Respect: recensione del film biografico su Aretha Franklin

Al cinema dal 30 settembre, Respect racconta la vita della Regina del Soul Aretha Franklin, interpretata da Jennifer Hudson.

Al cinema dal 30 settembre, distribuito da Eagle Pictures, Respect è l’atteso biopic di Liesl Tommy dedicato alla Regina del Soul Aretha Franklin. La cantante, scomparsa nel 2018, è un personaggio molto amato nella cultura americana, e non solo. La sua voce è stata protagonista dei più importanti movimenti per i diritti civili dagli anni Sessanta in poi, affiancandosi alla missione non-violenta di Martin Luther King Jr. In continuità con le lotte della sua vita, Aretha Franklin era alla Casa Bianca il giorno dell’insediamento di Barak Obama, per salutare questa elezione rivoluzionaria. Non stupisce che, a pochi anni dalla sua morte, Hollywood abbia voluto omaggiarla con una grande produzione dedicata a lei. Quello che, però, ne viene fuori è all’altezza dell’importanza e del carisma del personaggio? La sfida non era affatto facile, e si accoda a una serie di prove altrettanto difficili che il cinema americano ha deciso di intraprendere da qualche anno a questa parte. Dopo Bohemian Rapsody, Rocketman e prima di Stardust (ancora non distribuito in Italia), ecco un altro biopic su una star della musica e la sua vita tormentata.

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Respect: ritratto di donna

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Photo credit: Quantrell D. Colbert
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Nonostante la sua voce potente sia diventata un simbolo di potenza femminile, la biografia di Aretha Franklin è segnata da abusi maschili, sin dalla giovanissima età. Proprio per questo, anzi, il suo percorso di autodeterminazione è tanto esemplare quanto sofferto. A interpretare questa protagonista così complessa, nelle sue virtù e nelle sue ombre, è l’attrice Jennifer Hudson, il cui talento musicale è stato già ben mostrato in Dreamgirls (2006), Sing (2016) e Cats (2019), oltre che nella sua carriera di cantante. Sicuramente questo è un gran punto a favore dell’attrice protagonista, che non teme di confrontarsi con l’idolo che impersona anche da un punto di vista vocale. Attorno a lei, un bel cast capitanato da Forest Whitaker (nei panni del padre di Aretha, il reverendo Franklin), Mary J. Blige (Dinah Washington) e Marc Maron (Jerry Wexler).

I rapporti con gli uomini, dunque, sono il doloroso fil rouge della vita di Aretha, insieme al suo immenso talento. Risulta chiara la scelta della regista di mostrare non una donna tutto d’un pezzo, ma una donna che si è costruita nel tempo. Regina del Soul, certo, ma il cui regno è stato a lungo usurpato da figure prepotenti e violente, e da una mentalità che ancora oggi tragicamente imperante. Il padre/padrone da una parte, il compagno abusante dall’altro. Una remissività accentuata dal trauma di una violenza subita in giovanissima età. Vorremmo poter pensare alle nostre eroine come a delle infallibili Wonder Woman, ma la verità è che tanto è più autentica la loro umanità, tanto più le sentiamo vicine e i loro sforzi, come i nostri, diventano straordinari.

Qualche limite tecnico, Liesl Tommy punta sulla musica (e l’emozione)

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Photo credit: Quantrell D. Colbert

Respect è un film dalla durata impegnativa. Non solo per quel che riguarda il minutaggio (circa due ore e venti), ma proprio per una discontinuità nel ritmo che rende la visione leggermente faticosa. I momenti di apice sono frequenti, a discapito dell’organicità del racconto. La scelta dei flashback adottata nella prima metà per svelare uno degli episodi più gravi della biografia di Franklin (forse il più grave, sempre che abbia senso stilare una classifica) è abbandonata nel corso del film, perdendo l’occasione di un montaggio interessante. Per il resto, la ricchezza della storia mal si concilia con le scelte narrative che dilatano alcuni passaggi, e lasciano altri appena accennati.

Aretha donna vittima di abusi. Aretha attivista. Aretha artista. Aretha donna di fede. Tutte sfumature di una personalità unica che si alternano in un racconto che dona loro spazi non sempre equilibrati. L’impresa non era affatto facile, l’esito non è certo il migliore auspicabile. Questi limiti sono da attribuire anche alle doti interpretative dell’attrice protagonista, Jennifer Hudson. Che siano state poco valorizzate, o che scarseggino in partenza, Hudson non riesce a catturare l’essenza della cantante, nonostante gli sforzi per renderne l’evoluzione. Anche qui, quando si ha a che fare con delle icone, l’effetto nella trasposizione sul grande schermo è sempre straniante. Tuttavia, bisogna riconoscere che ci sono casi in cui il carisma dell’attore ben si armonizza con quello del personaggio interpretato, dando una nuova lettura al mito. Respect non raggiunge l’eccellenza, e questo pesa sulla lunga durata.

Tuttavia, là dove montaggio e interpretazione non sempre convincono, trionfa tutto l’aspetto emozionale del film. I numeri musicali, andando a riprodurre la genesi e l’esecuzione dei maggiori successi di Franklin, sono ben riusciti ed emozionanti, toccando le corde più profonde dell’animo dello spettatore. Consapevoli della sofferenza che c’è dietro la voce potentissima della cantante, le performance sono ancora più commoventi e memorabili. Tutto sommato, dunque, Respect assolve al suo compito e merita comunque di essere visto, non solo da chi ama la cantante, ma anche da chi vuole conoscere uno spaccato di storia del Black Power degli anni Sessanta e Settanta. E da chi vuole godersi un paio d’ore di ottima musica.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2.5
Recitazione - 3
Fotografia - 3
Sonoro - 4.5
Emozioni - 3.5

3.2