Piano Piano: recensione del film di Nicola Prosatore
Dopo al serie TV Netflix Wanna Nicola Prosatore debutta sul grande schermo con un film particolare, al cinema dal 16 marzo 2023.
Prima di parlare di Piano Piano, il film di Nicola Prosatore, occorre parlare di realismo magico. Non si tratta di un genere, piuttosto di una via, o di un modello narrativo e stilistico di riferimento al quale una nuova ondata di registi nostrani – e ancor più specificatamente partenopei – ha cominciato a guardare, approcciando racconti di vita assolutamente realistici con un linguaggio a metà strada tra favola sospesa e documentarismo schietto, dando vita ad un cinema quasi sempre onirico, superstizioso, fuori dal tempo, contaminato e con un occhio al passato che guarda tanto al De Sica di Miracolo a Milano, quanto all’Olmi di L’albero degli zoccoli, suggerendo qua e là quella lontana – ma presente – riflessione Ferrantiana che se un tempo restava nell’oscurità, oggi spopola, senza riserva alcuna.
Napoletanità e Universalità
Piano Piano di Nicola Prosatore appartiene a questa linea di pensiero cinematografico, pur non gridandola ed estremizzandola mai, restando anzi un film estremamente rispettoso, atipico, nostalgico e sognatore, caratteristiche queste che contraddistinguono soltanto i film che restano, tanto nella nostra memoria di spettatori, quanto in quella collettiva che è propria della storia di un cinema, in questo caso, quello italiano. È verissimo, Piano Piano è un piccolo film, proprio perchè privo di toni sensazionalistici, ma nonostante questo, risulta essere colmo di un’emotività, di un sentimentalismo e desiderio di vita difficilmente rintracciabili altrove, poiché nulla di tutto questo rimanda all’esperienza irraggiungibile, piuttosto al nostro vissuto, dialogando con tutti noi così efficacemente da rendere Piano Piano uno di quei rarissimi prodotti cinematografici davvero complessi da dimenticare.
Pur avendo tirato in ballo il nome di Elena Ferrante – perciò il pensiero autoriale – che ormai corrisponde direttamente alla città di Napoli, è necessario riflettere sul fatto che la produzione Ferrantiana non sia mai riuscita realmente ad oltrepassare quei confini proprio perché interessata alla fotografia di un’epoca precisa, di una Napoli precisa, privandosi dunque della possibilità di sfruttare il contesto rendendolo in qualche modo universale, operazione che avrebbe senz’altro permesso al suo pubblico di pensare a quelle narrazioni come possibilmente trasferibili e collocali in moltissime altre realtà spazio-temporali italiane e non. Ultimamente qualcuno ci ha provato è vero, specialmente a Hollywood e la percezione cinematografica si è rivelata chiaramente anomala, poiché è sempre estremamente complesso ricollocare qualcuno o qualcosa che non desidera affatto essere ricollocato.
Ci sono autori e autrici però che pur ambientando – per esigenze narrative, di luogo, di aderenza al reale e così via – le loro opere nel contesto tipicamente napoletano all’interno del quale esse sono nate e in qualche modo scaturite – soprattutto gli adattamenti da storia vera e Piano Piano lo è – si sono rivelate e rivelati capaci di filtrare quella loro narrazione come assolutamente universale, perciò trasferibile altrove, sfruttando quel contesto di luogo come semplice sfondo, particolare e riconoscibile sì, ma allo stesso tempo specchio di molte altre realtà similari.
Uno di questi autori è proprio Nicola Prosatore, il regista di Piano Piano, un film personale ed intimo che sorprende per sincerità, emotività e coraggio nell’affrontare il sentimento adolescenziale per tutto ciò che è, dall’innamoramento più puro, fino alla perdita dell’innocenza, passando per la sperimentazione sessuale e il desiderio del proibito.
