Rocky: recensione
È difficile per non dire impossibile spiegare in termini semplici quanto il personaggio di Rocky Balboa abbia influito non solo nel panorama cinematografico, ma anche in quello strettamente umano e psicologico. Nessuno, forse neanche il più ottimista, avrebbe potuto immaginare che il personaggio creato da Sylvester Stallone nel lontano 1976 potesse diventare un mito, una leggenda intramontabile, basti pensare che alcune frasi, scene o immagini del film sono diventate quasi un classico dell’interloquire e del gergo comune. Quasi nessun film in quel di Hollywood ha avuto una influenza psico-sociale così ampia e profonda tanto da diventare un mito, un cult, una icona quasi blasfema da seguire addirittura un modello di vita. Già perché Rocky non è solamente una storia di pugilato (quello vero, quello dove si vince e si perde ma non si va mai al tappeto) rappresenta soprattutto una storia di coraggio, un incitamento continuo al non arrendersi mai, al non far spegnere quel lume dell’American Dream, nel quale molti italiani immigrati durante quel periodo si rispecchiavano cercando di creare una vita migliore o quanto meno dignitosa. Molto spesso si è parlato dello stretto rapporto tra lo sport e la vita, ma non sempre chi riesce a vincere nello sport è un vincente nella vita; Rocky cerca di instaurare quella sottile linea rossa tra l’essere vincenti nell’uno e nell’altro ambito, anche se spesso la tanto amata voglia di vivere gli ha teso non poche trappole.
ROCKY (1976)
La leggenda inizia nel lontano 1976, nei sobborghi malfamati di Philadelphia. Ad un giovane pugile quasi del tutto sconosciuto di origini italo-americane, Rocky Balboa, data la mancanza di avversari degni di nota, viene concessa la possibilità di sfidare il campione del mondo dei pesi massimi Apollo Creed grazie al suo nome da ring: Lo Stallone Italiano, in un incontro di beneficenza che tutti pensano sia solo una semplice esibizione. Per Rocky invece questa occasione sarà la sua opportunità di riscatto per la vita fino a quel momento fatta di piccole estorsioni e incontri per “tirare a campare”. Della serie dei film sullo Stallone Italiano forse il più commovente e particolare. L’opportunità di riscatto di un uomo attraverso un incontro che trascende dal semplice sport, sfiorando tematiche sociali davvero rilevanti.
ROCKY II (1979)
Dopo lo storico incontro con il campione del mondo Apollo, Rocky tenta di intraprendere la strada di una vita da normale lavoratore e cittadino americano, allontanandosi dai sobborghi e dalla strada. Ma la sua vita non è quella: è la boxe, e complice l’orgoglio che spinge il valoroso Apollo Creed a concedergli una rivincita, sommata alle gioie della vita privata (il matrimonio con l’amata Adriana e la nascita del figlio), portano lo Stallone Italiano a rimettersi in gioco, allenandosi duramente sotto la guida del suo manager Mickey. Dopo aver attraversato l’inferno e aver assaporato solo per pochi istanti il profumo della gloria, Rocky è vicino all’obiettivo della sua vita. È l’inizio della leggenda.
ROCKY III (1982)
Dopo la clamorosa vittoria contro Apollo Creed e le innumerevoli facili vittorie, arrivano così il successo e i soldi donandogli un’esistenza da star imborghesita. Clubber Lang, un giovane pugile nero, è invece affamato come lo era Rocky prima del grande successo e sfida pubblicamente lo Stallone Italiano in un match valido per il titolo dei pesi massimi. Questo porterà Clubber a spodestare Balboa che si vedrà in poco tempo senza titolo e senza manager, morto poco prima del grande match. Dopo un periodo di stanca e di profonda depressione, Rocky, invogliato dal suo nuovo mentore Apollo Creed (ritiratosi dallo sport) si prenderà la tanto agognata rivincita, riconquistando il titolo con gli occhi della tigre. Senza dubbio il film più commerciale della saga (visto il grande numero di product placement presenti) che continua ad innalzare fiero e ardito il nome di Stallone nel panorama cinematografico mondiale.
