporale di qualche giorno e la rivolta sedata, questo episodio mostra un nuovo stato delle cose: Le detenute a capo della prigione.
Orange is the new Black: le detenute spodestano i poteri forti e prendono il controllo della prigione nella stagione 5
Di questa stagione il primo punto che cattura l’attenzione è la velocità con cui avviene il passaggio di poteri. Le detenute prendono le redini di Litchfield, senza controllo, mettono le guardie – compreso il Capitano Caputo – sotto chiave in vetrina e occupano ogni luogo del carcere. Alcune si arroccano in infermeria, Nicky e Lorna, altre in giardino (Piper e Alex), altre invece rimangono sul campo a portare avanti la loro battaglia.
Perchè al di là dell’esagerazione goliardica che spinge al divertimento totale, per alcune delle detenute c’è una battaglia di base, quella dei diritti umani, quella che le porta a voler essere trattate come delle persone.
Niente più molestie in carcere, cibo immangiabile, assistenza sanitaria inesistente, mancanza di istruzione e abusi di potere.
Come sempre, Orange is the new Black, con un tono che mescola il drama e il comico, porta alla luce temi importanti. Uno di questi sono appunto gli abusi di potere che ci sono in guardie non preparate e arroganti e la mancanza di attenzione nei confronti delle donne: il carcere di Litchfield, ora privato, non è riabilitativo o correttivo, ma è un parcheggio depressivo che al contrario conduce le detenute ancora più nel baratro. E le protagoniste, lentamente, iniziano a rendersene conto e ad avanzare richieste. La prova che sì, si vogliono salvare.
Orange is the new Black 5: la morte di Poussey e l’elaborazione del lutto
Ciò che le conduce verso questa consapevolezza è la dolorosa perdita di Poussey, uccisa per sbaglio da una guardia ingenua e inesperta durante una sommossa. Il dolore porta soprattutto le sue amiche, Taystee, Black Cindy e Jeanne, a volerla vendicare e voler migliorare le cose affinché la sua morte acquisisca un senso.
L’elaborazione del lutto per la morte di uno dei personaggi principali, oltre che tra i più amati, è stata affrontata qui in un modo esemplare.
Nonostante la rivolta in corso, le sue amiche non riescono ad accettare la perdita, cercano modi per soffrire meno, che sia in sedute spiritiche o in contrattazioni con i vertici che gestiscono la prigione.
E il suo spirito rimane a guidare le loro azioni. E rimane, giustamente, come succede anche nel nostro quotidiano, in tutto l’arco della stagione.
Un’altra scelta molto coraggiosa è quella di sviluppare la stagione in soli tre giorni: esperimento ben riuscito!
Come in un romanzo di Virginia Woolf, tutto accade in poche ore. Nuovi legami, decisioni difficili, gioia e rabbia sviluppati molto intensamente su tre giorni di vita.
Con la conferma che questi personaggi riescono da soli a regnare in una stagione intera, proprio perchè sono veri, reali e genuini. Nei loro discorsi e nelle loro azioni, che siano quelle delle due tossiche o delle più simpatiche figlie di Red, si possono ritrovare dei piccoli pezzetti della vita di tutti i giorni. Quali decisioni prendere, come reagire in mezzo al caos, con quali persone stare accanto: le stesse dinamiche della giungla quotidiana anche fuori dalle mura di un carcere.
E poi di nuovo, si intravede quella magia che si insinua anche in mezzo al marcio e caratterizza anche questa quinta stagione di Orange is the New Black.
Come un fiore che cresce tra le rocce, nelle montagne più alte, anche le nostre detenute nelle situazioni più umanamente basse e difficili riescono a generare amore e trasmetterlo. Questo amore diventa molto potente: muove e commuove.
Il finale di stagione di Orange is the New Black 5 lo dimostra in modo più esplicito: la rivolta giunge ormai alla fine, la polizia armata sta per liberare il posto e mettere fine a tutti i loro sogni di libertà e queste donne protagoniste si cercano.
Sguardi, sorrisi, abbracci, conforto che hanno imparato a donare e ricevere in quel luogo ostile.
Anche Piper, piuttosto sottotono come personaggio rispetto alle scorse stagioni, ma finalmente maturata, trasforma la difficoltà di quei tre giorni in un modo per capire davvero cosa prova per Alex, a prescindere dal loro dover vivere insieme. E riesce, per la prima volta a farglielo davvero capire, senza più sottorfugi e senza più scappare.
Quel famoso motto, si vive insieme e si muore da soli, che ritorna in tante serie TV tra le più complesse, anche in questa quinta stagione di Orange is the new Black viene ribaltato in modo nuovo.
Alla fine non si muore da soli, perché queste donne affrontano le difficoltà fino alla fine insieme, per non essere più sole.
Perché quell’insieme, come si è visto in queste tredici puntate, è così potente da riuscire a ribaltare i poteri forti e a dimostrare che non sempre accade come nella nota Fattoria degli animali di Orwell. Ma il buon senso e l’umanità possono riemergere e riequilibrare un sistema anarchico e corrotto da odio e ribellione.
Orange is the new Black 5, dopo due stagioni non all’altezza del richiamo di critica e media che aveva scaturito la prima, torna con una quinta stagione quasi perfetta, che ricorda a tutti perché questa serie TV dove sembra che non succeda nulla è così tanto amata e seguita.