FEFF 2023 – Plan 75: recensione del film giapponese con Baisho Chieko
In un futuro prossimo venturo, in Giappone, il governo offre a chi compie 75 anni l'eutanasia in cambio di supporto finanziario. L'anziana Michi, una volta perduto il lavoro, decide di aderire al programma...
Plan 75, esordio alla regia della regista giapponese Hayakawa Chie, arriva in Italia – prima al 25° Far East Film Festival di Udine, poi nelle sale italiane a partire dall’11 maggio, grazie alla distribuzione della Tucker Film – avendo già fatto molta strada: il film è stato infatti presentato in anteprima al Festival di Cannes 2022 nella sezione Un Certain Regard (e premiato con una menzione speciale della Camera d’Or), e si è rivelato un ottimo incasso – decisamente a sorpresa – negli Stati Uniti.
La sua forza risiede principalmente nel suo assunto di partenza: siamo in piena distopia, in un futuro prossimo venturo uguale al nostro in tutto e per tutto in cui il governo favorisce un clamoroso nuovo progetto: il “Piano 75”, appunto, che promuove l’eutanasia volontaria tra gli anziani dai 75 anni in su. Come vivreste sapendo che la società si vuole sbarazzare di voi in quanto ritenuti superflui? Entro quali confini rinchiudere la dignità umana, in uno dei Paesi col più alto tasso di invecchiamento al mondo?
“Gli esseri umani non possono scegliere la loro nascita, ma è una buona idea poter scegliere la propria morte”
Quello di Plan 75 non è un soggetto nuovo: l’idea era già contenuta in uno degli episodi del film antologico Ten Years Japan, presentato sempre al FEFF nel 2019. Per il resto, il film di Hayakawa sembra una ardita fusione tra la delicatezza esistenziale delle opere di Kore-eda Hirokazu (Palma d’Oro a Cannes nel 2018 con Un affare di famiglia) e uno dei frammenti grotteschi e fantascientifici della serie televisiva Black Mirror, con l’irresistibile gusto per il paradosso qui mitigato da un respiro malinconico e profondamente umano.
Le storie sono tre, a comporre un quadro d’insieme sfaccettato e articolato. La più centrata e importante è senza dubbio quella della 78enne Michi (interpretata dalla star nipponica Baisho Chieko, vincitrice a Udine del premio alla carriera), che viene licenziata dall’hotel in cui lavora a causa delle lamentele dei clienti, rattristati dalla visione di persone anziane ancora in attività. Ma per Michi il lavoro è vita; una volta privata della sua ragion d’essere, cos’altro le può davvero restare se non la morte?
Plan 75: il peso politico di una distopia possibile
Gran parte della sensazione di disagio che si respira in Plan 75 deriva dal contrasto tra il volto allegro del programma e la sua squallida realtà: funzionari, dipendenti e burocrati mercanteggiano pacchetti di morte personalizzati con lo stesso tono con cui venderebbero assicurazioni d’auto. L’esistenza è un oggetto come un altro, tutto si riconduce al profitto, gli esseri umani diventano numeri da incasellare. Cosa rende, allora, una vita degna di essere vissuta? Una domanda che trova risposta nelle scene di Michi che lava il suo ultimo piatto e si gode una nebbiosa mattina all’alba sul balcone del suo appartamento in un grattacielo.
Considerato che nello stesso periodo delle riprese un intellettuale giapponese di nome Yusuke Narita è salito alla ribalta sostendendo che il suicidio di massa degli anziani giapponesi fosse necessario per far progredire il Paese, si capisce quanto il peso della pellicola sia fortemente politico e attuale. E anche quanto, nella sua dimensione crepuscolare, il discorso sia aperto e mai consolatorio. La storia è in divenire, l’happy ending sarebbe una scorciatoia posticcia e inadeguata. Più realistico e probabile, allora, immaginare un tg che dichiara come il Piano 75 sia un successo… tanto che il governo sta pensando di abbassare l’età di accesso a 65 anni.
Plan 75: valutazione e conclusione
Impreziosito dall’interpretazione malinconica e discreta di Baisho Chieko, Plan 75 è un film che alterna delicatezza e cinismo, ampliando la sceneggiatura di un cortometraggio (episodio di un film antologico) del 2018. Regia discreta e invisibile, fotografia asciutta e musica mai invasiva contribuiscono al tratteggio di una storia che, parlando di distopia, guarda in realtà con disincanto alla nostra contemporaneità.