Quando la moglie è in vacanza: la recensione del film di Billy Wilder
Quando la moglie è in vacanza, in puro stile Billie Wilde, strizza l'occhio al teatro, ha un tocco irriverente raffinato, con una delle scene che ha reso Marilyn Monroe col suo vestito bianco un'iconografia del cinema classico.
Quando la moglie è in vacanza è un classico del cinema di Billy Wilder, una commedia dove il dinamismo è dato dal battere e levare delle tentazioni del protagonista che, al pari di chi ha vissuto il cinema degli anni ’50, deve liberarsi di una sola ossessione che ha il nome e cognome di Marilyn Monroe.
Quando la moglie è in vacanza, la trama del film
Richard Sherman (Tom Ewell) lavora in una casa editrice che pubblica romanzetti rivisitati in chiave sentimentale ed erotica e si appresta a trascorrere l’estate in solitudine mentre accompagna la moglie e il figlio, diretti in vacanza. In piena libertà, però, le tentazioni – nonostante il suo rigore – sembrano perseguitarlo: la voglia di fumare, qualche bicchierino in più, e la vicina appena arrivata (Marylin Monroe) – seducente e svampita – non aiutano a tener fede alla sua promessa di essere un marito ubbidiente e fedele.
A generargli riflessioni e dubbi è anche un libro di psicanalisi che sta leggendo, secondo cui è scientificamente provato che un uomo giunto al settimo anno di matrimonio sia maggiormente portato a concedersi qualche scappatella. Così, tra una tentazione e una privazione, Sherman cerca di tener duro alla calda e lunga estate che lo attende.
È difficile non riuscire a guardare ad un film di Billy Wilder come un piccolo capolavoro, che ad oggi è come ritrovare un piccolo carillon che riaccende la magia del cinema del passato, come nessuno mai così vicino a raccontare o quantomeno includere echi dell’epoca in cui è nato.
Le musiche orchestrali, mai invasive ma complementari a stemperare con leggerezza storie che intrattengono ricordandoci amare consapevolezze, personaggi che sono prototipi di uomini e donne del tempo ma allo stesso tempo icone da grande schermo, sono elementi che ci sono tutti in Quando la moglie è in vacanza, uscito nel 1955, spartiacque tra il cinema dei sogni e delle amare verità.
Il ritmo è sicuramente più statico e meno brillante rispetto ad altri film in cui Wilder ha mostrato di saper eccellere, ricercando piuttosto un equilibrio tra la commedia degli equivoci e quella psicologica, ma sempre con la giusta dose di leggerezza.
In questo ennesimo gioiellino di Wilder la drammaticità sottesa di Viale del tramonto inizia a sciogliersi e a lasciare spazio alla freschezza comica di film successivi come l’amatissimo A qualcuno piace caldo. La spensieratezza però è solo accennata dinanzi ad una verità che, come ci viene suggerito ad inizio pellicola interpellando le abitudini degli indiani d’America, è presente dalla notte dei tempi: la difficoltà se non l’impossibilità di riuscire ad evitare le tentazioni.
Cedere o non cedere, questo è il dilemma!
Il protagonista di Quando la moglie è in vacanza, infatti, esce indenne dalla tentazione solo a metà, e questo nonostante la necessità – insita nel genere – di culminare nel lieto fine, rendendo la storia leggera ed umana. Come ogni commedia di Wilder non manca mai un riferimento al mondo dello spettacolo: i personaggi, infatti, il più delle volte sono sempre lavoratori del mondo dell’intrattenimento e nomi noti di Hollywood come la stessa Marylin, che viene argutamente citata come donna oggetto del desiderio.
Segno che l’amore viscerale di Wilder per il cinema e la sua capacità di giocarci, appropriandosi delle sue referenze, tecnicismi e immaginazione, è una costante che rende il suo cinema, dalla regia raffinata come pochi, una pietra miliare della cinematografia mondiale che mantiene sempre la sua lucentezza nonostante il trascorrere degli anni.