Ricomincio da me: recensione del film di Nathan Ambrosioni
Camille Cottin e i suoi cinque figli. Ricomincio da me, in bilico tra risate e lacrime per raccontarci del delicato equilibrio tra soddisfazione personale e altruismo. La base di ogni felicità, in famiglia e fuori. Dal 28 dicembre al cinema.
La vita è complicata e proprio questo interessa a Nathan Ambrosioni. Gira Ricomincio da me, in sala il 28 dicembre 2023 per Wanted Cinema, per restituirci la fotografia di un’esperienza femminile autentica, completa, integra. Non sembra mancar niente, in effetti: lavoro, famiglia, rimpianti, desideri, successo, paura del fallimento. Protagonista una brava, molto, Camille Cottin. La sua protagonista, stanca e incalzata dallo spettro del tempo che avanza, è animata da una vitalità incrollabile. L’interrogativo che percorre la storia in lungo e in largo – questa complicatezza piace davvero tanto al regista e alla sua attrice – è una strada a doppio senso. In che modo è possibile donarsi agli altri, senza sacrificare se stessi? Come si evita una felicità nutrita di egoismo? La vita di Antonia detta Toni, è abbastanza emblematica di questa tensione.
Ricomincio da me: Antonia e i suoi cinque figli
Antonia (Camille Cottin) ha quarantadue anni. La sua è una vita doppia, sotto molti punti di vista. Prendiamo il tempo. C’è un presente, il nostro presente, che è quello su cui si sviluppa il film, fatto di piccole grandi sfide esistenziali, lavorative, affettivo-familiari. E poi c’è un altro tempo, il passato, che tormenta Antonia costringendola a porsi domande scomode. O almeno, domande per cui non si prevedono risposte gratificanti. Il passato di Antonia sono gli anni ’90. All’epoca si faceva chiamare Toni ed era una cantante di successo. Almeno una canzone passa ancora oggi in rotazione alla radio. Antonia canta, la sera, in un localino che non è niente di che. È chiaramente infelice.
Il suo pezzo lo cantano solo i cinque figli. Il padre non c’è. Si chiamano Marcus (Thomas Gioria), Mathilde (Léa Lopez), Camille (Louise Labèque), Timothée (Oscar Pauleau) e Olivia (Juliane Lepoureau). Marcus e Mathilde sono più avanti con gli anni, stanno per finire il liceo e hanno una visione abbastanza chiara del loro futuro – lui youtuber, lei ballerina – che non sempre coincide, come da tradizione, con il punto di vista della madre. Di qui, incomprensioni, litigi, riappacificazioni e parentesi di umorismo. Gli altri tre, anche se con un orizzonte di vita meno definito, data l’età, hanno ugualmente desideri, sogni, speranze. Anche segreti. E Toni, che deve trovare il modo di realizzarsi perché si sente incompleta, lo sa e prova ad adeguarsi. I figli sono il suo lavoro a tempo pieno. Sono la ragione per cui ha mollato lo show business, una fonte di gratificazione ma anche una sorgente di stress e fatica; una pressione insopportabile.
A volte Toni, nonostante l’amore immenso per i suoi ragazzi, sente una gran voglia di evadere dalle responsabilità. È uno dei due pregi visibili del film; da un lato, un’analisi emotiva della genitorialità parecchio onesta, tesa a restituirne gli alti e i bassi senza pudori. Dall’altro, la disponibilità di Nathan Ambrosioni a lavorare sul più insignificante dettaglio narrativo per caricarlo di tensione drammatica. Ricomincio da me comincia così, con l’immagine di una quotidianità spicciola, espressiva di un significato universale. Antonia, in macchina (la sua vita), che aspetta di caricare i figli all’uscita da scuola ma è difficile, perché lo spazio è poco e lei vorrebbe un po’ di pace e di silenzio e invece loro hanno molto da dire. La sfida del film, come la racconta l’eloquente incipit, consiste nell’accordare l’egoismo di tutti, per arrivare a una felicità condivisa.
La vita in famiglia restituita con calore e attenzione ai bisogni di tutti
Antonia non cerca avventure o nulla di più stabile, perché il rispetto di sé e l’amore dei suoi figli sono sufficienti; diversamente, sarebbe venuto fuori un film più tradizionale, nel peggior senso possibile. A un certo punto si ha un po’ paura che la storia si stia preparando a una scalata al successo fuori tempo massimo: Toni, risorta dalle ceneri dell’oblio musicale, che rimette in sesto una carriera deragliata. Non è così, per fortuna; ma il cinema americano meno sincero l’avrebbe raccontata in questo modo. Ricomincio da me si mantiene in equilibrio tra commedia e dramma, decisamente la prima più del secondo, per parlare di un’esperienza femminile completa. Lo fa senza ruffianerie e schivando la superficialità.
C’è un calore e un gusto per i particolari – abbastanza inedito dalle nostre parti e dovremmo prendere nota – che anima il racconto della vita in famiglia. Al di là di qualche schematismo nel disegnarne la personalità, i cinque figli sono esseri umani: psicologie, inclinazioni e caratteri credibili. La protagonista di questa storia è però Antonia; vuole rimetter in sesto la sua vita perché il tempo passa e non concede bis. D’altronde, se trova il modo di realizzarsi sul lavoro, ha una carica in più per rispondere ai bisogni, sacrosanti, dei figli. Cosa viene prima, per una donna, l’essere madre o l’essere lavoratrice? Ecco, questo è il genere di domanda stupida che Ricomincio da me ha il coraggio di evitare e il merito di cancellare, con una narrazione briosa e intelligente.
Certo, il finale, furbescamente, indica una direzione per il futuro dei personaggi senza scendere troppo nel dettaglio, un’ambiguità calcolata. Siamo sempre nel perimetro di un cinema popolare e commerciale, le concessioni sono inevitabili. Quello che a Ricomincio da me riesce bene è di affrontare la complessità della vita, la necessità e la fatica di dare sfogo alla propria voce, senza sacrificare quella degli altri. Toni è madre per scelta, cantante per scelta, per scelta decide di ricominciare con l’università. Nulla di predeterminato. Una madre migliore per essere una donna migliore nel lavoro o viceversa, non è importante. Quello che conta è illuminare, tra lacrime e risate, un’idea semplice, spesso fraintesa. La vita è complicata, bella anche per questo. La sua profondità va accettata e, cosa più importante, riconosciuta.
Ricomincio da me: conclusione e valutazione
C’è una bella sintonia tra Camille Cottin e i suoi cinque ragazzi. Alla “sua” Antonia, regala, per dirla in maniera un po’ ridicola e pomposa, la forza che viene dal riconoscimento delle fragilità. Nathan Ambrosioni sa che la vita è fatta di equilibri fragili ma necessari. La famiglia di Toni è la fotografia degli sforzi che accompagnano il processo di ricerca della felicità: il giusto mix di egoismo ed empatia. Senza la pretesa di offrire risposte scolpite nella pietra, con i limiti inevitabili di un’operazione commerciale, Ricomincio da me cerca di raccontare la vita nel modo più onesto e completo possibile.