Prosatore infatti, pur raccontando e mostrando una napoletanità riconoscibilissima, riesce nell’impresa molto spesso ardua e complessa di filtrare tutto quell’universo umano e in qualche modo emotivo e caratteristico attraverso la consapevolezza dell’esperienza comune. Il legame che nasce tra Anna (una splendida, sensuale e solidissima Dominique Donnarumma) e Peppino (Giuseppe Pirozzi, che è un Anton Yelchin de’ noantri) ne è infatti la chiave e il nucleo più profondo. Nessuno dei due corrisponde unicamente a dei criteri napoletani e locali, piuttosto a dei caratteri umani universali che si riflettono sul vissuto di tutti noi, riportandoci indietro e mostrandoci il cammino molto spesso travagliato, eppure fortemente sentimentale, travolgente, ossessivo e necessario che ha inizio con il periodo dell’adolescenza e che si conclude con la perdita dell’innocenza e la scoperta della sperimentazione del proprio corpo, dei propri istinti, dunque del sesso.
Non è casuale che Anna perda la sua innocenza con il sopraggiungere del suo primo ciclo mestruale, evento che inevitabilmente segna la crescita, sottolineata appena dopo dalla discesa di Anna nel tunnel, laddove la scoperta di quel poster erotico – e di tutto ciò che gli è oltre – conferma quanto l’adolescenza significa anche e soprattutto consapevolezza del desiderio, curiosità della ricerca, così come del potere sprigionato dall’osservazione e dalla sperimentazione, di quello che prima era proibito e irraggiungibile e che diventa allora, e solo allora, concreto rito di passaggio.
Desiderio voyeuristico e sperimentazione sessuale
Piano Piano è un film particolare, per via di una volontà autoriale assolutamente personale, originale e distinguibile, perciò capace di combinare tra loro i linguaggi narrativi ed estetici che sono propri della favola moderna, del fumetto e del videogame anni ’80, dando vita ad un’idea di cinema non soltanto irrintracciabile, ma di grande ispirazione.
Partendo da una scelta precisa di tono e gioco coi generi, il film di Nicola Prosatore si fa lentamente strada tra la nostalgia più candida del sentimentalismo innocente che è proprio dell’adolescenza, e il coraggio molto spesso mancante – soprattutto nel cinema nostrano – rispetto alla fotografia lucidissima e sincera di quel momento vitale, unico e irripetibile, durante il quale il proibito deve essere raggiunto, partendo dall’osservazione (Anna ha un costante ruolo voyeuristico, sia attivo che passivo), giungendo poi alla sperimentazione (Il desiderio carnale che Anna e Peppino condividono e che trova sfogo nella masturbazione) e all’azione conclusiva, quella dell’incontro vero e proprio, che allo spettatore non è concesso osservare, se non per un solo grande bacio.
Piano Piano è un film di sentimenti, di verità e di esperienze corporee, sensoriali ed emotive che una volta tanto non rispondono a degli stilemi e topos che sono tipici del cinema teen, piuttosto ad una sincerità e ad un realismo così profondi, quotidiani e sorprendenti da conquistare perfino lo spettatore più imperturbabile e che ci rimandano ancora una volta a quel realismo – o neorealismo? – magico che incuriosisce sempre più autori del nostro panorama cinematografico.
Che bel film questo di Nicola Prosatore e che bravi i due giovani interpreti Dominique Donnarumma e Giuseppe Pirozzi – così come tutto il resto del cast che vede tra gli altri Antonia Truppo, Giovanni Esposito e Antonio De Matteo –, entrambi alle prime esperienze sul grande schermo eppure di una solidità e presenza scenica incredibili.
Così come Io non ho paura di Gabriele Salvatores, anche Piano Piano di Nicola Prosatore racconta e dimostra quanto la potenza del sentimento giovane riesca ad andare oltre la violenza e le leggi pericolose e obbligatorie di un determinato contesto sociale, illuminando la bellezza dell’innocenza, ma anche quella della sua perdita attraverso un sorprendentemente coraggioso e seducente percorso di scoperta e sperimentazione sessuale, perciò di attrazione e in qualche modo anche di dominazione.
Al cinema dal 16 marzo 2023, distribuito da I Wonder Pictures, il film si avvale della colonna sonora di Francesco Cerasi (edita da Edizioni Curci), disponibile in digitale.