Prendi il volo: recensione del film d’animazione di Benjamin Renner
Il film, presentato al Festival Internazionale del film d'Animazione di Annecy, è al cinema a partire dal 7 dicembre 2023, prodotto da Illumination Entertainment e distribuito da Universal.
L’attrazione verso l’ignoto, la sete di conoscenza, lo spirito d’avventura, la paura e la curiosità; dopo i successi di Minions e Cattivissimo Me, Illumination Entertainment torna con un battito d’ali e presenta Prendi il volo, nuovo film d’animazione diretto dal fumettista francese Benjamin Renner (Ernest & Celestine) e co-diretto da Guylo Homsy. La pellicola, scritta dalla mano esperta di Mike White (noto per aver scritto e diretto la serie TV The White Lotus) e musicata dall’estro artistico di John Powell (The Bourne Ultimatum, Kung Fu Panda, Don’t Worry Darling), è stata presentata in anteprima, tramite una sequenza di soli 25 minuti, al Festival Internazionale del film d’Animazione di Annecy e viene distribuita in Italia, a partire dal 7 dicembre, da Universal Pictures. Le voci del cast originale dell’opera vedono la partecipazione, tra gli altri, di Awkwafina (Chump), Danny DeVito (Dan), ed Elizabeth Banks (Pam) mentre, nella versione italiana, emergono sicuramente le prove di Serana Rossi (Pam) e Francesco Scianna (Mack).
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La trama di Prendi il volo
I Mallard sono una famiglia di germani reali, capostipiti delle maggior parte delle razze domestiche di anatre; la loro esistenza ruota attorno alle acque dello stagno del New England, lontano dal quale non si muovono mai, date le premure e le angosce dell’iperprotettivo padre di famiglia, Mack, contento di poter mantenere i suoi cari in acque e luoghi sicuri. Dall’altra parte, l’intraprendenza della madre Pam, che invece aspira ad uno stravolgimento della routine familiare per poter mostrare il mondo ai due figli, Dax e Gwen, viene stimolata e sospinta dall’arrivo di una famiglia di anatre migratorie che raccontano ai protagonisti le loro avventure, descrivendo la straordinarietà di luoghi lontani.
Convinto il marito ad intraprendere il viaggio con tutta la famiglia, anche in presenza del burbero e pigro zio Dan, Pam parte con i suoi alla volta della Jamaica tropicale, sorvolando il cielo di New York. L’itinerario pensato dalla famiglia subisce diverse deviazioni, permettendo ai Mallard, tra una peripezia e l’altra, di conoscere il mondo attraverso l’incontro con varie specie di volatili dalle accentuate peculiarità e molto distanti da loro, sia in termini geografici che in quanto ad abitudini e personalità, e permettendogli, soprattutto, di conoscer meglio sé stessi aprendosi all’altro.
Uscire dal guscio
La pellicola dall’alto tocca tematiche molto terrene, con un’accurata caratterizzazione dei personaggi che fa sì che le dinamiche familiari rappresentate dal regno animale si prestino facilmente ad un’immediata identificazione del pubblico; con esse, il film tenta di trasmettere quel bisogno di aprirsi, di spiegare le ali e spiccare il volo verso l’ignoto, facendosi man forte delle proprie certezze. Bisogna uscire dal guscio, uscire da quell’involucro all’interno del quale i protagonisti sono prigionieri di sé stessi, per poi scoprire le peculiarità altrui, scoprire un’indole complementare a quella dei propri cari e imparare gli uni dagli altri. I Mallard scoprono il mondo, superando ostacoli all’apparenza invalicabili, poiché forti della loro unione e di un’attrattiva verso l’esterno bilanciata dall’attaccamento del padre alla propria vita abitudinaria e sicura, quella vita in cui conta più la salvaguardia dei propri affetti piuttosto che una risposta alle loro incertezze e una soddisfazione delle loro aspirazioni.
Prendi il volo: valutazione e conclusione
Il primo grande obbiettivo raggiunto dai registi Benjamin Renner e Guylo Homsy e dallo sceneggiatore Mike White si ravvede, pertanto, nella capacità di migrare l’umanità in corpi e forme animali, caratterizzando perfettamente dei personaggi capaci di ricostruire le dinamiche rapportuali interne alla famiglia. Viene dimostrata un’ottima padronanza del mezzo da parte dei registi, grazie soprattutto ad alcune meravigliose riprese dall’alto, tra le quali si distingue l’utilizzo della soggettiva in volo. A contribuire alla riuscita emotiva del film vi è poi l’apprezzabile lavoro di John Powell che, con la sua colonna sonora, attribuisce ricercatezza e autenticità ad un’opera che poggia sull’ironia e sull’ilarità dei suoi protagonisti.
I modelli a cui la pellicola si ispira, si evincono chiaramente e si rifanno a grandi classici dell’animazione, come Madagascar e Alla ricerca di Nemo, non contribuendo così all’originalità del soggetto, che rimane comunque apprezzabile per propria capacità trasmissiva e per la necessità odierna di alcuni concetti.
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