Red Zone – 22 miglia di fuoco: recensione del film di Peter Berg
Red Zone - 22 miglia di fuoco segna la quarta collaborazione fra il regista Peter Berg e l'attore Mark Wahlberg, dopo Lone Survivor, Deepwater Horizon e Boston.
Red Zone – 22 miglia di fuoco è un film diretto da Peter Berg e interpretato da Mark Wahlberg, Lauren Cohan, Iko Uwais e John Malkovich. Il film segna la quarta collaborazione tra Berg e Wahlberg, che insieme ne sono anche produttori.
Protagonista delle vicende è James Silva, agente operativo in Indonesia sul campo della CIA e incaricato di scortare un informatore compromesso, portandolo a 22 miglia di distanza per farlo imbarcare sano e salvo al punto di estrazione del paese con l’aiuto di una task force che li protegge lungo il tragitto.
Il trailer di Red Zone – 22 miglia di fuoco
Red Zone – 22 miglia di fuoco riunisce il regista Peter Berg con il suo ormai fedele feticcio Mark Wahlberg, in coda a un percorso che vede in Lone Survivor (2014) il punto d’inizio di una collaborazione costellata di opere tratte da incredibili storie realmente accadute, fra cui Deepwater – Inferno sull’oceano (2016) e Boston – Caccia all’uomo (2017).
A differenza delle precedenti tre opere, l’ultimo lavoro concepito da Berg e Wahlberg rappresenta il primo a non essere stato ispirato a fatti realmente avvenuti: Red Zone – 22 miglia di fuoco, al contrario, è solo l’inizio di quella che dovrebbe rivelarsi una trilogia di finzione settata nel medesimo universo che fa da sfondo a Mile 22 (questo il titolo originale del film) e che dovrebbe costituire anche l’ambientazione della futura miniserie The Kiev Exchange.
Red Zone: una regia convulsa che ostacola la comprensione degli eventi
Per quanto riguarda la sua componente action, e in quanto spy story, il thriller di Peter Berg non rivela alcuna particolare impronta stilistica e non lascia il segno per originalità. Maggiore è il ritmo delle sequenze e più incalzante si fa l’azione della singola scena, più confusa appare la narrazione stessa, sorretta (o, diremmo, tradita) da una regia che viene scandita da convulsi movimenti di macchina a mano febbricitante, che frammenta l’immagine fino a renderla appena percettibile, fino ai limiti del tollerabile. Si tratta, nel complesso, di un deciso passo indietro per il regista di Deepwater e Boston, che con i suoi due precedenti lavori appena citati aveva colpito per la sua sicurezza nel costruire e maneggiare la tensione, elemento piuttosto carente (quando non addirittura assente) in Red Zone, assieme ai non pervenuti colpi di scena che avrebbero potuto sollevare le sorti di un film piuttosto prevedibile e accozzato.
Più articolato è il discorso per quanto concerne i personaggi, a partire dal James Silva incarnato dal convincente Wahlberg, che nelle storie di Berg sembra aver trovato un cinema in cui trovarsi a proprio agio: il suo è un eroe action atipico, bipolare, con una personalità tutta sua. Un uomo che parla tanto (troppo), dotato di un quoziente intellettivo che si spinge oltre la media dei suoi colleghi di lavoro, che mai sembrano essere in grado di stare al passo con quanto Silva esprime e quanto mentalmente realizza. Un protagonista muscolare con un’intelligenza, insomma. Ed è forse una caratteristica, sì, mancante in analoghe opere del medesimo genere e di stessa matrice, ma anche qui definita secondo meccaniche poco credibili e, probabilmente, in maniera surreale.
Diverso è il problema relativo ai restanti personaggi, che rispondono a una sola caratteristica comportamentale e che, pertanto, appaiono tutti abbastanza bidimensionali e stereotipati. Red Zone – 22 miglia di fuoco, in sintesi, non è il cinema solido di Deepwater Horizon: con un montaggio super-serrato, una narrazione che procede incerta e una regia esagitata che non permette un adeguato spazio di comprensione degli eventi, l’ultimo film di Peter Berg è un’infinita guerriglia urbana turbolenta che non cambia mai andatura, finendo per frastornare lo spettatore.
Red Zone – 22 miglia di fuoco uscirà il 15 novembre con Lucky Red.