Primula Rossa: recensione del film di Franco Jannuzzi
Esce nelle sale cinematografiche il film di Franco Jannuzzi che cerca di ricostruire la dignità umana e sociale tra le esistenze dei pazienti di un'ospedale psichiatrico giudiziario
Primula Rossa, l’opera prima di Franco Jannuzzi, condivide nella struttura registica il medesimo destino semantico dell’argomento portante della narrazione, ovvero la Legge Basaglia del 1978. Da un punto di vista lessicografico Legge Basaglia e Primula Rossa sono due prodotti, giuridico e artistico, costruiti tramite un identico processo di denominazione: la persona. Nella rappresentazione scenica greca il concetto di persona indicava la maschera indossata dall’attore, giungendo per astrazione a indicare il personaggio in sé che l’attore impersonificava. Basaglia, invero lo psichiatra Franco Basaglia, rappresenta letteralmente la persona che nel comune uso del parlato identifica la riforma sanitaria italiana sullo statuto dei manicomi psichiatrici, la legge n. 180 del 13 marzo 1978; al tempo stesso F. Basaglia è il personaggio reale grazie al quale è stata resa possibile l’inchiesta parlamentare sulle condizioni di vita di coloro che erano costretti a vivere in manicomio. La sceneggiatura del film utilizza in uguale maniera questo procedimento scenico: il protagonista del film è persona dietro il titolo narrativo dell’opera ed persona dietro l’attore che ha la funzione di personaggio nell’intreccio narrativo.
L’intelligenza nella sceneggiatura curata da Massimo Barilla consiste nello svelare allo spettatore il meccanismo scenico alla base del film tramite molteplici tecniche di cinematografica rottura della quarta parete, spingendosi fino ad annullare completamente la sospensione dell’incredulità nel finale della pellicola. Primula Rossa affida l’impatto emotivo del finale della narrazione attraverso riprese del backstage del film in cui il concetto di persona decade perché il personaggio della finzione scenica (Ennio, interpretato da Salvo Arena) è sostituito dall’uomo la cui biografia è stata ispirazione per la creazione di Ennio stesso (Ezio Rossi, ex membro dei Nuclei Armati Proletari).
Primula Rossa: una sceneggiatura intelligente nel film di Franco Jannuzzi
In Primula Rossa le scelte di montaggio rivelano i più evidenti tentativi di evidenziare il realismo tramite espedienti metacinematografici: rivelare la figura del narratore presente dietro il voice over nell’atto di leggere il copione della sceneggiatura o mostrare videointerviste originali tratte dagli archivi del Parlamento italiano senza effettuare i crop necessari a evitare che lo spettatore ascolti le indicazioni dell’aiuto regista nel disporre in scena i poliziotti della penitenziaria o gli infermieri o i pazienti prima di un’intervista. Le didascalie presenti tra un intermezzo e un altro del film presentano ugualmente l’intento comunicativo di avvicinarsi al pubblico tramite l’utilizzo retorico della prosopopea o della personificazione. Questo utilizzo emotivo del montaggio risulta gradevole; di contro risulta poco piacevole è la costruzione grammaticale dei campi nelle scene dialogiche.
Il materiale storico delle videointerviste che documenta la vita negli istituti psichiatrici, presente in Primula Rossa, possiede una forte carica empatica che subisce un leggero depotenziamento emotivo a causa di un montaggio sonoro a tratti eccessivamente lirico. Alcune parti di quella documentazione visiva sono utilizzate in una mostra intitolata Museo della Follia, curata da Vittorio Sgarbi: un’installazione della mostra riguarda la proiezione di parti del materiale visivo raccolto durante l’inchiesta parlamentare sugli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG): la documentazione possiede un montaggio sonoro a tratti assente che rende maggiormente potente il pathos drammatico delle scene sullo schermo. La recitazione degli attori utilizza talvolta il silenzio per enfatizzare l’azione scenica, spingendosi vero la pantomima che trasmette con grazia il dolore finale di Ennio in riva al mare o i dubbi di Lucio (interpretato da David Coco) dopo una giornata di lavoro. Nonostante il paragone sia iperbolico la costruzione scenica causa un senso di smarrimento dell’identità dei personaggi e un sentimento di isolamento causato dalla chiusura degli OPG non lontani dalla rottura metacinematografica di Lars von Trier in Dogville tramite il tentativo del regista danese di creare una comunità urbana unicamente tramite delle linee di perimetria nel suolo.
In Primula Rossa l’OPG di Barcellona Pozzo di Gotto ricorda l’ultimo grido di Oscar Wilde prima che un’esecuzione condanni a morte la morale umana
La fotografia degli spazi aperti riesce a trasmettere con forza i colori della melancholia, dal bianco delle pareti che ricorda la calura dei macchiaioli (come nel dipinto In vedetta, o Il muro bianco, di Giovanni Fattori) al forte cobalto delle sirene della polizia, del mare, del crepuscolo; di contro gli ambienti interni soffrono di una leggera saturazione che spinge i colori verso tonalità grigie e seppia. La sceneggiatura riesce a utilizzare l’ambivalenza cromatica creando parallelismi letterari: nel clima di oppressione clinica dei manicomi la narrazione della morte di Laura Persico nel marzo del 1977 per mano del compagno di vita Ennio/Ezio riesce a ricordare in pieno la denuncia sociale di Oscar Wilde contro il sistema carcerario inglese in La ballata del carcere di Reading (come in Primula Rossa, anche nell’opera del poeta inglese il dramma della detenzione forzata era rappresentato da un uomo che uccise nel sangue la propria compagna).