Rheingold: recensione del film di Fatih Akin

Il film di Fatih Akin che racconta la vita del rapper europeo Giwar Hajabi, fra commedia, dramma e avventura.

Dall’incontro tra il regista Fatih Akin e il pioniere del rap europeo, Giwar Hajabi, in arte Xatar, nasce il film Rheingold, proiettato alla diciassettesima edizione della Festa del Cinema di Roma e alla diciannovesima edizione del Biografilm Festival di Bologna. Il 27 luglio 2023 il film esce finalmente anche in sala.

Rheingold Cinematographe.it

Akin è regista di origini turche, nato ad Amburgo. In virtù, probabilmente, anche del proprio vissuto di tedesco di seconda generazione, egli ha sviluppato una particolare sensibilità verso il tema del rapporto fra culture diverse. Tanto che il suo cinema presenta una costante riflessione sul contrasto fra la ricerca delle proprie radici e l’ambizione di reinventare la propria identità secondo canoni sociali scelti e non imposti dal sangue.
Rheingold è un ulteriore tassello di questa riflessione. Il film si apre in una prigione siriana, dove Hajabi e alcuni amici vengono rinchiusi, perché accusati di aver preso parte alla “rapina dell’oro” di Stoccarda. Fra torture e interrogatori, assistiamo a un flashback lungo due ore, che ci racconta la vita del protagonista fino a quel momento. I genitori del rapper sono due combattenti curdi per la libertà, sotto il regime di Khomeyni. La madre è un’eroina di guerra, mentre il padre un noto pianista. Costretti alla fuga in Europa, a Bonn lottano per riconquistare una posizione sociale. Il padre divorzia lasciando la moglie, Hajabi e sua sorella. Il giovane frequenta ragazzi di altre comunità migranti e inesorabilmente finisce nel giro dello spaccio. Da questo momento in poi inizia una sorta di rocambolesca, a tratti comica, carriera criminale. Hajabi, picchiato da dei teppisti, impara a lottare, diventa un duro, va in giro per l’Europa cercando di fare il criminale. Inizia a frequentare le prigioni. Prova a fare l’imprenditore. Ma alla fine la musica – come per il padre – segna il suo destino. Così dopo la la rapina di Stoccarda, la fuga in Siria, le torture, l’estradizione in Germania e la prigione tedesca, col nome d’arte di Xatar, da dentro il carcere, ottiene il successo nella scena rap europea e un contratto con la Warner Music.

Rheingold. Un’avventura picaresca

L’oro del Reno è chiaramente il sogno di emancipazione sociale ed economica, rappresentato dall’Europa, per intere generazioni di migranti e per i loro figli. Come nel dramma wagneriano, questo tesoro può dare il potere e la gloria, ma può anche corrompere e portare alla rovina. In Rheingold Akin ci mostra in egual misura le conseguenze di entrambi i lati della medaglia. Scegliendo però, anche durante i momenti più cupi, di non eccedere mai con i toni drammatici, così da rimanere sempre sul crinale del genere avventuroso-picaresco.

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Uno degli aspetti più interessanti del film, infatti, consiste nella capacità del regista di costruire una vera e propria epopea avventurosa. Egli trasforma l’Europa in un territorio vasto e pieno di possibilità, così come facevano le commedie adventure degli anni ottanta/novanta hollywoodiane con il territorio degli Stati Uniti. In quanti film abbiamo visto i protagonisti viaggiare dal Texas a New York, dal profondo Sud agli stati del Nord, inseguendo un sogno e affrontando sfide caratteristiche per ogni zona attraversata. Dal deserto alle gang. Dagli alligatori ai banchieri di Wall Street. Possibilmente con la polizia di vari stati alle costole! Ebbene Akin segue questa lezione ma sostituisce le gang con la mafia turco-tedesca e il deserto del Nevada con quello siriano, gli alligatori con i gestori dei nightclub olandesi, mentre banchieri e polizia rimangono i vettori di un ordine sociale che cerca di opprimere ogni anelito all’autodeterminazione. Gli stessi protagonisti, come nelle commedie americane, nonostante le situazioni di pericolo, rimangono inclini alla battuta. Ogni disavventura alla fine viene superata e porta alla fase successiva del viaggio.

La differenza principale con le opere di Hollywood sta forse nel fatto che i protagonisti di queste ultime sono soggettività incondizionatamente e totalmente americane, cioè un’immagine dello spirito d’impresa tipico della cultura degli USA. Hajabi invece è una parodia di questo spirito. I suoi progetti per lo più finiscono male, perché la sua non è una soggettività definita, in grado di decidere realmente i propri obiettivi. La storia del protagonista di Rheingold è infatti ancora una volta, come sempre nel cinema di Akin, la storia di un’identità che viene plasmata dalle proprie esperienze in un mondo in cui esistono svariati punti di riferimento culturali. I protagonisti della commedia avventurosa classica, al massimo, si evolvono e imparano una lezione morale, grazie all’avventura vissuta. Hajabi viene invece plasmato proprio dall’avventura che vive, fino a diventare una soggettività completamente diversa, Xatar, in cui le varie culture che ne hanno segnato l’esistenza – quella tedesca, quella curda, la tradizione musicale alta, la musica rap, la vita da strada, il capitalismo, la fierezza politica della madre – trovano il loro punto d’equilibrio. In questo caso la lezione è data dall’intera sua parabola esistenziale ed è lo spettatore a esser chiamato ad apprenderla.

Rheingold: valutazioni e conclusione

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Insomma Rheingold è un’opera sfaccettata, in grado di creare un’affresco narrativo interessante e avvincente. Grazie ai moduli linguistici del cinema avventuroso e commerciale cerca molto semplicemente di raccontare il mito del successo – del farcela venendo dalla strada – dal punto di vista, relativamente nuovo, di un europeo di seconda generazione, integrato nei livelli più alti della produzione culturale. Akin dirige una biografia romanzata che in qualche maniera è un’autobiografia sceneggiata!

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 3.5

3.9