Pinocchio Reborn: recensione del corto di e con Matteo Cirillo
Il favoloso corto di Matteo Cirillo ribalta il senso del giusto e ci fa riflettere sul significato dell'umanità. Sicuri di non essere solo pezzi di legno?
Cosa potrebbe accadere in un mondo in cui a ogni cattiva azione ci si trasforma a poco a poco in un burattino? Probabilmente, sarebbe un pianeta fatto solo di pezzi di legno, un mondo senza umani, libero dal peccato e dalla bugia. Pinocchio Reborn, il cortometraggio diretto e interpretato da Matteo Cirillo (che si è occupato anche della sceneggiatura insieme a Gianno Corsi), è una riflessione tangibile e tremendamente reale che spacca in due e per sempre il concetto stesso di umanità e di giustezza, prendendo le mosse dalla storia di quel burattino che sognava di diventare un bambino vero e che si è sudato l’umanità giurando di non dire più bugie, pena un vistoso allungamento del naso.
Ma cosa succede a Pinocchio dopo? Probabilmente nessuno se lo è mai chiesto e invece il cortometraggio, presentato alla 19ma Festa del Cinema di Roma nella sezione Alice nella Città, parte proprio da questo interrogativo, dirottandoci in un presente in cui il protagonista di uno dei libri più letti e tradotti al mondo non riesce proprio a raccapezzarsi col reale – con ciò che gli hanno detto essere giusto e imprescindibile per essere umano – e con la società che lo circonda, fatta di tanti prototipi del Gatto e la Volpe: furbastri, truffatori, manipolatori.
Pinocchio Reborn non è una favola, ma la vita vera
Cosa accadrebbe se un ragazzo se ne andasse in giro spacciandosi per Pinocchio e dicendo di aver ereditato “la bottega di papà”, di non poter dire bugie, altrimenti gli si allungherebbe il naso? Quel ragazzo, che Matteo Cirillo interpreta con una nota di ironica malinconia, viene preso per pazzo. Perché il mondo non è dei buoni o dei generosi, è dei furbi; di chi sa barare. Urge dunque adeguarsi, limare questa debolezza che è la bontà, anche se combacia con l’umanità. E allora che si fa? È sbagliato il mondo o è sbagliato Pinocchio?
Il corto ci lascia nel limbo, in una terra di mezzo in cui concepiamo profondamente tutte le sfaccettature psicologiche e morali che fanno acquisire valore alla nostra natura, senza comunque darci nessuna via di fuga. Entrano in gioco tutte le dicotomie della società e va decostruendosi quella certezza del protagonista, in un susseguirsi di diapositive che rasentano l’assurdo e strappano un sorriso.
Girato tra Roma e Taranto e prodotto da Piranesi Experience con il supporto di MEDIA Europa Creativa, MIC, Pinocchio Reborn (finanziato dalla Regione Puglia e realizzato dalla Fondazione Apulia Film Commission) gode di una fotografia che lascia emergere la pastosità dei colori, introiettandoci in un ambiente caldo e accogliente e dandoci l’impressione che la scena si stia consumando in una realtà parallela. Un mondo che è riflesso degli insegnamenti, del nostro io più ingenuo, atavico e puro, quello a cui dovremmo porre domande e dal quale dovremmo pretendere delle risposte. Un mondo che è filtrato a fasi alterne da una luce che inonda la scena, mentre ce la lascia scorgere in penombra laddove la ragione vacilla.
Pinocchio Reborn: valutazione e conclusione
In conclusione Pinocchio Reborn si inserisce nella trasposizione cinematografica del romanzo di Carlo Collodi e lo fa a piccole dosi e autenticamente, senza mai perdere contatto col presente, rimembrando allo spettatore che il potere dell’arte, prima ancora che intrattenere, è quello di interrogare, di sondare il fondo perduto del nostro io.