Proud Mary: recensione del film
Proud Mary, disponibile su Sky, sembra apparentemente simile a film come Atomica Bionda e Foxy Brown. Peccato per la storia prevedibile e la mancanza di personaggi di supporto degni di nota!
Proud Mary è un film diretto da Babak Najafi ed interpretato da Taraji P. Henson, Billy Brown, Danny Glover, Neal McDonough, Xander Berkeley e Margaret Avery.
La storia segue le vicende di una killer professionista, Mary, cresciuta al fianco di un noto boss di Boston, Benny (Danny Glover), in seguito alla morte dei suoi genitori in tenera età. Mary, durante uno dei suoi lavori per conto del padrino, uccide un allibratore nel suo appartamento senza accorgersi che quell’uomo viveva con un bambino, suo figlio. Passano dieci anni da quell’evento e Mary riconosce per strada quel bambino rimasto orfano, il giovane Danny (Jahi Di’Allo Winston), finito nelle grinfie di un altro boss chiamato Zio (Xander Berkeley). Il suo senso di colpa la spinge a prendere Danny sotto la sua ala protettiva e a portarlo a casa con sé, cercando di allontanarlo da quel mondo che inghiottì lei proprio come si sta accingendo ad inghiottire lui. Le sue buone intenzioni però vengono male interpretate e un semplice incontro fortuito scatena una guerra fra bande durissima e sanguinaria.
Proud Mary: un ritmo sbilenco nel film con Taraji P. Henson e Danny Glover
Proud Mary è una pellicola che riprende la storia di un’assassina a tutti gli effetti, mostrando allo spettatore tutte le fasi che compongono le sue giornate a partire dalla sua mise all’esecuzione. Mary spesso indossa un rossetto accattivante, parrucche e stivali alti fino alle cosce, una presenza scenica che andrà ad accompagnare l’esistenza di una hitwoman, un sicario spietato di una famiglia criminale di Boston. Babak Najafi, dopo Sebbe (2010) e Attacco al potere 2 (2016), dirige un film d’azione che ha un grande impatto solo nei titoli d’apertura, quando la sequenza fa riferimento ai film di Blaxploitation degli anni ’70, con un gusto e uno stile retrò, al centro della quale c’è questa massacratrice assassina Mary che si traveste e si arma prima di uscire per uccidere.
Ciò che rovina la resa del film è un ritmo sbilenco, sembra di assistere ad una parodia di un film d’azione, anche perché la storia è prevedibile e i dialoghi sono statici e non oltrepassano il cliché. I difetti visibili del film sono chiaramente dietro la macchina da presa, a cominciare dalla terribile fotografia al montaggio, poiché le scene d’azione e le scene drammatiche non sono bilanciate e il film finisce molto spesso nel vortice di un melodramma poco ispirato.
Proud Mary: così simile eppure così lontano dal genere di film al femminile
Tutte le premesse del film in teoria portano lo spettatore a rammentare, almeno sulla carta, quei bei film indipendenti femminili come Foxy Brown, Kill Bill o Atomica Bionda. Ma questo non è un film che si può paragonare a quel genere di pellicole, nonostante la storia segua Mary, una donna che a suo modo combatte il patriarcato all’interno del mondo della malavita nel disperato tentativo di salvare sia Danny che se stessa da una vita di criminalità.
Nonostante i migliori sforzi degli attori, la mancanza di personaggi di supporto memorabili e la generale confusione stilistica e drammatica non rendono la pellicola di grande impatto emotivo o visivo. Proud Mary spinge molto più sulla relazione drammatica tra la protagonista e Danny che sulle scene d’azione o sulle guerre tra clan. Inevitabile con una trama così non pensare a Leon, con Jean Reno e Natalie Portman uniti in una così singolare amicizia tra un sicario e una bambina, certamente una storia che ha un respiro e uno spessore incredibilmente differente dal film in questione. Ciò che Leon è riuscito a realizzare è l’arbitrarietà di una relazione disgraziata, ambigua e complice che non è mai artificiosa o facile, una caratteristica e un gusto narrativo che mancano totalmente in Proud Mary.