Permette? Alberto Sordi: recensione del film con Edoardo Pesce
Eccezionalmente al cinema nei giorni di 24, 25 e 26 febbraio, il film tv che omaggia l’Albertone nazionale andrà in onda su Rai Uno il 21 aprile
È un personaggio enciclopedico Alberto Sordi. Una carriera di 60 anni, 200 film e la popolarità alle stelle. Amato sempre da tutti e ricordato ancor di più in questo 2020 per i 100 anni che avrebbe compiuto se non ci avesse lasciato nel 2003, dopo Nestore, l’ultima corsa, Romanzo di un giovane povero e Incontri proibiti. Per la Rai aveva anche confezionato Storia di un italiano, una serie di documentari autocelebrativi che s’intrecciavano indissolubilmente con la storia d’Italia da lui stesso attraversata: guerra, resistenza, il boom economico, crisi, terrorismo e l’ottimismo degli anni ottanta.
Adesso Rai Fiction lo omaggia con Permette? Alberto Sordi. Progetto ambizioso quanto affettuoso di Luca Manfredi e Dido Castelli che hanno sviluppato la sceneggiatura partendo da un soggetto di Fabio Campus. Il film, in prima visione tv programmata al 21 aprile, giorno non casuale corrispondente ai Natali di Roma, porterà nelle case degli italiani agli anni del giovane Alberto fatti di insuccessi e rincorsa alle prime affermazioni come attore. Con una calorosa famiglia alle spalle capitanata dai genitori, pazienti ma severi, interpretati da Giorgio Colangeli e Paola Tiziana Cruciani, le sorelle Aurelia e Savina, e ancora dal fratello Pino, col bel faccione antico di Paolo Giangrasso – già visto peraltro in altre due fiction di casa Rai come Giovanni Falcone e Gianni Minà.
A vestire i panni inamidati di Alberto è l’impensabile Edoardo Pesce. Per corporatura fisica, di gran lunga più grosso di Sordi, per dei precedenti lontanissimi dal grande attore – uno della batteria in Romanzo Criminale, lo sfruttatore spietato in Dogman, addirittura il recentissimo Giovanni Brusca ne Il cacciatore 2 – poteva essere un vero azzardo. D’altronde, con un ruolo del calibro di Sordi lo sarebbe stato con chiunque. In realtà Pesce nella sua carriera ha spesso alternato personaggi molto duri a ruoli in commedie leggere come Se Dio vuole, Viva l’Italia e La verità, vi spiego, sull’amore. Per entrare fisicamente in Alberto Sordi ha utilizzato solo una piccola protesi al naso, ma l’espressività alternata tra malinconia ed esplosività, le sopracciglia a V rovesciata, i saltelli, le camminate e la voce con quella sua romanità riconoscibile quanto un marchio di fabbrica di buon umore sono tutte gemme che Pesce ha tirato fuori senza mai sfiorare nemmeno lontanamente l’imitazione sterile o la mascherata.
Permette? Alberto Sordi: il film Rai e la bella sorpresa di Federico Fellini
Partendo dal doppiaggio di Oliver Hardy, il giovane Alberto affianca prima di tutto Zambuto, celebre doppiatore di Stan Laurel invece, che vede un cameo di Giampiero Ingrassia. Ma il personaggio di cui non si prevedeva il peso narrativo è Federico Fellini. Il giovane romagnolo ci appare come un disegnatore di belle donne e bevitore di latte in attesa della sua chance per diventare un regista e parlare dei suoi sogni. Lo fa uno scanzonato Alberto Paradossi, attore alla prima parte importante che per l’occasione fa sparire il suo toscano originale tramutandosi perfettamente in romagnolo doc. Nel romagnolo destinato a divenire il più famoso al mondo. Dell’amicizia così stretta e originaria dei due ragazzi non si conosceva poi molto. Ma in questo film i loro scambi sono sempre simpatici e toccanti nell’economia della storia. Vederli passeggiare di notte per Roma a parlare di cinema e vita, che per loro furono la stessa cosa, a volte viene un tutto al cuore.
La regia di un figlio d’arte per Permette? Alberto Sordi, il film con Edoardo Pesce
Zampino non da poco è quello del regista Luca Manfredi, figlio di un’altra icona, Nino Manfredi. Proprio grazie a questo Luca ha vissuto i personaggi raccontati nella fiction conoscendoli realmente. Quindi ogni attore è riuscito a seguirlo creando un piacevole clone del suo personaggio. Anche l’Aldo Fabrizi di Lillo Petrolo risulta credibilissimo. Ancora troppo giovane per quella pappagorgia proverbiale che lo caratterizzò dagli anni settanta in poi, Lillo ne acciuffa lo sguardo debordante e quell’essere poeticamente sornione nelle sue lezioni ad Alberto tra cucina romana e recitazione.
Tutto è ambientato tra il 1937 e il 1957. Manfredi sceglie di pulire la sua Roma fascista dalla presenza tedesca. Non è un film sulla resistenza, e l’attenzione viene posta alla crescita umana e attoriale di Alberto. C’è un perseguitato ebreo aiutato dalla diva teatrale Andreina Pagnani, prima grande fiamma di Sordi, ma l’obiettivo del regista resta sempre fedele a una solarità da prime time su rete ammiraglia. L’attrice è incarnata da Pia Lanciotti, mentre a un Vittorio De Sica giocosamente perseguitato da Alberto presta il volto Francesco Foti.
Permette? Alberto Sordi poteva essere tranquillamente espanso come una fiction di quattro puntate, magari abbracciando un periodo più lungo. O regalando uno sguardo in più alla storia intorno. Del resto Pesce ha 40 anni, e avrebbe potuto reggere ottimamente sul set un decennio più dei suoi. Il nuovo prodotto Rai è girato regalando a ogni attore uno spazio libero da inquadrature complesse. Da una parte un buon modo per un racconto leggero e di costume, dall’altro una novità estetica mancata. Però l’importanza principale, qui come non mai, sta nella storia e nei personaggi.
Il film riesce a far ridere tantissimo perché si scopre un nuovo e antico Sordi in versione del tutto inedita. Si scoprono fragilità e tenerezza di figlio e fratello, i rapporti bellissimi con fratelli, genitori, il primo amore e soprattutto la perseveranza nel voler fare l’attore. Anche nonostante quel suo faccione anti-neorealismo. Ai momenti di gioia e riso Manfredi alterna senza furberia piccoli spazi che potrebbero commuovere i veri fan di Albertone. I suoi primi saltelli li fa al cinema, distribuito da Altre Storie come evento di 3 giorni. Poi quasi due mesi di silenzio e lo potremo vedere in televisione.
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