Pimpinero: Morte e contrabbando – recensione del film Prime Video
La recensione del thriller d’azione diretto dal colombiano Andrés Baiz, disponibile su Prime Video dal 22 novembre 2024.
Se vi piacciono le storie di criminali e gangster latino-americani in stile Narcos o Griselda, allora Pimpinero: Morte e contrabbando è il film perfetto per voi, perché nella nuova fatica dietro la macchina da presa di Andrés Baiz, disponibile su Prime Video dal 22 novembre 2024 dopo l’anteprima mondiale al Toronto International Film Festival, c’è tutto il campionario classico del filone in questione.
Pimpinero: Morte e contrabbando è un thriller d’azione nelle cui vene narrative e drammaturgiche scorre un cocktail di sangue, benzina, piombo, sabbia e polvere
Il regista colombiano del resto è un discreto cultore della materia proprio per il fatto di averla maneggiata in più di un’occasione dirigendo numerosi episodi delle suddette serie, oltre che pellicole come Satanás, The Hidden Face e Roa. Il ché lo ha aiutato sicuramente a trasferire sullo schermo quelli che sono gli ingredienti di un thriller d’azione dalle tinte crime, nelle cui vene narrative e drammaturgiche scorre un cocktail di sangue, benzina, piombo, sabbia e polvere, che ci porta nel deserto al confine tra Colombia e Venezuela, laddove i contrabbandieri di benzina noti come “pimpineros” rischiano ogni giorno la vita trasportando carburante illegale attraverso un paesaggio aspro e spietato. Ed è questo ostile scenario di frontiera che fa da cornice alle pagine di un romanzo criminale che incrocia senza soluzione di continuità dramma, adrenalina, temi morali, tradimenti, legami familiari e anche amori ardenti che bruciano e si consumano rapidamente come la benzina che a loro rischio e pericolo, per soldi e potere, i protagonisti di turno spostano da un Paese all’altro cercando di eludere i controlli delle polizie locali.
Per non deludere le aspettative e le richieste, il regista colombiano preferisce rimanere nei margini di sicurezza di un sotto-genere già codificato e delimitato da modus operandi ben precisi
Insomma non manca nulla all’appello per completare la ricetta tradizionale e consegnare agli spettatori tutto ciò che una storia come questa deve necessariamente offrire. Il cineasta di Cali e la sua complice in fase di scrittura, María Camila Arias, ne sono perfettamente consapevoli e infatti il risultato rispecchia quelli che sono i temi, gli stilemi e soprattutto le esigenze di una trama che per non deludere le aspettative e le richieste preferisce rimanere nei margini di sicurezza di un sotto-genere già codificato e delimitato da modus operandi ben precisi oltre i quali gli autori decidono di non andare. Viene da sé che la narrazione e i personaggi che la animano si tramutano in fotocopie di un copione già visto e sentito, con dinamiche e conflitti domestici (la trama ruota attorno ai tre fratelli Estrada), sentimentali (quello che lega Juan e Diana) e criminali (il traffico di benzina e poi di esseri umani) che non offrono al fruitore nulla di nuovo e di significativo rispetto al menù tradizionale. Semmai da portarsi dietro della visione sono la tensione che Baiz dimostra ancora una volta di saper creare, gestire e restituire al pubblico, ma anche la fotografia di Mateo Londoño che rende il deserto della Guajira una distesa apocalittica al quale il caldo asfissiante partecipa in maniera attiva al dramma di fondo. Discontinue e non sempre all’altezza invece le performance attoriali, salvo quella di Laura Osma che con il ruolo di Diana lascia il segno per bellezza mozzafiato e intensità interpretativa.
Pimpinero: Morte e contrabbando – valutazione e conclusione
Dal regista di Narcos e Griselda un thriller d’azione ambientato nel crudo scenario della frontiera tra Colombia e Venezuela che incrocia dramma, adrenalina e temi morali. Con Pimpinero: Morte e contrabbando, il cineasta Andrés Baiz esplora il mondo violento e pericoloso dei contrabbandieri di benzina che rischiano la vita quotidianamente per soldi, amore e potere. Il risultato è un film dalla tensione febbrile, che ha nella regia e nella fotografia i suoi punti di forza, mentre le performance attoriali non sempre convincono. La scrittura cavalca e replica alla lettera i canoni e gli stilemi del crime e del gangster-movie, mettendoli a disposizione di una narrazione che non ha nulla di originale e di personale da raccontare.