Oro Verde – C’era una volta in Colombia: recensione
Oro Verde - C'era una volta in Colombia arriva al cinema dall'11 aprile: è la storia tra tradizione e capitalismo di un gruppo di trafficanti, come non è mai stata raccontata.
Di trafficanti nel cinema ne abbiamo visti a bizzeffe. Di giovani che entrano nel giro della droga e ne escono irrimediabilmente cambiati. Di pentiti che tentavano di redimersi. Protagonisti dei quali veniva mostrata l’ascesa nel mondo della criminalità e se ne riportavano le gesta fino alla fine nefasta. Una visione per lo più statunitense, che non andava mai trattando in profondità gli andamenti della produzione e distribuzione delle sostanze dalla terra fino al consumatore, ma usando entrare direttamente nella storia in un establishment già avviato. Oro Verde – C’era una volta in Colombia, dei registi Cristina Gallego e Ciro Guerra, ribalta tale prospettiva, partendo con la propria opera dalla Colombia e lì restando, in un racconto che nell’arco di vent’anni riporta gli inizi di un gruppo di trafficanti di marijuana – ispirato a eventi realmente accaduti – utilizzando una maniera inversa di trasmissione della narrazione.
Oro Verde – C’era una volta in Colombia: il capitalismo e la contaminazione dello stato di natura
È dall’ambizione di Rapayet (José Acosta) che parte l’immersione nel mondo della cannabis. Non per la speranza di successo o denaro, ma per potersi permettere di pagare la dote della giovane Zaida (Natalia Reyes). Ciò che cominciò per caso si rivelò fonte primaria di guadagno per l’uomo e la sua futura famiglia, che insieme alla stabilità e al potere, dovrà affrontare le tensioni di una vita di scaramanzie, affondata da debolezze della sfera relazionare e commerciale.
Nella regione abitata dagli indiani Wayuu è il folclore a dominare. L’imposizione delle proprie usanze, il non concedere alle impurità del mondo circostante di mescolarsi ai propri riti sacri. È in una bolla che ci troviamo al principio di Oro Verde, un’oasi assolutamente distaccata dai costumi degli anni Sessanta del Novecento, da cui il film parte spingendosi fino all’inizio del decennio degli Ottanta. La contaminazione, nella pellicola, assume il proprio significato più indicativo. Da uno stato di natura inalterato, è il germe di un capitalismo distaccato dalla realtà della tribù a predominare, assaltando con fare sempre più aggressivo, modificando la terra immacolata di una società fedele a se stessa e ora intaccata dal marcio del sistema.
È dalla penetrazione del capitale nella memoria di un popolo che nasce Oro Verde, dalla fusione di mondi paralleli in cui sono le pratiche morali a modificarsi in vista di un circolo vizioso che è impossibile frenare. E dalla consuetudine dei racconti sul traffico di sostanze, Gallego e Guerra ci fanno passare per i retroscena spesso celati nei film del genere, applicando quello stesso stravolgimento che l’imprenditoria illecita usa e inserendolo nell’ethos del circolo famigliare dei personaggi.
Oro Verde – C’era una volta in Colombia: la superstizione che incontra il sistema commerciale
Un film rievocato attraverso i capitoli di un libro più grande, tramandato da un cantore all’interno della pellicola, e così proposto allo spettatore che ne affronta, durante la visione, le diverse tappe. E ne nota i cambiamenti, ne percepisce le dissonanze tra lo stato d’origine e la fine a cui sono destinati i protagonisti. Una rivisitazione del filone narcos che, senza l’eccedenza di violenza o la spettacolarizzazione che è solita in questi racconti, mescola commerciale e superstizione, capitale e segni della natura che bisogna interpretare, proprio come i sogni. Un passaggio costante che, silente, mette in scena i suoi mutamenti, in una prospettiva a noi lontana.
Arricchito dalle scelte della costumista Catherine Rodríguez, che assieme all’assetto degli ambienti e della direzione artistica contribuisce alla bellezza visuale del film, Oro Verde – C’era una volta in Colombia è la storia di traffico di droga che tutti conosciamo, ma che nessuno aveva mai saputo narrarci così.
Oro verde – C’era una volta in Colombia, prodotto da Ciudad Lunar, Blond Indian Films, Pimienta Films, Films Boutique e Snowglobe, è in uscita l’11 aprile, distribuito da Academy Two.