TSFF 2023 – Restore Point: recensione del film di Robert Hloz
Un noir solido che mescola mistero, fantascienza e riflessioni su vita e morte, ma a cui forse manca un briciolo di umanità.
Praga, 2041. In caso di morte innaturale, si può essere riportati in vita attraverso la tecnologia del Restore Point. Parte da qui Restore Point, il film di Robert Hloz, presente al Trieste Science+Film Festival, premiato con Event Horizon “per aver saputo affrontare con particolare efficacia filmica e innovazione temi particolarmente rilevanti e senza tempo in campo scientifico e sociale. L’impianto narrativo cyberpunk, che echeggia Philip Dick nei suoi Blade Runner e Total Recall, con alcune note di Soylent Green e Frankenstein, tocca in modo delicato argomenti con cui l’uomo fa i conti da sempre: il passaggio dalla vita alla morte, le seconde possibilità e il senso della vita – che non può essere ridotto al contenuto di un hard disk. Ideali utopici si confrontano con uno scenario sociale cupo e distopico, creando una giustapposizione coinvolgente. Il tutto, confezionato con effetti visuali eleganti e funzionali. Restore Point è un gioiello cinematografico in cui l’architettura brutalista trasforma Praga in una metropoli del futuro e le curve degli edifici richiamano le svolte nelle indagini del detective Trochinowska”.
Un noir solido che mescola mistero, fantascienza e riflessioni su vita e morte
Restore Point si apre con una serie di testi che impostano il mondo. Il declino socioeconomico ha visto un aumento della criminalità, ma il Restoration Institute ha ideato una rete di sicurezza. Tutti i cittadini ora hanno il diritto costituzionale alla resurrezione in caso di morte innaturale. In sostanza, tutti vanno in giro con una macchina che periodicamente salva la loro coscienza. L’unico problema è che i dati devono essere aggiornati ogni 48 ore, altrimenti la persona morirà per sempre.
Quella del film è un’idea utopica per un mondo cupamente distopico, anche se non tutti l’hanno abbracciata, tra gli oppositori c’è una banda ribelle di attivisti che si chiamano il Fiume della Vita, che ricorrono ad atti terroristici per dichiarare la loro opposizione etica agli scienziati che fingono di essere dio. Quando David Kurlstat (Matěj Hádek), il ricercatore capo del gruppo, e sua moglie vengono ritrovati assassinati, tutti i segnali fanno pensare che i colpevoli siano i manifestanti: la cosa più sorprendente è che nessuno dei due ha un valido punto di appoggio per consentire il loro risveglio quindi moriranno definitivamente. Il caso spetta a Emma Trochinowska (Andrea Mohylova), una giovane detective solitaria, abile nel lavoro, sempre concentratissima, d’azione ma anche analitica, decisa e coraggiosa, simile alle donne di Noomi Rapace. Fin da subito è chiaro, per lei non è e non sarà facile perché la situazione è molto complessa e le implicazioni profonde, ma lei non si tira mai indietro, si butta a capofitto nelle cose e sarà coinvolta in questo intricato viaggio.
L’amministratore delegato dell’istituto, Rohan (Karel Dobrý) è poco collaborativo e le indagini della detective sono continuamente ostacolate dagli aggressivi agenti dell’Europol. Si scopre che David è resuscitato grazie a metodi poco ortodossi. Il conseguente groviglio di cospirazioni su cospirazioni è contorto ma mai privo di coinvolgimento, dato il peso e l’interesse dato da altri fattori, di diversa natura, come spesso accade in film di questo genere, politici, economici e ambientali che definiscono questo futuro caotico.
Restore Point è un neo-noir solido e robusto che combina un mistero e una costruzione del mondo intrigante e affascinante ma anche spaventosa e angosciante.
Restore Point: inquietudine e ansia accompagnano lo spettatore nelle indagini della detective
Di minuto in minuto la storia si arricchisce di inquietudine e di notizie che rendono tutto sempre più ansiogeno, vittime e carnefici, buoni e cattivi, di chi ci si può fidare, sono tutte carte che si scambiano di posto con gelido rigore. Il Fiume della Vita si oppone alla tecnologia del punto di ripristino, uccidendo persone innocenti per dimostrare la propria tesi. Una di quelle vittime era il marito di Emma che guidava il detective in una crociata per catturare i responsabili. Non sorprende quindi che sia spericolata e si preoccupi poco delle regole, rivelandosi incapace di lavorare in una squadra.
La protagonista deve lavorare su un’indagine, quella di un doppio omicidio, ma si racconta anche il dolore che tutti, molti provano, c’è qualcosa di triste e malinconico in loro. Tutti stanno cercando di superare il trauma, il mondo è un luogo difficile in cui vivere, ed è difficile dire cosa sia giusto e cosa sia sbagliato, tutti sono persi. Quando si tratta dell’agente non si vede mai il suo passato, è un mistero e questo dà allo spettatore un senso di inquietudine. Si cerca di capire perché sia così fredda, rigorosa nel lavorare senza sosta.
Restore Point: valutazione e conclusione
Restore Point è un poliziesco noir che è anche un film fantascientifico, un racconto cyberpunk che approfondisce alcune domande. Si lavora sulla resurrezione in fondo, un modo per restare immortali e così si innescano molte domande. Si affrontano temi complessi attraverso sottotrame e dialoghi tra la detective e gli altri personaggi, si tenta di trovare un equilibrio tra l’opera di genere e la narrazione che filosofeggia sugli impatti sociali e individuali della tecnologia. Il film vuole rendere omaggio a classici come Blade Runner di Ridley Scott e I, Robot di Isaac Asimov, un punto debole è quello di non esplorare fino in fondo le sue numerose idee. Di conseguenza, offre una solida storia di investigazione ma non riesce a sfruttare il suo mondo fantascientifico come avrebbe potuto.
Ad avere estrema forza è l’interpretazione di Mohylova fantastica nel ruolo, di solito appannaggio degli uomini, il lupo solitario, algido, meccanico, bisognoso di risolvere tutto il resto perché nella sua vita il dolore è un fedele compagno, lei incarna tutto questo e mette in discussione le proprie azioni per fare bene il suo mestiere.
Restore Point è un film freddo, rigido in cui tutto funziona alla perfezione ma forse manca un po’ di umanità.