QEDA – A Man Divided: recensione del film di Max Kestner

QEDA, presentato al Trieste+Science Fiction 2018, è uno dei film di maggior caratura visti nel panorama fantascientifico europeo degli ultimi anni.

Anno 2095. Il mondo ormai è sull’orlo di un collasso a dir poco spaventoso. Gli sconvolgimenti climatici hanno generato la sostanziale scomparsa delle riserve di acqua dolce, a causa della desertificazione, dell’innalzamento del livello dei mari sempre più salati. A parte gli uomini sopravvivono pochissimi animali, e la civiltà è sempre più divisa tra un’élite ricca e benestante e una grande massa di poveri sempre più disperati.
Fang Rung (Carsten Bjørnlund) è un agente del governo incaricato tramite un viaggio del tempo con il sistema QEDA di tornare al 2017, per prelevare ciò che la scienziata Mona Lindkvist (Sofia Helin) stava studiando per risolvere il cambiamento climatico prima della sua morte.
Il QEDA fa in modo che si crei un doppio, una copia, che restando indietro nel tempo possa far arrivare informazioni, notizie e reperti alla sua matrice originale nel futuro.
Peccato che il doppio di Fang una volta giunto nel 2017 si rifiuti di adempiere alla sua missione, lasciando nei guai il protagonista, che sarà costretto a raggiungerlo indietro nel tempo, con il terrore di creare un cortocircuito spazio-temporale o di modificare in modo imprevedibile il futuro.

QEDA – A Man Divided: una ventata di novità nel genere post-apocalittico

Diretto con mano abile e visionaria da Max Kestner, QEDA parte da una sceneggiatura di grande originalità e intelligenza, scritta dallo stesso Kestner e da Dunja Gry Jensen, che porta una ventata di novità nel genere post-apocalittico, strizzando l’occhio alle opere di Wells, ma lasciando in disparte la parte avventurosa per confezionare un racconto dove dominano tematiche più intime, più psicologiche e morali, per quanto la fantascienza e il mistero siano sempre presenti.
QEDA ha un bellissimo mix tra la fantasia, fortemente cyberpunk a tratti, di un mondo dove l’acqua è nemico e amico, sogno e incubo, e il realismo di un uomo che non sa quale strada prendere, diviso (letteralmente!) in due tra sogno e realtà, egoismo ed altruismo.
Il tutto viene mostrato da una telecamera quasi neutra, naturalista nella sua fotografia, che guida l’occhio verso un futuro osceno, grigio, tremendamente sterile e disperato.

Ciò che affascina è la grande abilità con cui il regista riesce a creare con pochi veloci, improvvisi colpi di pennello un intero mondo, a renderlo credibile, verosimile e coerente. Il protagonista (un tesissimo e angosciato Bjørnlund) si aggira tra epoche, si sdoppia, vive di una doppia vita, una doppia identità, legata alla doppia natura di mondi connessi da un effetto deterministico che viene qui suggerito ma non mostrato fino all’incredibile finale.
Si tratta di un determinismo, si badi bene, totalmente filosofico non meccanicistico anzi, QEDA in tutto e per tutto si fonda sulla teoria del caos, ci mostra la doppia natura di una realtà che può andare in entrambi i modi, che ha una doppi anima.

QEDA e il bellissimo mix tra fantasia e realtà

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Il doppio, l’alter ego, diventa visione del mondo, ragionamento su quanto nel nostro animo vi siano due modi di vedere le cose, di quanto siamo sempre gli stessi animali ultra-adattabili, capaci di essere totalmente il tutto ed il contrario di tutto. Dipende dall’ambiente, dalle circostanze, dal battito di quella farfalla a Pechino…ma se non arrivasse la pioggia? Se tutto fosse davvero fuori dal nostro controllo?
Alla fine il concetto di scelta, quello di colpa, di responsabilità vengono slegati in QEDA dalla visione di un uomo spinto da qualcosa che non sia l’egoismo, la sopravvivenza, l’ambizione di essere felici.
Siamo tutti Ulisse che non vedon l’ora di essere schiavi di un canto delle sirene dagli esiti però tutt’altro che nefasti nell’immediato. Il film ci mostra quanto sia il presente il nostro tempo, quanto il futuro sia tale, compreso, concepito solo quando è già alle nostre spalle.

QEDA – A Man Divided: una fotografia perfetta e performance impeccabili

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Con una fotografia perfetta nel far scivolare lo spettatore dentro un incubo, che divide in modo perfetto il futuro oscuro dal passato (presente?) luminoso, QEDA si avvale di un cast di contorno in cui spicca uno Joseph Mawle assolutamente fantastico, e di un gioco di camera che crea un labirinto tra dentro e fuori, giorno e notte.
QEDA può rivendicare l’essere un’opera di grande fantasia, dove all’azione di sostituisce la tensione, il ragionamento, dubbi esistenziali e tematiche come la responsabilità della società verso gli eredi, il menefreghismo verso un pianeta che già oggi ci mostra segni di insofferenza, il concetto di bene e male come relativi al momento, alla persona, non assoluti.

Si tratta di uno dei film di maggior caratura visti nel panorama fantascientifico europeo degli ultimi anni, perché pone al centro uno scenario tutt’altro che irreale, quindi molto più terrorizzante e per una volta slegato all’immaginario dell’intelligenza artificiale.
Il nemico poi è assente, o meglio è connesso all’intero genere umano, alle azioni di ieri, di oggi, di domani, non ha un volto, non ha una voce, e questo lo rende a dir poco terrificante.

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QEDA rappresenta un grande passo in avanti per il genere, tanto che forse una certa parte di oltreoceano dovrebbe avere l’umiltà di prenderne spunto, di imparare la lezione di rivalutare lo script in chiave più legata ad un presente che condiziona il futuro dell’uomo in modo molto più drastico che con qualche diavoleria virtuale o simili.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 3.5

3.8