Overdrive: recensione del film con Scott Eastwood e Ana de Armas

Un soggetto troppo debole per potenziarlo con il dinamismo e la regia schizofrenica. Overdrive finisce per essere un heist movie sorprendentemente piatto.

Overdrive, diretto da Antonio Negret e scritto da Michael Brandt e Derek Hass, si svolge nel sud della Francia e segue le vicende di due fratelli, Andrew (Scott Eastwood) e Garrett Foster (Freddie Thorp): sfidano il tempo e mettono alla prova le loro stesse vite rubando auto d’epoca dall’inestimabile valore. Una volta assunti per recuperare una Bugatti Tipo 57 del 1937, incrociano la strada con un pericoloso miliardario francese, Jacomo Morier (Simon Abkarian). Stephanie (Ana de Armas), la ragazza di Andrew, vuole essere inclusa nella squadra di autisti per aiutarli a liberarsi di Jacomo. Nel mettere a segno una nuova rapina ai danni della loro nuova minaccia, Andrew ripensa al suo trascorso e desidera chiudere i conti al più presto per non finire in guai che metterebbero a rischio il rapporto duraturo con Stephanie.

Overdrive: di “over” c’è solo una storia ai limiti della scontatezza

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Una potenziale storia per emulare il successo del franchise di Fast & Furious, finisce per risultare una pallida copia di quello che si è affermato nel mondo di Hollywood grazie agli spettacolari stunt e ad un gruppo affiatato di interpreti divertenti e divertiti sul set. Overdrive è un heist movie a tutti gli effetti, con un ampio spazio concesso per la formazione di un team di esperti guidatori e le fasi più concitate riservate negli ultimi minuti di film; il problema sorge quando il copione non si interessa minimamente a valorizzare i personaggi che dovrebbero distinguersi per personalità e sprezzo del rischio. Durante lo sviluppo di una storia che si prospetta elettrizzante e ricca d’azione, non c’è modo di legare con i due scontrosi fratelli, sempre in prima linea per gettarsi in spericolati inseguimenti.

I dialoghi sono poveri di inventiva e non offrono spunti per mettere in luce l’irregolare condotta che li alimenta e al tempo stesso li divora da dentro. Ana de Armas non fornisce un supporto adeguato al contesto, comparendo solo come un’appariscente statua in costante pericolo. La parentesi della “damigella da soccorrere” è una linea di trama che non dovrebbe più essere presa in considerazione: l’interprete cubana ha già dimostrato di essere ampiamente capace di prendere le redini di un intero lungometraggio, addirittura brillando di luce propria come in Knives Out – Cena con Delitto di Rian Johnson. In Overdrive invece non viene sfruttata al meglio delle sue potenzialità, nemmeno rendendola protagonista di una folle corsa fra le strade di Marsiglia. Ormai è inconcepibile tenerla a freno.

Overdrive: nessuna scena degna di nota, anche se si tratta di procurarsi auto prestigiose

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La confezione si presenta piatta: Overdrive non tiene conto né di un rapporto tra i due protagonisti maschili da far evolvere, né di dispiegare mezzi e risorse per risollevare le sorti del film con inseguimenti e rapine degne di nota. La regia, a cura di Antonio Negret, è figlio del cinema condotto da Pierre Morel (Taken) e Olivier Megaton (Colombiana); riprese vorticose senza raccordi ben integrati, zoom improvvisi senza un rigore stilistico da rispettare e dipendenza totale da un montaggio schizofrenico. Il risultato è un’azione che vorrebbe esprimersi con una certa personalità, ma senza restituirci un aspetto gradevole alla vista. Un copia e incolla di uno stile di direzione spento, incolore e assolutamente non favorevole ad una fluidità ottimale.

Dalla durata di 94 minuti, Overdrive non incontra i gusti di una tipologia di pubblico che necessita di essere intrattenuta con una rinnovata tecnica o nuove idee da applicare nelle corse clandestine e rapine a cielo aperto. Non rimane altro che assistere ad una pellicola che si trascina a fatica verso un finale anticlimatico, senza appoggiare la causa di nessun personaggio in scena. Altamente dimenticabile e sostanzialmente inutile nella sua struttura, nella direzione di attori monoespressivi e in un’inventiva che non trova mai modo di emergere.

Regia - 1.5
Sceneggiatura - 1.5
Fotografia - 2
Recitazione - 2
Sonoro - 2
Emozione - 1.5

1.8