TSFF 2023 – Pandemonium: recensione del film di Quarxx
L'orrore interseca l'umorismo e la follia invade ogni confine in Pandemonium, il film di Quarxx che con rara esuberanza ci trucida tra confini surreali e colpe terrene.
Film astruso, Pandemonium, in cui incipit e conclusione rasentano i confini di un’ovvietà inattesa. Nel mezzo, però, un dedalo di ambiguità crudeli, gotiche e angoscianti si allittera con spietatezza in una landa al di fuori del tempo e dello spazio noto, che ci dona dell’aldilà l’infernale, l’orripilante.
Diretto e sceneggiato dall’artista francese Quarxx e presentato al 23° Trieste Science+Fiction Festival dopo un passaggio al NIFFF – Neuchâtel International Fantastic Film Festival, Pandemonium si spinge oltre le regole, scavando nell’orrorifica intimità mentale del suo autore e crocifiggendoci reiteratamente gli occhi sullo schermo, mentre il nostro fiato resta sospeso, tra smarrimento e quesiti esistenziali; attratto, disgustato, spaventato, da un’idea di inferi che non conosce redenzione.
Leggi anche Quarxx parla di Pandemonium (2023) e di quel film di Lucio Fulci, “mi ha traumatizzato”
La struttura “paragrafata” della pellicola ci conduce adagio in un mondo paradossale, al quale si accede morendo. Nel caso dei protagonisti – il misterioso Nathan (Hugo Dillon), che monopolizzerà in un modo o nell’altro l’intera narrazione, e Daniel (Arben Bajraktaraj) – il trapasso avviene per mezzo di un incidente autostradale. La strada ingoiata dalla nebbia e il freddo, poi la scoperta della triste realtà e, infine, quella resa dei conti che è porta d’accesso a una narrazione profondamente macabra, a tratti “scorretta” e dolorosa, capace di annientare persino la bellezza e l’innocenza infantile.
Pandemonium: inferi e caos nel film di Quarxx
Il pandemonio a cui si fa riferimento nel titolo anticipa la location principale del film, seguendo le logiche creative del poeta John Milton (che per primo usò il termine nel suo Paradiso perduto), ma allo stesso tempo sottolinea il caos che governa il passaggio: vita e morte, ragione e follia, realtà e immaginazione, giusto e sbagliato si alternano confusamente, scannandosi senza interruzione nei confini indefiniti in cui le nostre azioni non sfuggono al giudizio, consegnandoci pene irreversibili ed eterne.
Quarxx, complice il viscerale montaggio di Rémi Orth, gli effetti speciali di Camille Vinet e la fotografia geometricamente surreale di Colin Wandersman, Hugo Poisson e Didier Daubeach, anima il suo inferno di mostri dal tocco mitologico e di storie fantastiche in cui il dramma affonda le unghie nell’umorismo più nero, facendosi forte di un tableau vivant dai contorni spesso indefiniti: ambienti sulfurei, sotterranei, nebbiosi, fungono da strascico alle burle più violente e alle piaghe sociali più comuni, in un gioco a nascondino tra vittima e carnefice nel quale la rappresentazione rasenta quasi sempre l’assurdo.
Un universo atipico e oscuro, che rovescia sensi di colpa e innocenza
L’autore predispone il dolore meccanicistico e cieco come si fa con le statuine sulla scacchiera, scarnificando la solitudine dell’anima, lo shock di sapersi diverso, in una contrapposizione geometrica in cui la bellezza è una condanna pari alla bruttezza e l’incomunicabilità è straziante.
Seguendo la stessa logica, Quarxx capovolge anche i concetti di buono e cattivo e di maternità e innocenza, coagulando nella storia che vede protagonista la psicotica “principessina” Jane (interpretata dalla bravissima e promettente Manon Maindivide) e il suo mostruoso valletto (Carl Laforêt) l’assurdità del male spietato e innato. A lasciare basiti, in tal caso, è il contrasto tra i freddi istinti omicidi della bambina e la spensieratezza fanciullesca in cui la morte viene messa in scena come in una recita scolastica.
Le incredibili Ophélia Kolb e Sidwell Weber danno voce, invece, alla relazione tra madre e figlia, convogliando in Pandemonium le vicissitudini del bullismo e il dramma di non saper ascoltare la sofferenza. La mancata accoglienza dell’altro – che nel caso specifico è la figlia, ma in senso più generale è la generazione più giovane, ignorata dal mondo adulto – si traduce in follia e senso di colpa.
Il dramma, in ogni caso, attraversa le vite di ogni singolo personaggio e, una volta raggiungi gli inferi, non esistono ragioni né giustificazioni, poiché tutti sono condannati a scontare la propria pena.
Pandemonium: valutazione e conclusione
La follia domina in maniera capillare Pandemonium; Quarxx intinge la penna nell’inchiostro di una tangibilità fantastica che si traduce in realtà alternativa, ritagliando attraverso la macchina da presa un puzzle di purgatori contorti in cui il dolore è la costante.
Un film angosciante, raro nella sua forma, che si muove spezzato nella sinuosità spettrale dell’incerto, sulla musica di Benjamin Leray, facendosi forte dell’ipnotica interpretazione del cast e di un comparto tecnico attento a far trasudare meravigliosamente tutto l’orrore, terreno o soprannaturale che sia.
Il film è prodotto da Transgressive Production, con Film Seekers che si occupa della distribuzione internazionale.