Rido perché ti amo: recensione della commedia di Paolo Ruffini
Rido perché ti amo, regia di Paolo Ruffini, è una commedia romantica e insieme una favola, che ricorda allo spettatore quanto è importante che l'adulto di oggi non tradisca il bambino di ieri. Dal 6 luglio 2023 al cinema.
Prima di Indiana Jones e dopo Mission Impossible. Così, scherzando ma non troppo, Paolo Ruffini presenta la sfida al botteghino del suo Rido perché ti amo, in sala dal 6 luglio 2023 per Medusa. Commedia romantica – favola anche – dal respiro corale, girata nell’autunno del 2020 con la promessa di arrivare al cinema, ma solo a normalità ristabilita. Per questo è servito il 2023, via mascherine e green pass e gli incassi che risalgono, anche se con un po’ di fatica. Soprattutto, un’estate così, con un’abbondanza di (scusate) prodotto come non si ricordava da tempo, italiano e straniero, è una felice inversione di tendenza. Il box office racconterà cose interessanti, sullo stato di salute della commedia italiana. E sul gradimento del pubblico verso un certo tipo di umorismo, meno legato alla satira di costume e non volgare.
Il film, Paolo Ruffini, se lo prende con la forza. Lo scrive, lo dirige e lo interpreta. Insieme a Nicola Nocella (co-sceneggiatore), Barbara Venturato, Daphne Scoccia, Greg, Loretta Goggi, Enzo Garinei, Herbert Ballerina, Giulia Provvedi e l’apparizione a sorpresa di Malika Ayane. La coralità della narrazione è naturalmente un esercizio di democrazia, anche se il rischio è di smarrire il filo del discorso, dando ascolto a tante, troppe voci. Attenzione alle citazioni, ai rimandi, ai riferimenti; Rido perché ti amo è una mappa interattiva di influenze cinefile, in certi casi esplicite, altrimenti sotterranee. Imperfetto, ma con il coraggio di andare contromano.
Rido perché ti amo: la storia d’amore di Leopoldo e Amanda è messa alla prova da una serie di promesse mancate
Leopoldo e Amanda si incontrano che sono bambini. Leopoldo, innamoratissimo, la conquista a suon di dolci e le fa una promessa: la sposerà a 36 anni il giorno di San Valentino. Lei accetta, ma a una condizione: invecchi pure, all’anagrafe, nell’animo deve restare sempre lo stesso. 25 anni dopo, la promessa è spezzata. Lui (Nicola Nocella) è un maestro pasticciere tutto preso dal lavoro, cinico e impaziente. Lei (Barbara Venturato), ballerina mancata ma coreografa soddisfatta; l’eco del suo talento arriva fino all’Opéra di Parigi che ne richiede i servigi e Amanda accetterebbe pure, non fosse che le date coincidono con il periodo delle nozze. Chiede a Leopoldo di accompagnarla, vanamente. Lui ha occhi e cuore solo per il lavoro. Amanda parte da sola, non prima di aver mollato Leo. Che solo a questo punto comprende di aver commesso un grosso errore.
E decide di rimediare, a maggior ragione perché il bambino che è stato una volta torna a tormentarlo, rimproverandogli il peggiore dei tradimenti, quello verso di sé. Rido perché ti amo, sceneggiatura di Paolo Ruffini, Nicola Nocella, Francesca Romana Massaro e Max Croci, soggetto dello stesso Croci e di Marina Scirocco, si apre con una citazione di Antoine de Saint Exupéry che dice: “Il bambino che eri non si vergogni dell’adulto che sei”. Leopoldo capisce che l’unico modo per recuperare l’amore di Amanda è tornare, nell’animo, bambino. Ricostruendo il filo delle promesse spezzate, realizzandole tutte, concretamente, una dietro l’altra. Ha bisogno d’aiuto, però.
