Pronti a morire: recensione dello spaghetti-western di Sam Raimi
Sam Raimi incontra i maestri del western all'italiana con un cast stellare e senza perdere la sua poetica inimitabile.
Dopo la famosa trilogia horror de La casa, il racconto mitologico delle grottesche e sanguinose vicende di Ash Williams (Bruce Campbell), Sam Raimi torna sullo schermo con Pronti a morire, uno spaghetti western ipercitazionista e con un cast stellare. Tra i tanti volti noti c’è la presenza di quattro pezzi da novanta come Sharon Stone (Casinò, Basic Instinct), Gene Hackman (Premio Oscar per Il Braccio Violento della Legge e Gli Spietati), Russel Crowe (Premio Oscar per Il Gladiatore) e un baby Leonardo Di Caprio (Premio Oscar per Revenant).
Siamo nel 1995 e il regista del Michigan inizia con questo western la sua carrellata di generi diversi che lo accompagnerà fino al 1999, anno in cui uscirà il primo capitolo della trilogia su Spider-Man.
Pronti a morire: la bella e il pistolero
La via per Redemption è lastricata di ricordi e lacrime per Ellen (Stone) e la città non promette nulla di meglio. Un covo di canaglie sporco, corrotto e malfamato, in cui chiunque ucciderebbe la propria madre per un dollaro. Eppure è questa la meta della pistolera itinerante, ma quale può essere il motivo?
È una sera come tante altre nel saloon di Redemption, ma tra i fiumi dell’alcool, le bestemmie e gli sputi, si intravedono, tra il già variopinto gruppo di canaglie, dei volti nuovi. Oltre al giovane e spavaldo Kid (Di Caprio), c’è Asso Hanlon, Eugene Dred, il sergente Cantrell, Cavallo Pazzo e Scars. Questi brutti ceffi hanno in comune due cose: sono tutti pistoleri patentati e tutti sono in attesa di colui che comanda in città, lo spietato e imbattibile John Herod (Hackman).
Nonostante non si muova una foglia a Redemption senza che Herod lo sappia. Ogni tanto il fuorilegge ritiene opportuno guardare in faccia tutti i suoi nemici, o presunti tali, e a questo scopo istituisce periodicamente un torneo all’ultimo sangue tra pistoleri, con un ricco premio per il vincente (di solito lui). L’edizione di quest’anno si preannuncia particolarmente interessante, visto che Herold è intenzionato a far partecipare Kort (Crowe), ex compagno di avventure del sanguinario fuorilegge, ora reverendo e pacifista convinto. Anche contro la sua volontà. Herod non sà però che questa volta al torneo parteciperà anche Ellen e che è proprio lui il motivo per cui la sconosciuta è giunta in città.
Pronti a morire: il paradiso dello spaghetti-western
Il sapiente e scanzonato Sam Raimi confeziona un western all’italiana divertente, ipercitazionista e sopra le righe, saccheggiando i più grandi maestri del genere (Sergio Leone su tutti) nella regia e nei soggetti. Il regista ha spesso abituato ad una poetica proiettata all’estremizzazione di tutti gli elementi che compongo le sue pellicole, qualsiasi sia il genere. Pronti a morire conferma in pieno il suo modo di lavorare, tanto da sfociare, in più di un caso, quasi in una parodia.
C’è la città malfamata, il beone, il ragazzo cieco, il fuorilegge pentito, l’indiano immortale, il pistolero gentiluomo, l’ex galeotto con un occhio solo, il più classico e spietato dramma familiare e la vendetta nei confronti del “supercattivone”. Il film mette ordine in questo variegato circo western, ponendoli letteralmente uno di fronte l’altro in un torneo composto da duelli all’ultimo sangue, altro elemento classico del genere, come l’immancabile scontro finale all’alba. E dunque via con i primi piani di sguardi e pistole, zoom improvvisi e battute taglienti.
Il risultato è una pellicola divertentissima, autoironica e confezionata ad arte da un autore intelligente, ispirato e primo fan del suo lavoro. I personaggi sono cuciti alla perfezione addosso ai suoi interpreti (un Hackman una spanna sopra a tutti), gli ambienti sono perfetti e i dialoghi inattaccabili. Un film non da godere per la trama ricercata o le interpretazioni indimenticabili, ma perché è una pellicola che ama il cinema, fatta da un innamorato di cinema. Una perfetta fusione di un classico western e di un classico Sam Raimi. Da vedere.