TFF36 – Papi Chulo: recensione del film con Matt Bomer
Papi Chulo è una commedia drammatica americano-irlandese, scritta e diretta da John Butler, con Matt Bomer e Alejandro Patino. Il film è stato presentato per la prima volta in anteprima al Toronto International Film Festival 2018.
Papi Chulo è un’espressione latino-americana le cui accezioni variano dal corrispondente italiano poco edificante di “pappone”, alla descrizione di un papà – un uomo maturo – ancora dotato di fascino e sensualità. Nel film scritto e diretto da John Butler, il titolo sfrutta l’ambivalenza del termine, indicando – a seconda del punto di vista – la situazione di entrambi i protagonisti, il primo un uomo di mezza età che l’altro vede ancora piacente, il secondo un ragazzo solo e disperato che decide di “comprare” la compagnia di una persona qualunque, idealizzandola per mera disperazione.
La pellicola, presentata per la prima volta in anteprima al Toronto International Film Festival 2018, cela inizialmente le carte che ha intenzione di giocare, cercando di portare lo spettatore fuori strada quanto basta per poi coinvolgerlo inaspettatamente nel vortice di un sentimento crescente e desolante, fatto di solitudine, impossibilità di elaborare la perdita e conseguente ricerca disperata di un fattore esterno, di un contatto umano che possa risanare rapidamente le ferite.
Matt Bomer è lo straordinario frontman di tale viaggio interiore, nei panni di Sean, un weatherman di una stazione TV di Los Angeles, su cui ogni giorno annuncia le previsioni del tempo. L’assenza prolungata di piogge ha portato una grave siccità in città e la popolazione è costretta a far parsimonia del bene più prezioso che – in un sottile parallelismo – si accosta alle lacrime trattenute del protagonista, che fatica ad ammettere a se stesso la propria grande sofferenza per la fine del legame col compagno, con cui ha vissuto anni unici e felici. Ora Sean è solo, e deve ristrutturare se stesso, a partire dalla casa, nel tentativo di cancellare le tracce del passato e ricominciare da capo.
Per ridipingere la terrazza ingaggia così Ernesto (Alejandro Patino), un operaio sud-americano da pagare a ore. Ma il desiderio di ristabilire una connessione con un’ altra persona è troppo urgente e Sean si ritrova a rimandare il lavoro manuale pagando l’uomo per trascorrere la giornata con lui facendo le cose più semplici: un pranzo insieme, una passeggiata, una gita in barca, senza rendersi conto dell’assoluta vacuità del finto rapporto e ritrovandosi ad idealizzare e fantasticare su una reciprocità che non esiste.
Papi Chulo: un’amicizia a senso unico come scorciatoia per superare il dolore
Papi Chulo sfrutta appieno la sorprendente capacità di Matt Bomer di rappresentare l’ironia di una situazione profondamente drammatica, in cui il suo personaggio si cimenta in funambolici tentativi di comunicare con una persona che né parla la sua lingua, né sembra accogliere volentieri lo strano compito che gli è stato riservato. Ma non importa, perché ciò di cui Sean ha davvero bisogno è parlare, liberandosi di un fardello che non riesce ad elaborare da solo, mentre la siccità impedisce metaforicamente di affrontare la sofferenza aprendo i boccaporti del dolore. E lasciando che la pioggia e le lacrime purificatrici facciano spazio alla visione di un futuro diverso, ancora da scoprire ma non per questo necessariamente infausto.
La regia lascia che a parlare siano gli sguardi e le situazioni a tratti esilaranti che coinvolgono i protagonisti, mentre lo spettatore assiste alla nascita di un’empatia gratuita e inaspettata, l’unica vera chiave per affrontare il dolore. Perché siamo tutti sulla stessa barca, anche quando ci sentiamo soli in mezzo alla tempesta.
Papi Chulo è un film inaspettato e intenso, con la capacità di far avvertire in modo epidermico le sensazioni dei protagonisti, foriera del messaggio – mai scontato – che è impossibile sfuggire al dolore cercando strade facili per non sentirlo fino in fondo, nella pretesa che qualunque rinascita possa non passare da una metaforica morte.