E l’aiuto arriva, dal piccolo microcosmo umano, colorato e inclusivo della Piazza. A cominciare da Ciro (Paolo Ruffini), l’amico cinefilo che gestisce una videoteca ed è molto preso da Samantha (Daphne Scoccia), tatuatrice dal passato misterioso e dal carattere forte. C’è poi Luisa (Giulia Provvedi), con il suo negozio new age e l’innamoratissimo, imbranato e non proprio avvenente Gigi (Herbert Ballerina). La Barona (Loretta Goggi) sta sul balcone e non scende mai di sotto, Valentino (Enzo Garinei) avrebbe l’età per la pensione ma continua e gestire il bar. Don Cioffi (Herbert Cioffi) è un prete sui generis come ce ne vorrebbero di più, Cipriano (Greg) il saggio del paese nella sua cartoleria demodé. Persino Claudia (Claudia Campolongo), la migliore amica di Amanda, alla fine si decide e soccorre Leopoldo. Perché è importante, fondamentale, non tradire oggi le promesse fatte ieri.
Citazioni, cast corale e piano sequenza: la ricetta di una commedia contromano
Gigi (Herbert Ballerina) si presenta ogni mattina alla pasticceria di Leopoldo implorando una zuppa inglese che non arriverà mai, come il personaggio di un celebre film di Leonardo Pieraccioni che se ne andava in giro divorato dall’ossessione per il gratta e vinci. Volfango De Biasi, il regista, nei panni di un sadico critico gastronomico che starebbe bene in un Ratatouille live action. L’ombra di Francesco Nuti, il respiro corale e l’innocenza anacronistica della confezione davvero molto francesi, Love Actually. Il prologo, che per esplicita ammissione di Paolo Ruffini deve molto a un film del 1989 di Joe Dante con Tom Hanks che si chiama L’erba del vicino. E poi gli omaggi indiretti a Massimo Troisi, le piste cinefile con i poster di Fellini, Marco Ferreri e Lars von Trier che fanno capolino in un angolo. Rido perché ti amo centrifuga influenze e suggestioni e fa il doppio gioco, ma a fin di bene. Da un lato, inserendosi in un solco, una tradizione di genere, non solo italiana, che ha i suoi capostipiti e i suoi modelli (vedi sopra).
Dall’altro, cercando una via diversa per la commedia nostrana, più rom-com, meno volgare e cinica, aperta al fantastico, solidale e inclusiva. C’è una forte coerenza nel passaggio sul film di Federico (Simone Brescianini) pasticciere provetto, attore con sindrome di Down che richiama un altro capitolo nel percorso del Paolo Ruffini regista, il documentario Up & Down – Un film normale (2018). L’attore livornese ormai ragiona da autore, rivede e approfondisce l’idea originale di Max Croci e punta sul racconto corale e il rifiuto delle scorciatoie. Alcune soluzioni di regia sono in controtendenza rispetto al genere; su tutti, l’intenso piano sequenza che circoscrive la fine dell’idillio di Leopoldo e Amanda. La verità è che la commedia funziona soprattutto se si ha il coraggio di guidare contromano.
Film piccolo, per scelta, per rifiuto della presunzione e della risata sguaiata, macchinoso a tratti perché il cast eterogeneo è una presenza ingombrante e non è facile dare a tutti il giusto spazio. Ci sono personaggi che meriterebbero maggior cura e un tempo in scena più approfondito, altri invece che riescono a ritagliarsi uno spazio soddisfacente, su tutti una molto brava Daphne Scoccia. Si mantiene sul crinale di un equilibrio prezioso tra umorismo e malinconia, a conferma della solidità di un talento che il cinema italiano dovrebbe custodire con estrema cura.
Rido perché ti amo: conclusione e valutazione
Rido perché ti amo vale come dichiarazione d’intenti per una commedia italiana più aperta al fantastico e meno vincolata all’osservazione del quotidiano. La morale della favola, l’elogio della purezza dei sentimenti, il rispetto per il bambino o la bambina che eravamo, è sentimentale e declinata senza margini di ambiguità. Forse per questo, colpisce meno di quello che il film ci racconta indirettamente. Sullo stato di un genere, la commedia, che è l’architrave del nostro cinema e forse ha bisogno di una rinfrescatina.