RFF2015 – Glitch: 01×01 recensione
Gli zombie sono tornati, ma non mangiano cervelli e sono anche in perfetta salute. Presentata nel Concorso Internazionale della Nona Edizione del Roma Fiction Fest, Glitch è la serie australiana diretta da Emma Freeman e scritta da Louise Fox, Kris Mrksa e Giula Sandle.
Mandata in onda per la prima volta lo scorso giugno sull’ABC Australia, Glitch si apre con una telefonata nel cuore della notte. L’agente James Hayes, poliziotto della piccola cittadina Yoorana, viene convocato nel cimitero della cittadina perché, improvvisamente, alcune persone ormai morte da anni si sono risvegliate. Smarrite, confuse e senza neanche un minimo segno di putrefazione. Nessuno ha la benché minima idea di che cosa sia successo, né i vivi e nemmeno i morti, o meglio non-morti.
La mini serie è composta da sei episodi di circa sessanta minuti ciascuno, e non vuole di certo essere la solita serie sugli zombie, quindi dimenticatevi assolutamente The Waliking Dead. Come i precedenti inglesi hanno fatto con la meravigliosa miniserie In The Flesh, purtroppo interrotta dopo la seconda stagione, anche gli australiani usano “i morti viventi” per ragionare sul profondo significato della vita, sulle emozioni e le passioni umane che sono la vera forza motrice della vita stessa. Eppure, mentre in In The Flesh la diversità fisica, dalla pelle agli occhi, dei non-morti era modo per ragionare sul razzismo e la non accettazione del “diverso”, Glitch vuole ragionare totalmente sul puro sentimento umano.
La serie riesce bene nel suo intento, soprattutto per la semplicità con la quale la drammaticità, senza bisogno del solito artifizio della mostruosità dello zombie generalmente dipinto come un vegetale mosso dall’unico istinto di nutrirsi di carne umana fresca, dei sei personaggi – tutti agli antipodi degli altri e senza un evidente collegamento – tornati inspiegabilmente alla vita, indaga sul senso dell’esistenza stessa.
Una viaggio attraverso la memoria e le motivazione che spingono alla vita. Potremmo quasi definirlo un vero e proprio giallo, dove alla base della ricerca non c’è un terribile omicidio, ma un’inspiegabile avvenimento che non vuole trovare una mera e superficiale risposta nel paranormale.
“Perché io?” “Perché ora?” oppure “Per quanto tempo ancora” o, semplicemente, “Perché?”; queste sono le domande che i nostri protagonisti si pongono, quasi con l’ingenuità di chi scopre per la prima volta il mondo. Infondo, come biasimarli, visto che un po’ è così. Il modo di agire e di porsi questi interrogativi è il sapiente escamotage usato dai produttori per esplorare affondo i personaggi e lasciarli scoprire, passo dopo passo, allo spettatore. Speranze e bisogni, necessità e piccoli flash lontani nella memoria. Non c’è un processo di de-umanizzazione, ma al contrario c’è una sorta di sviluppata sensibilità, e riflessione, sulla fragilità della vita in sé per sé. Quanto sia facile perdere qualcuno che si ama da un momento all’altro, senza poter fare davvero nulla per impedirlo, o quanto il destino sia imprevedibile e non bisogna perdere tempo per arrivare ai propri obiettivi, senza rimandare di giorno in giorno. Cogliere l’attimo, vivere la vita in ogni suo secondo.
Morte e tempo sono i temi cardine di Glitch, attraverso i quali si ramificano anche altre tematiche, come i rapporti personali e quelli sociali, nonché il lato più recondito della natura umana.
Glitch affonda le sue radici proprio sul lato più sensibile dell’umanità, utilizzando gli “zombie” come mai nessuno aveva fatto prima. E sottoquesto punto di vista potrebbe essere davvero la migliore tra tutte le serie zombie degli ultimi anni, se non fosse per un unico insopportabile difetto: la recitazione.
Purtroppo gli attori divengono un vero ostacolo per la seria, della quale si può tanto apprezzare trama e struttura, in quanto rasentano l’inverosimile, quasi non credendo alle loro stesse parole. Un recitazione finta e piatta, in alcuni casi addirittura teatrale.
Rimaniamo comunque dell’opinione che Glitch, nonostante questo particolare, sia una serie alla quale una possibilità va data.