Quello che non sai di me: recensione del film di Rolando Colla

Una storia d'amore tra due persone con cui la vita non è mai stata clemente, in lotta contro i pregiudizi altrui e i mostri creati dalla loro mente: Quello che non sai di me, le cui tematiche sono più attuali che mai, è ora disponibile in streaming sulla piattaforma The Film Club.

Presentato nel 2019 tra le Proiezioni Speciali del Zurich Film Festival, il film Quello che non sai di me di Rolando Colla è uscito lo scorso 12 giugno on demand. Si tratta di una storia intensa, toccante, che ha per protagonisti due antieroi, per certi versi. Ikendu (Koudous Seihun) è arrivato dal Mali con un barcone, dopo un anno di lavori forzati in Libia, alla ricerca di una vita migliore in Europa. Il suo viaggio, che ha come meta Parigi, comincia dall’Italia dove lavora in Calabria nei campi, senza contratto regolare, per pochi euro al giorno tanto da essere costretto a dormire tra tendoni e ripari improvvisati. Diretto in Francia, Ikendu si ferma a Bellinzona, in Svizzera, dove viene aiutato da alcuni amici e conosce Patricia (Linda Olsansky), una donna di origini ceche, madre single di due figlie avute da partner diversi con i quali il lieto fine non c’è stato. Ikendu e Patricia si innamorano praticamente a prima vista e si sposano poco dopo, ma a incrinare quello che sembra l’inizio di un idillio familiare è l’accusa rivolta a Ikendu da parte della procuratrice Riva di aver contrabbadato cocaina durante un viaggio a Salerno. Ikendu è stato incastrato, ma continuare a ribadire la sua innocenza non basta né per la polizia né per attenuare i dubbi indotti dai pregiudizi da cui è attanagliata anche la mente di Patricia. Forse, però, un riscatto e l’agognata felicità sono ancora possibili…

Una storia d’amore “impegnata”: il dramma degli immigrati e della solitudine

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Dietro la storia d’amore di Ikendu e Patricia apprendiamo subito che c’è molto di più: non solo durante il film viene fatto riferimento un paio di volte alla piaga sociale del lavoro nero e dello sfruttamento degli immigrati africani nei campi agricoli in Italia, ma il film inizia con una scena che mostra le condizioni di estrema povertà in cui questi lavoratori vivono, un campo profughi dove l’igiene scarseggia, non ci sono vere e proprie porte o muri ma tendoni e pannelli di plastica vecchia – a tal proposito è toccante vedere come nonostante ciò, quando lascia il rifugio, Ikendu si premura di chiudere il pannello di plastica usato come porta come a non voler rinunciare alla dignità che un’abitazione dovrebbe comunque avere, trattandola come tale malgrado non lo fosse. Nel film di Rolando Colla c’è un grido esasperato da parte di due personaggi emarginati, ai quali il regista ha dato voce, due reietti nei confronti di una società dove l’avere successo e l’ostentarlo sono il massimo della realizzazione. Perché se Ikendu è un immigrato che ha attraversato l’inferno, la Libia e il viaggio in mare, per avere una chance diversa dalla vita e giocare un’altra partita, Patricia è invece quello che la società addita come un “fallimento”: è stata lasciata per due volte, è single e con due figlie, tutti gli uomini che ha amato l’hanno sempre delusa e lei rincorre il vero amore avvolta in un disperato senso di solitudine che la spinge invano tra le braccia di uomini che non la meritano e la usano solamente, cercando di colmare un vuoto interiore che la consuma da anni. Un po’ ingenuamente forse, Patricia non smette mai di sognare il vero amore e la persona con cui condividere la vita e lo trova nell’animo semplice di Ikendu. Tra i due nasce infatti un amore sincero, che però viene presto macchiato dalla cattiveria altrui. L’amicizia in Quello che non sai di me non è leale, ma meschina e pronta a pugnalarti alle spalle per il proprio interesse e la giustizia è assente: non basta dire la verità quando sei un uomo di colore – è questo che apprende a sue spese Ikendu – a volte sei costretto a rinunciare al tuo onore per sfuggire a un destino peggiore. Proprio questo aspetto è importantissimo, specialmente nel periodo attuale, perché mette in luce l’abuso di potere e l’ostentazione del white privilege che va sempre a discapito della persona di colore, alla quale non solo spesso non è concesso di difendersi, ma che non viene neanche ascoltata. Eppure agli occhi di Patricia suo marito Ikendu è “un principe”, anche dopo aver saputo del viaggio in mare e del suo passato pieno di ricordi dolorosi.

Quello che non sai di me: l’importanza della comunicazione tra una coppia

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Si gioca nelle parole del titolo l’altro messaggio che emerge dalla storia di Ikendu e Patricia: quanto pesa in una coppia quello che l’uno non sa dell’altra? Può avere un peso maggiore di quanto non si pensi magari all’inizio di una storia d’amore, quando tutto è così edulcorato e la ragione offuscata dall’innamoramento al punto di pensare di poter amare l’altro senza voler sapere del suo passato. Ma forse conoscere il passato e la storia alle spalle di chi si ama è un modo per amarlo di più e per condividere anche gli attimi di dolore che la vita gli ha riservato. La mancanza di comunicazione tra Ikendu e Patricia e l’assenza di condivisione del proprio passato e dei propri sentimenti è ciò che accende la scintilla del dubbio nella mente di lei non appena Ikendu viene accusato e arrestato. Ed è qui che il pregiudizio ha la meglio, perché quando non si conosce veramente qualcosa allora la si giudica secondo gli schemi esteriori: può il marito, del Mali, essere uno spacciatore come tutti dicono? Forse sì, inizia a pensare Patricia. Tra i due potrà esserci una pace ritrovata solo quando il dialogo e il confronto saranno resi possibili da loro stessi, una volta gettati nel fuoco i fantasmi del loro passato.

Un film emozionante, una sceneggiatura matura e che fa riflettere – peccato solo per una fotografia non intensa quanto intensa è stata invece la recitazione dei due protagonisti e per una regia che non vuole osare – il film Quello che non sai di me è di certo una pellicola da guardare in questi giorni di continue riflessioni.

Regia - 2
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 1.5
Recitazione - 3
Sonoro - 2
Emozione - 3.5

2.5