Palmer: recensione del film Apple TV+ con Justin Timberlake
Una storia compatta, nella forma e nel contenuto, per valorizzare a dovere degli interpreti che lasciano il segno. Palmer, di Fisher Stevens, conquista e ci ricorda per quali valori bisogna combattere nella vita di tutti i giorni.
Palmer, disponibile su Apple TV+ da venerdì 29 Gennaio, è diretto da Fisher Stevens e scritto da Cheryl Guerriero. È la storia di Eddie Palmer (Justin Timberlake), un ex-carcerato che ha scontato 12 anni di condanna per tentato omicidio, e del suo ritorno alla città natale di Sylvain, Los Angeles. Una tiepida accoglienza lo attende, con sua nonna Vivian (June Squibb) a supportarlo completamente durante il periodo di riassestamento psico-fisico. La sua strada va ad intrecciarsi con Sam (Ryder Allen), un giovane studente perennemente trascurato da sua madre Shelly (Juno Temple) e interessato a giochi, programmi televisivi e costumi rivolti alle bambine e alle sue compagne di classe. Sam, bersaglio ideale per ogni tipo di critica all’interno della comunità di Sylvain, troverà in Eddie un nuovo rifugio per godere di momenti genuinamente spensierati. Da queste premesse, possiamo ricavarci un racconto sincero negli intenti e forte di interpretazioni inappuntabili, dal protagonista a tutto il cast di supporto.
Palmer: quando un uomo disfatto ritrova il suo barlume di speranza
Fisher Stevens dirige una sceneggiatura essenziale, ampiamente prevedibile nello sviluppo, ma consapevole di cosa si deve portare in scena e come renderlo credibile in ogni passaggio più delicato: un rapporto segnato dai giudizi, dalle dicerie, dalle voci di corridoio. Eddie Palmer è stato dimenticato dal mondo a cui apparteneva, e per lui è difficile integrarsi in un nucleo ormai perfettamente inquadrato. La fedina penale compromessa penalizza un uomo che ha tutta l’intenzione di riprendersi d’animo e sconfiggere un passato disastroso, mentre un tenero bambino cerca di tendergli la mano per risollevarsi da terra e scoprire nuove e rinnovate forme di interazione. Justin Timberlake è l’assoluto protagonista di Palmer, riservandoci un’ampia gamma di emozioni esposte senza filtri e senza il timore di risultare forzato nei punti cruciali del film.
Stevens, alla regia, si affida ad una direzione sicura, mai improntata sulla svolta drammatica per il puro gusto di appesantire le performance ritratte. La semplicità è la chiave di volta per raggiungere lo spazio delineato dagli attori in scena. Si può notare chiaramente una linea tracciata che indica due estremi molto evidenti: l’incomunicabilità di soggetti singoli alle prese con un’ondata di pregiudizi insormontabili, e una speranza coltivata in segreto per riacquistare fiducia in un’umanità perduta nel tempo. Un uomo che non ha vissuto il periodo dell’adolescenza come desiderava e un bambino incompreso da coetanei che lo dovrebbero sostenere si incontrano, si capiscono e intendono formare un legame che arricchisce ogni aspetto del quadro e della scenografia minimale che ci viene presentata.
Una colonna sonora leggiadra va contemplando due caratteri soli in una realtà narrativa che non li appartiene
Il pianoforte risuona lentamente, con un’intensità crescente che interviene per rafforzare il profilo di Eddie e Sam. I personaggi che orbitano attorno a queste due figure principali tengono volutamente le distanze da sfaccettature che solo la cinepresa e l’apparato sonoro possono cogliere: il dolore contenuto, la gioia strozzata, il pianto trattenuto e la voglia matta di uscire dalla prigione dei preconcetti e delle preclusioni. Ogni nota delicata viene esposta dal compositore Tamar-kali, convinto di riuscire a tirare fuori il meglio da due attori a briglie sciolte. Il duo composto da Timberlake e Allen brilla di luce propria, in un gioco di intese e sguardi sfuggenti che pongono le basi per uno svolgimento singolare, nonostante la prevedibilità del soggetto e della sua ossatura. Palmer si nutre di una colonna sonora poco invadente, regolata da brani che si ripetono per accentuare la forza dell’interpretazione contro un contesto sociale ignobile, caratterizzato da sciocche convinzioni.
Si tratta di una visione a tratti emozionante, più per l’intimità che si percepisce fra le righe che per la confezione complessiva. Viene espressa grande ammirazione nei confronti di interpreti navigati, che lo stesso trovano degli appigli e degli spunti nei dialoghi per stupirci e stupirsi. Il film originale Apple Tv+ può certamente conquistare una fascia di pubblico disposta a chiudere un occhio su un ritmo volutamente compassato, che si interessa alla delineazione di una doppia prigione per il corpo e per l’anima, da abbattere con una forza interiore che non deve più trattenersi. Ci teniamo a stendere le lodi a Justin Timberlake augurandogli numerosi ruoli da protagonista, se in Palmer lo si può ritenere uno dei pregi fondamentali per la riuscita del film.