Venezia 80 – Priscilla: recensione del film di Sofia Coppola
Priscilla è il biopic di Sofia Coppola presentato in concorso a Venezia 80. La storia è quella di Priscilla Presley, la moglie di Elvis.
Sofia Coppola si cimenta nuovamente nel genere biopic declinato al femminile. Nel 2006 aveva raccontato la giovinezza della più celebre regina di Francia in Marie Antoniette, nel 2023 racconta l’adolescenza e l’acquisizione di consapevolezza di un’altra regina, quella del rock ‘and‘ roll, Priscilla Presley: il film mette in scena il periodo che corre tra il suo fatidico incontro con Elvis, il loro matrimonio durato dal 1967 al 1973, fino al suo abbandono di Graceland. Priscilla è tratto dall’autobiografia letteraria Elvis e io del 1985 scritta da Priscilla Presley; presentato nel 2023 alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia è in uscita nelle sale italiane dal 27 marzo 2024 con Vision Distribution.
Quella di Priscilla Presley è la favola che tutte avrebbero voluto vivere?
Tutti hanno sognato ad occhi aperti di essere scelti dai propri idoli come compagni di vita. Ma quali sono i compromessi da accettare quando d’un tratto si diventa la musa di una delle rockstar più famose al mondo? Se lo sarà chiesto molto presto Priscilla, considerando che ha stregato Elvis Presley quando aveva soli 14 anni. Lei stava vivendo il suo sogno, lui era rimasto abbagliato dal suo candore. Sofia Coppola continua la sua poetica del femminile mettendo in scena un personaggio che cerca di scappare dalla gabbia in cui l’hanno rinchiusa. La sua gabbia si chiama Elvis e tutto ciò che gli ruota intorno: non può interferire con il suo percorso artistico, non può vestire di rosso perché lui dice che le dona il blu, non può giocare con il suo barboncino nel giardino di Graceland perché dà spettacolo davanti ai fan, non può lavorare perché il suo ruolo è quello dell’angelo del focolare.
Divieti che costringono Priscilla e non le permettono di sentirsi realmente libera. Costretta anche nella sua scoperta sessuale: Elvis la vedeva come un angelo, un qualcosa di sacro che non può essere profanato.
Una donna che vive nell’ombra del suo uomo
Quello che sembrava essere un castello, Graceland, in realtà si rivelerà essere la prigione (dell’anima) di Priscilla. Plasmata da Elvis in tutto e per tutto, anche nella scelta del colore dei capelli e su quale make-up indossare, Priscilla deve reprimere i suoi sentimenti se vuol rimanere vicino a quello che è stato uno degli uomini più desiderati dalle donne negli anni 50\60. Sofia Coppola prova a mostrare la trasformazione identitaria di una donna in un’epoca dove le donne dovevano stare a casa, dove ciò che accadeva nella coppia in privato era tabù, dove la violenza psicologica e fisica era completamente nascosta e mai denunciata.
Estetica cool e immagini pop
Abiti (Stacey Battat) e scenografie (Tamara Deverell) ricostruiscono in modo emozionale il periodo romantic rock degli anni ’50 e ’60. La fotografia ad opera di Philippe Le Sourd, non delinea troppo i contrasti, bensì sceglie colori pastello per mostrarcela con gli occhi ingenui di Priscilla e ricostruisce alcune sequenze imitando la pellicola in 4:3 dell’epoca. La regia è estremamente pop, cifra stilistica di Sofia Coppola già ritrovata nei precedenti lavori: l’incontro fiabesco tra il principe e la principessa, la scena del fitting al negozio di abiti alla Pretty Woman, l’applicazione dell’eye-liner e lo spruzzo di lacca per tenere su la cotonatura.
I due protagonisti sono invece azzeccati. Le interpretazioni certo sono trattenute, come impone la sceneggiatura che punta a primi piani e dialoghi molto semplici, ma Jacob Elordi (Euphoria) e Cailee Spaeny (Il rito delle streghe) sono giovani e belli al punto giusto per queste parti.
Priscilla resta sotto la sua campana di vetro
Strano che il titolo del film non abbia ripreso il titolo dell’autobiografia perché, anche se il punto di vista è principalmente quello di Priscilla, la narrazione si concentra di più sul rapporto tra Priscilla ed Elvis. Un rapporto d’amore controverso, con al centro una ragazzina che si misura con una situazione più grande di lei, con sentimenti che vorrebbero esplodere e invece, a causa della visibilità a cui è esposta, restano repressi. In un certo senso, forse è naturale che sia così, la figura di Elvis cannibalizza quella di Priscilla. Sofia Coppola si limita a raccontare le evoluzioni cronologiche della storia d’amore tra Elvis e “Cilla” senza creare un vero e proprio climax che non fa esplodere quella campana di vetro da cui deve uscire la protagonista.
Le emozioni di Priscilla fanno fatica ad arrivare allo spettatore, tutto resta sussurrato e il ritratto di questa donna che fa fatica a trovare la sua strada resta troppo in superficie.
Priscilla: valutazione e conclusione
Il biopic di Sofia Coppola non emoziona quanto avrebbe potuto. La protagonista di una storia d’amore e di crescita così potente e controversa avrebbe meritato maggiore enfasi. L’assenza poi della musica di Elvis e i riferimenti culturali dell’epoca creano un vuoto. La sensazione dopo la visione è che a questo film manchi maggiore spinta emotiva.