Rapina a Stoccolma: recensione del film con Ethan Hawke
La nostra recensione di Rapina a Stoccolma, un film ispirato a fatti realmente accaduti da cui ha origine l'espressione "sindrome di Stoccolma".
Con Rapina a Stoccolma, Robert Budreau scrive, dirige e produce un film che rievoca le vicende della rapina alla Sveriges Kredit Bank di Stoccolma avvenuta nel 1973. In realtà il regista ha preso l’idea da un articolo pubblicato dal The New Yorker nel 1975 in cui si parlava dell’origine dell’espressione “sindrome di Stoccolma”. Protagonista è Ethan Hawke, star esuberante della pellicola, nei panni di Kaj Hansson, un rapinatore di banche che prende in ostaggio tre dipendenti, e con uno di loro (interpretata da una poca convincente Noomi Rapace) instaura una sorta di legame amoroso.
Rapina a Stoccolma: quando l’ostaggio si innamora del suo rapitore
L’espressione indica uno stato di totale dipendenza psicologica che si manifesta in alcuni casi in cui la vittima di episodi di violenza fisica o mentale prova dei sentimenti positivi nei confronti del suo carnefice. In questi episodi la vittima finisce per sottomettersi volontariamente al suo rapitore, o addirittura sviluppare affetto nei suoi confronti. Il rapporto tra Lars e Bianca si sviluppa in maniera graduale, ma appare prevedibile fin dalle prime scene. È lo stesso personaggio di Noomi Rapace a svelare questo risvolto amoroso durante il prologo del film, il quale risulta quindi prevedibile fin dalle prime scene.
Rapina a Stoccolma predilige uno stile che entra subito nel vivo dell’ambientazione anni Settanta: non c’è solo il look estroso di Ethan Hawke, ma anche la musica di Bob Dylan che accompagna il protagonista nelle prime scene.
Rapina a Stoccolma: Ethan Hawke è l’unico motivo per cui guardare il film
Ethan Hawke è fin troppo esuberante per essere preso sul serio come pericoloso criminale. L’intento della pellicola è infatti quello di divertire piuttosto che drammatizzare; l’attore inscena una performance colorata e coraggiosa. Lars sa il fatto suo: quando entra nella banca è convinto di ciò che fa, e negli attimi iniziali porta a termine la sua missione, allestendo il suo palcoscenico: un’arma in mano, parrucca lunga in testa, giacca di pelle e musica di Bob Dylan alla radio. Lars è affascinante e carismatico, merito del sorprendente Ethan Hawke, in grado di dar voce ed espressione a un ladro dal cuore d’oro. Ben presto però emerge la sua natura ambivalente: talvolta impacciato, maldestro, il criminale sembra nascondere un lato buono nel momento in cui stabilisce una connessione con Bianca, moglie premurosa e madre di un bambino. La donna si dimostra coraggiosa, pronta a sfidare anche i suoi rapinatori, ed è questa caratteristica a colpire maggiormente Lars. I due sono protagonisti di un’esperienza che li legherà per sempre.
Ironicamente, la chimica più credibile è quella tra Ethan Hawke e Mark Strong, quest’ultimo nel ruolo del partner in crime di Lars, Gunnar Sorensson. Uno si comporta come un bambino, l’altro cerca di fare l’adulto; insieme diventano un duo irresistibilmente comico. Peccato che Strong non abbia il giusto spazio che meriterebbe all’interno del film, e il suo ruolo si riduce così a spalla di Hawke.
Come emerge dalle perizie psicologiche nei fatti del 1973 a cui si ispira Rapina a Stoccolma, gli ostaggi dichiararono di fidarsi più dei loro rapinatori piuttosto che della polizia. Gli eventi originali si conclusero dopo 130 estenuanti ore di convivenza forzata, che Burdeau riduce a una manciata di giorni per motivi ovviamente logistici. Budreau trasforma l’esperienza traumatica dell’episodio del ’73 in un film di intrattenimento adatto per una serata a base di popcorn.
Rapina a Stoccolma è al cinema dal 20 giugno distribuito da M2 Pictures.