Pantani – The accidental death of a cyclist: recensione del documentario

Il documentario racconta l'ascesa e il declino di Marco Pantani, mito del ciclismo italiano morto nel 2004 a 34 anni.

Marco Pantani, a 16 anni di distanza dalla sua morte, rimane una figura indimenticabile e tragica del ciclismo e della storia di questo paese, un simbolo di tutto ciò che non andava e tuttora non va nella nostra società, nella nostra cultura sportiva ed in uno sport che sovente ha divorato con ferocia i suoi stessi figli. Pantani – The accidental death of a cyclist di Jams Erskine è un documentario con il quale il giovane regista (non nuovo a documentari sportivi di ottima fattura) cerca di andare oltre il tragico mito, la figura dello sportivo, per capire chi era veramente quel piccolo ragazzo che sulle salite stupiva il mondo, che cosa ne distrusse il successo, perché andò incontro ad un destino così orrendo. I genitori, i colleghi, ex dirigenti e rivali, giornalisti e allenatori sono presenti e si alternano all’interno di un iter che evita una cronologia standard, abbraccia flashback, sovente accarezza il genere sperimentale.

Tra doping ed interessi economici

L’opera di Erskine sicuramente farà (e ha fatto) arrabbiare molti tra i tifosi ed appassionati anglo-sassoni, americani in particolare, per il modo in cui ha sottolineato la differenza tra la figura di Lance Amstrong e del Pirata. Un carnefice, un boss mafioso e una frode totale il primo, una vittima di un sistema che lo usò e poi se ne disfò il secondo, ammantato di un talento istintivo e naturale di incredibile fascino, simbolo universale del lato più romantico dello sport.

Il documentario è uscito prima che diverse indagini e poi sentenze dimostrassero che Pantani era in realtà vittima di una macchinazione in cui entravano alcune famiglie mafiose interessate a guadagnare economicamente dalle scommesse, ma ha perfettamente ragione quando (nella seconda parte) punta il dito contro “il sistema”, quel sistema che fece di Marco Pantani da Madonna di Campiglio in poi, il capro espiatorio. Gli interessi economici, gli sponsor, i giochi di spartizione di potere e primati, il fatto che Pantani in quel finire di anni 90 fosse sostanzialmente un mostro che nessuno poteva fermare, e rappresentasse la rovina economica per troppe persone, per troppi interessi che avevano da perdere dal suo dominio.

Pantani: ritratto di un solitario per natura

Pantani 2

Pantani – The accidental death of a cyclist piacerà ai fan del Pirata, ma piacerà anche ai profani dello sport, visto che Erskine si dimostra bravissimo nella divulgazione, nello spiegare il fascino di questo sport, le sue problematiche, la fatica bestiale e la poesia che rendono questo sport unico, e Pantani un profeta inimitabile. Il ciclismo come scontro tra uomo e natura, come calvario di un ragazzo piccolo e magro, che però su quelle due ruote diventò un protagonista assoluto dello sport mondiale, un simbolo anche di rinascita con i suoi infortuni, le sue cadute e risalite.

Poi la tragica giornata di Madonna di Campiglio, le accuse, i veleni, la depressione e poi la tossicodipendenza. Erskine è davvero uno dei pochi a prendersi la responsabilità di dire una cosa scomoda: Pantani aveva solo il ciclismo nella vita. E non era, non può essere abbastanza per nessuno, soprattutto per un ragazzo timido, di un piccolo paese, che la fama rese più duro e ancor più schivo. Ecco forse lì, in quella gioventù povera e faticosa, la base di una vita che senza le due ruote non poteva né sapeva andare avanti, senza quell’agonia in salita non aveva nulla da dare al suo protagonista.

Storia di un capro espiatorio

Certamente un’opera fatta con sentimento, in certi momenti pure troppo, sovente incerta nel tono ma non per questo poco efficace o priva di una capacità davvero unica di coinvolgere lo spettatore, di portarlo tra quei tornanti e salite e fughe che fecero di Pantani l’erede di Coppi e di tutti quegli scalatori che rendevano e rendono il ciclismo degno di essere vissuto o visto.

Non abbastanza spazio invece è stato dato al mistero dietro la sua morte, che ancora oggi è fonte di polemiche, di indagini e voci, di sicuro Erskine da questo punto di vista ha deciso di concentrarsi maggiormente su ciò che la caduta del Pirata significò per il movimento, su quanto già ai tempi dello Scandalo Festina egli fosse stato usato come foglia di fico da un movimento marcio, compromesso, che lo usò come capro espiatorio per poi incoronare un gangster come Lance Amstrong. E tutti gli altri venuti prima o durante o dopo Pantani, reo-confessi e riabilitati in tutta fretta, affinché lo scandalo conquistasse. Poco adatte le musiche di Lorne Balfe, poco coerenti le scene fiction ma l’insieme tiene, appassiona, e commuove.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3.5
Sonoro - 2.5
Emozione - 4

3.2