Parigi è nostra: recensione del film Netflix di Elisabeth Vogler
Un progetto sperimentale portato a termine da giovani appassionati, Parigi è nostra è il riflesso del nostro tempo.
Parigi è nostra (Paris est à Nous) è un film diretto da Elisabeth Vogler, disponibile su Netflix dal 22 febbraio 2019, interpretato da Noémie Schmidt, Grégoire Isvarine, Marie Mottet, Lou Castel e Alexandre Schreiber.
Anna incontra Greg ad una festa. Si avvicinano, si rivelano l’un l’altro e si innamorano. Un anno dopo, Greg decide di volersi trasferire a Barcellona, mentre Anna non vuole lasciare Parigi. Lui vuole cambiare vita e cercare fortuna e non accetta che lei non abbia aspirazioni e desideri come i suoi. Anna e Greg si ritrovano a litigare spesso su ciò che il futuro riserva loro. Greg infine decide di partire e un giorno Anna decide di unirsi a lui.
Ma quando sta per partire perde l’aereo e, fatalità, il suo aereo poco dopo si schianta senza lasciare nessun superstite. Anna, presa nella vertigine di una morte appena evitata, si allontana dalla realtà e dal presente e mette in discussione il significato della propria vita. Mentre l’amore tra i due giovani si complica e diventa sempre più fragile, la città perde la sua familiare atmosfera di libertà e leggerezza: Parigi diventa lo specchio della sua angoscia.
Parigi è nostra: il film Netflix di Elisabeth Vogler
Parigi è nostra è il riflesso del nostro tempo, descritto da una generazione che si sente persa e incapace di stare in questo mondo colpito da attacchi terroristici e violenza sociale, una realtà che impone alla nostra generazione un certo timore: la paura di non avere un lavoro, di non trovare il proprio posto nel mondo. Anna è lo specchio di una generazione che cerca se stessa, una giovane francese che non si riconosce più nel proprio paese. L’incidente aereo è una metafora degli attacchi che i protagonisti si trovano a vivere e a subire e che hanno creato una tremenda paura e una instabilità collettiva.
Il film, progetto sperimentale condotto da giovani appassionati della settima arte, che originariamente doveva essere chiamato Parigi è una festa (riferimento al romanzo di Ernest Hemingway Festa mobile), è una sincera e sensibile elegia al tempo che scorre e alla vita che scivola. Parigi, negli ultimi anni, si sveglia ogni mattina con una spiacevole incertezza sul futuro. Questo sentimento è espresso attraverso il personaggio principale, Anna, che Vogler cattura mentre è immersa nei suoi pensieri, nei suoi sogni e parallelamente in una realtà che non l’appartiene, in cui è al centro ma ne è estranea, come si può vedere in molte scene del film.
Una certa sequenza commemorativa nella Place de la République è la dimostrazione perfetta: Anna passeggia tra la folla e sullo sfondo ci sono migliaia di persone strette nel dolore per commemorare le vittime dell’attentato di Charlie Hebdo. Il personaggio non sembra essere collegato al resto dell’assemblea, il suo itinerario drammaturgico non sembra fondersi con la realtà.
Parigi è nostra è il riflesso del nostro tempo, lo specchio di una generazione che cerca se stessa
Questa sua estraneità le permette di dare vita a sequenze mozzafiato, tra cui quella in cui vaga per la strada mentre ascolta il tributo del presidente Macron a Johnny Hallyday, in cui però scoppia a piangere. Il risultato sono tante riprese differenti, che hanno avuto luogo in diversi momenti a Parigi: le commemorazioni post-terrorismo di Charlie Hebdo, la morte di Johnny Hallyday e l’assemblea generale della Nuit debout.
Lo spettatore è trascinato in un viaggio onirico e psichedelico attraverso una varietà di ricordi diversi e scenari ipotetici, rendendo difficile discernere ciò che è reale e ciò che non lo è. Parigi è nostra utilizza un linguaggio cinematografico che ricorda in molti modi Terrence Malick: c’è una dimensione etica molto evidente, l’uso della voce fuori campo e un certo lirismo visivo in cui il pensiero si declina e indaga il sogno, la morte e l’immaginazione.
Il film infatti usa e mischia sequenze oniriche e realtà, illusioni, incubi e ossessioni, scardinando la linea temporale. Il suo punto di forza per certi versi risiede proprio nella sua tecnica e messa in scena: la fotografia è nitida, le inquadrature scelgono spesso di chiudersi in soggettiva riuscendo sempre a dare spazio alla città, Parigi, che diventa quasi una persona a pieno titolo nella storia, che vive, sente, soffre e muore.
Parigi è nostra è una elegia al tempo che scorre
Il film non inventa nulla nella forma, eppure l’energia del film è difficile da controllare, perché in realtà è raramente il prodotto di una finzione: ci sono scene che sono girate per le strade con persone reali, in cui i protagonisti sono immersi nella loro città, nell’imprevedibile. L’ambizione è quella di catturare l’essenza di un’epoca attraverso Parigi, non ricreando un’atmosfera ma portando il film nel cuore della vita reale. Con questo metodo di immersione, si riesce davvero a cogliere una verità del momento: così il film abbandona la sua storia, affascinato dalla vita che si svolge intorno.
Parigi è nostra è la speranza di una generazione di riappropriarsi di uno spazio, di un tempo e di una vita che sembra sfuggire di mano ogni giorno di più, un’opera sperimentale ambiziosa, traboccante, generosa e audace. Parigi è nostra è disponibile su Netflix dal 22 febbraio 2019.