Quelli che mi vogliono morto: recensione del film con Angelina Jolie
Scrittura e narrazione filmica, è un rapporto complicato quello che lega i due ambiti narrativi. Lo sa bene chi si è dovuto confrontare con la trasposizione cinematografica di un romanzo. Soprattutto quando tra gli sceneggiatori troviamo lo scrittore stesso. La visione registica deve, in qualche modo, assecondare quella dell’autore, in modo da mantenere una certa fedeltà con il prodotto originale. Ed è forse in questa dualità che Quelli che mi vogliono morto si è spaccato in due. Il nuovo film da Taylor Sheridan è ben distante dai elementi caratteristici della sua filmografia, forte di una narrazione fredda e spietata. L’incontro con l’omonimo romanzo di Michael Koryta lo porta verso strade non consone al suo stile, e di conseguenza a un film privo di un’identità autoriale. La presenza del regista si avverte, ma rimane solamente un accenno sfocato di sottofondo.
Quelli che mi vogliono morto non è certo un pessimo film, ma su di esso grava il peso dell’aspettativa. Il confronto con I segreti di Wind River, primo lungometraggio da regista di Sheridan, arriva spontaneo. Al suo esordio aveva dimostrato di saper coniugare una scrittura intelligente con un’azione mai fine a sé stessa. Stiamo parlando anche di uno sceneggiatore che ci ha regalato film come Sicario e Hell or High Water. Anche la presenza di star come Angelina Jolie e Jon Bernthal non è riuscita a risollevare una storia piatta, già vista. Questo è forse quello che traspare maggiormente da Quelli che mi vogliono morto, il suo essere un film vecchio nella forma; è quasi un ritorno ai primi anni duemila. La storia non ci racconta molto di più rispetto ad altre molto simili. Sheridan ci ha abituati alla ferocia dell’essere umano, all’ambiguità del mondo e a quelle zone grigie in cui si muovono i fantasmi.
Quelli che mi vogliono morto e gli intrighi di potere tra le fiamme del Montana
Siamo nel Montana, nella Contea di Park. Qui troviamo Hannah Faber (Angelina Jolie), una vigilessa del fuoco con i sintomi da stress post traumatico in seguito ad un incendio in cui hanno perso la vita delle persone. La donna incolpa sé stessa per non essere riuscita a salvarli, portando avanti una vita ai limiti dell’autolesionismo. Nella stessa città vive anche il suo ex ragazzo, il vice sceriffo Harrison (Jon Bernthal), e sua moglie incinta Alisson (Medina Senghore), insegnante di tecniche di sopravvivenza. Nel frattempo in Florida due assassini ben addestrati uccidono il procuratore distrettuale e la sua famiglia. Questi era il capo di Owen (Jake Weber) che, temendo per la sua incolumità, scappa insieme al figlio Connor (Finn Little) verso la Contea di Park, dal cognato Harrison. L’uomo è coinvolto in un intrigo di potere e grosse somme di denaro. Ma nella fuga non tutto va come previsto, e il piccolo Connor sarà costretto a cavarsela da solo, finché non incrocia la strada di Hannah, che farà di tutto per proteggerlo. Tutti i personaggi di Quelli che mi vogliono morto dovranno fare i conti con la spietatezza dei due assassini, che non si fermeranno davanti a nessuno pur di completare la loro missione.
Il plot del film sembra tendere verso le corde di Sheridan, questo è il suo ambiente naturale, eppure sembra mancare qualcosa. Quelli che mi vogliono morto sembra fermarsi alla superficie, all’azione fatiscente senza profondità. Non abbiamo quell’analisi sociale che ha caratterizzato i suoi film precedenti. Ogni tematica viene introdotta e mai approfondita, dal PTSD di Hannah fino all’intrigo di potere. Aspetti accennati e mai scandagliati, rimangono sospesi tra fiamme, fulmini e proiettili; molti proiettili. Scarseggia anche il contesto territoriale, l’America nelle sue parti e contraddizioni. Siamo lontani chilometri dalla portata di Wind River, le cui tematiche si aprivano ad un racconto tagliente sulle condizioni di vita nelle riserve dei nativi. Lo standard sembra essere quello del dimenticabile Senza Rimorso, un film che voleva essere e non è stato. Tutto passa in secondo piano rispetto alla sopravvivenza. La sfida ancestrale americana tra uomo e natura prende il sopravvento, ammanta di superficialità un racconto che poteva percorrere tutt’altre strade. E invece no, si ferma alla fuga nei boschi in compagnia di un ragazzino. Insomma, Quelli che mi vogliono morto, privato di originalità e coraggio, si avvicina a quel tipo di narrazione che caratterizza film come Big Game – Caccia al presidente.
O Taylor Sheridan, dove sei?
A Quelli che mi vogliono morto è un action in cui non mancano scena d’azione ben costruite, soprattutto quando queste vedono coinvolti i due sicari, Jack (Aidan Gillen) e Patrick Blackwell (Nicholas Hoult). Taylor Sheridan sa come far muovere i soldati, seguirli in quella che per loro è mera routine. Il regista lo intravediamo in scene d’effetto, come quella sulla torretta di guardia con Jon Bernthal. Lì, in quei momenti, riscopriamo tutta la cifra stilistica che lo ha reso celebre. Eppure, i momenti si esauriscono in fretta, a favore di un racconto basato su una tensione facile. Ciò che invece traspare è l’ottima chimica tra Bernthal e Senghore, nonché la capacità dell’attore di assorbire l’immaginario del regista. Su un altro piano viaggia invece Angelina Jolie. All’attrice non manca di certo il talento o il physque du rôle giusto, ma la sua Hannah rimane imbrigliata in alcuni stereotipi di genere. La sua è una recitazione che non esplode mai, anche quando il momento sembra richiederlo. Il suo arco narrativo non trova mai evoluzione, e questo è dipeso da una sceneggiatura che lascio al caso diversi aspetti.
Uno di questi è l’elemento del fuoco, l’incendio divampante che brucia ogni via di fuga ai personaggi. Quelli che mi vogliono morto introduce i pompieri paracadutisti, il loro ardore e cameratismo. Tuttavia, il loro intervento avverrà in modo inspiegabile soltanto alla fine del film. Hannah non ha un cellulare per comunicare con i suoi colleghi oltre la radio? Sembra improbabile, come è improbabile che nessuno dei personaggi sembra averne uno in tasca. Per quanto sia emozionante la competenza di Allison, dubitiamo che una donna nelle sue condizioni non contatti nessuno per un aiuto. Questo può esser dipeso dal fatto che il personaggio non si fidi di nessuno, ma è comunque forzato. Sono molte le forzature che portano avanti la storia, e che ci fanno storcere il naso a più riprese. In tutto questo manca un perché, la ragion d’essere delle disgrazie dei personaggi. Non avvertiamo una certa presenza tematica che dia senso al film. Quelli che mi vogliono morto ci propone due film messi insieme, il survivor movie e il thriller, ma si respingono a vicenda come due magneti. La componente adrenalinica è l’unica a tenere in piedi il racconto, a portarci fino alla fine, ma niente di più.
Quelli che mi vogliono morto è disponibile su Sky Cinema da lunedì 11 ottobre.