Pet Sematary (2019): recensione del film
Una regia invisibile per un film da cui ci si aspettava decisamente di più.
C’è grandissima attesa ed aspettativa nei confronti di Pet Sematary, il nuovo adattamento cinematografico del romanzo di Stephen King scritto nel 1983, presentato in anteprima nazionale al Comicon 2019 di Napoli e in programmazione in sala dal 9 maggio. Il film, fra gli horror più attesi del 2019, racconta una storia tremenda che ruota intorno alla riflessione sulla morte e sull’elaborazione del lutto, con risvolti sovrannaturali. Esiste già una pellicola che ha adattato il romanzo del re del brivido, datata 1989 e intitolata Cimitero Vivente, un cult horror di fine anni ’80 anche grazie ai bellissimi effetti speciali artigianali.
Ma veniamo a Pet Sematary, che porta nuovamente sul grande schermo la triste storia della famiglia Creed. Anche se con alcuni cambiamenti rispetto all’opera di partenza, il film rende molta più giustizia al romanzo di King per fedeltà, approfondimento dei personaggi e delle tematiche. I protagonisti sono i Creed che per “rallentare un po’ dalla vita cittadina”, decidono di trasferirsi nel Maine, a Ludlow. Louis, il papà, si è trasferito in campagna con la moglie Rachel e i due figli Gage ed Ellie per lavorare come medico scolastico. Anche se la casa scelta sembra quella dei sogni presto la famiglia si accorge che l’abitazione è situata tra una pericolosa strada dove passano camion ad alta velocità e una terra dove sorge un inquietante “cimitero degli animali”. Un evento tragico porterà strane visioni in casa Creed, mentre presto il gatto di famiglia, Chruch, a cui Ellie è affezionatissima, viene ritrovato morto, probabilmente investito. Luis, che non vuol far dispiacere la piccola Ellie, insieme a Jud, un anziano vicino di casa custode dei segreti della terra che è a ridosso di casa Creed, decide di seppellirlo nel cimitero degli animali. Jud però gli mostrerà che poco più avanti c’è un misterioso sepolcreto, luogo che si dimostrerà non essere assolutamente come sembra.
La regia di Pet Sematary ha un grande difetto: è invisibile
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Ci sono film in cui la storia è così potente che in qualunque modo la si metta giù va sempre bene, purtroppo non è questo il caso. La coppia di registi horror Kevin Kölsch e Dennis Widmyer (Starry Eyes, Holidays) mettono in scena un film visivamente didascalico, con un’estetica scialba che si apparenta con il genere drammatico, non regalando speciali emozioni agli spettatori. Il duo alla macchina da presa gioca con i fan della storia scritta da King, riproponendo inquadrature del film del 1989, citazioni e ingannando nei momenti clou. Peccato che l’atmosfera angosciante e la tensione siano messe da parte, relegate solo in poche sequenze buone che finiscono in jump scare. Quello che non viene percepito è il dolore e la follia che si ancora ad una delle domande centrali di questo racconto: “Fino a dove potresti spingerti per rivedere qualcuno?”.
Pet Sematary (2019): un film in cui mancano dolore e follia
Molti dei momenti chiave di Pet Sematary non sono amalgamati al meglio nel film
Non è di certo semplice adattare quello che è considerato uno dei massimi capolavori di Stephen King con tantissimi snodi narrativi, tutti necessari alle finalità della storyline sovrannaturale, ma molti dei momenti chiave di Pet Sematary non sono amalgamati al meglio nel film. La presenza di Victor Pascow, giovane morto investito che lancia messaggi dall’aldilà a Luis e famiglia, è frastagliata, come anche il drammatico racconto della morte di Zelda (ben costruito nel film del 1989), sorella di Rachel affetta da meningite spinale, è fulmineo e poco incisivo. Il film sembra essere diviso in due: la prima metà è tutta dedicata allo sviluppo drammatico dei personaggi, la seconda invece spinge sull’acceleratore con la tensione che sale e i momenti horror. La chiave di volta è il gran colpo di scena (frutto della scelta degli spettatori che hanno assistito per primi agli screening test a cui è stata sottoposta una doppia versione nel finale) che riserva anche una certa ironia e che risolleva il livello medio del film a quanto pare.
Forse il vero problema di Pet Sematary è la sceneggiatura di Jeff Buhler (The Prodigy – Il Figlio del Male e Nightflyers) che con cognizione di causa punta sull’approfondimento dei personaggi e sulla tematica della morte, argomenti ancor più approfonditi nel libro e del tutto assenti nel film del 1989. Nonostante queste riflessioni il film è comunque piacevole, proponendo un horror pensato per il grande pubblico, che non osa ma offre linearità.
Il gatto Church e la sua padroncina Ellie sono davvero inquietanti in Pet Sematary
Tutti gli attori di Pet Sematary sono in parte ma non brillano per le interpretazioni: la follia di Luis Creed interpretato da Jason Clarke (Everest, First Man) è quasi assente, John Lithgow nei panni del vicino Jud non è per niente ambiguo, la piccola che torna dall’aldilà Jeté Laurence (Jessica Jones) è l’unica su cui sembra che sia stato fatto un lavoro di interpretazione approfondito, offrendo grande credibilità e sguardi davvero inquietanti. Menzione speciale al micio Chruch che con le sue soffiate e quegli occhi gialli vi farà ricordare sempre che i gatti sono creature del demonio… meglio tenerseli amici!