Venezia 77 – Paolo Conte, Via con me: recensione del documentario
La recensione di Paolo Conte, Via con me, il film documentario di Giorgio Verdelli presentato a Venezia 77 e in arrivo nelle sale cinematografiche a ottobre 2020.
Sintetizzare la vita e le opere di un grande come Paolo Conte è davvero un’impresa ardua e difficile, che però Giorgio Verdelli affronta con passione e con uno sguardo divertito e originale in questo Paolo Conte, Via con Me.
Le origini, la sua piccola e un po’ provinciale Asti, la famiglia di avvocati e notai con il talento musicale nel sangue, la carriera di avvocato che procede affiancando quella di autore, poi di occasionale cantante, prima che il successo lo lanci definitivamente verso quella carriera che ne ha fatto il Principe della musica italiana.
La sua storia è piena di canzoni che egli stesso definisce “pittoriche” o comunque connesse ad una dimensione cinematografica, visiva, ad un jazz che in realtà non è mai solo jazz, è anche altro, è mille atmosfere diverse, mille storie e volti narrati in capolavori che egli o altri hanno cantato. E che sovente sono diventati quasi dei secondi inni nello stivale.
Paolo Conte, Via con Me è l’omaggio di un mondo
L’importanza e l’influenza di Paolo Conte, sono testimoniate in Paolo Conte, Via con me dalla struttura che sovente nelle mani di Giorgio Verdelli, smette di essere un puro documentario, abbraccia una dimensione quasi narrativa, immaginifica.
Una topolino amaranto, i monologhi di Luca Zingaretti e Paolo Jannacci, le rime e l’ilarità raccontate da Roberto Benigni, e poi Francesco de Gregori, Vinicio Capossela, Caterina Caselli, Luisa Ranieri, Jovanotti, Pupi Avati, Renzo Arbore, Guido Harari, il fratello Giorgio, tutti assieme raccontano di come, quando conobbero o lavorarono con questa “maschera di gomma”, questo musicista poliedrico, charmant, elegantissimo e attraversato da una malinconia, da una sorta di struggente ed anarchico sentimento.
Azzurro, Un Gelato al Limon, Gli impermeabili, Sparring Partner poi Onda su Onda, Genova per Noi, Bartali… l’artista e l’uomo sono entrambi importanti, sono interconnessi, ed entrambi esaltati nel documentario Paolo Conte, Via con Me.
Un documentario appassionato e pieno di ironia
Sorprende in Paolo Conte, Via con Me, l’abbondare di un’ironia e soprattutto autoironia davvero difficili da trovare quando si parla di personaggi ed artisti così giganteschi.
Così come il sapere rendere perfettamente la natura ibrida della sua musica, la mancata categorizzazione, la sperimentazione continua, modalità grazie alla quale è riuscito ad accarezzare le corde emotive di un pubblico eterogeneo.
Si tratta di qualcosa fortemente legato alla sensibilità del personaggio, al suo essere un artigiano della canzone, un anti-divo, uno che più che il successo in realtà ha sempre cercato la soddisfazione di aver compiuto qualcosa di buono, di reale, qualcosa che gli permettesse di parlare di campagne, auto, uomini, donne, sentimenti ed un folle mondo che sembra uscito da un luogo-non luogo fermo nel tempo eppure sempre in movimento.
Interessante poi lo sguardo verso il suo successo estero, verso la dimensione di una Francia, Olanda o Spagna, in cui L’Avvocato è stato capace di andare oltre la semantica, di creare una connessione sentimentale, con una platea di nicchia allargata e multi-generazionale.
Unico difetto di Paolo Conte, Via con Me è forse il perdere verso il finale il ritmo, quasi spaesati dalla dimensione del personaggio verrebbe da dire, o forse incapaci di creare un finale degno di un uomo che silenziosamente, con grazia, ha dominato il mondo musicale italiano come nessun altro.
I film è al cinema solo il 28, 29 e 30 ottobre 2020 con Nexo Digital.