ROCKY IV (1985)
Dopo la grande vittoria su Lang, Rocky si è ritirato da ormai due anni dal mondo della boxe, dall’Unione Sovietica arriva il “pugile perfetto e costruito” di nome Ivan Drago. Viene subito lanciata una sfida all’America e ai suoi pugili. Apollo, anch’esso ormai ritiratosi da anni dal mondo della boxe, vuole riaprire la sua illustre carriera affrontando in un incontro d’esibizione l’atleta sovietico, Rocky non vuole che il suo amico rischi così tanto anche perché è cosciente del pericolo, ma ogni parola è nulla. E per questo Apollo Creed muore sul ring, sotto i colpi violenti e folli dell’atleta dell’allora URSS. L’ennesima tragedia che colpisce Lo Stallone Italiano lo porta a vendicarsi in un match che ha del leggendario: affrontare un “mostro” a casa sua. Rocky affronterà la paura di morire nel match contro Drago e riuscirà a trionfare, vendicando Apollo e diventando un mito a livello mondiale. Con livelli di nazionalismo elevatissimi, il quarto episodio della saga, uscito in un periodo molto delicato della guerra fredda tra USA e URSS, mostra come la forza di volontà di un uomo possa essere maggiore di quella di un intero regime.
ROCKY V (1990)
Dopo l’estenuante incontro con il russo Ivan Drago, Balboa è costretto per gravi e preoccupanti motivi di salute ad abbandonare la boxe. Anche i suoi beni sono dilapidati da una sciocchezza commessa dall’amico Paulie e così Rocky torna a vivere nel sobborgo di Philadelphia come quando era sconosciuto, senza nemmeno un soldo in tasca. Un giovane e promettente pugile, Tommy Gunn, gli chiede di fargli da manager. Rocky è entusiasta dell’idea, vedendo in lui se stesso quando era giovane, ma dovrà fare i conti con l’avidità di potere di George Washinghton Duke, un ricco e istrionico organizzatore di incontri fasulli. Rocky si troverà presto contro “la sua creatura” in un match da strada senza esclusione di colpi. Il primo film dove non c’è Stallone impegnato sul ring, un ritorno alle origini attraverso il lento ed inesorabile declino della leggenda di Rocky Balboa.
ROCKY BALBOA (2006)
Un Rocky ormai invecchiato e appesantito dall’età gestisce un ristorante a Philadelphia e vive di ricordi e allusioni al suo glorioso passato. Ha un rapporto molto conflittuale con il figlio e passa i suoi giorni nell’ombra di una modesta casa. Tutta questa situazione lo porta a rimettersi nuovamente in gioco. Da una simulazione al computer con l’attuale campione del mondo Mason Dixon, nella quale lo Stallone Italiano risulterebbe il vincitore, Rocky torna sul ring per l’ultima grande sfida della sua carriera. Contro il parere di tutti (soprattutto del figlio) inizierà di nuovo un pesante allenamento per arrivere preparato al match. La sconfitta sarà tecnica ma il pubblico, dopo 30 lunghi anni, continua ancora ad amare l’icona di Philadelphia e all’uscita dal ring gli riserva una vera standing ovation, inneggiando al suo nome in una delle scene finali più belle e toccanti dell’intera saga. Dopo sedici anni Stallone riveste i panni di Balboa portando di nuovo ai fasti di un tempo quella che ormai è una leggenda vivente.
Dopo quasi 40 anni, la saga di Rocky è più viva che mai, riuscendo a donare sprint e forza a chiunque si imbatta nella sua visione. Il grande ritorno dei miti istituzionali, il pensiero che chiunque in America abbia un grande coraggio e un grande cuore può realizzare un sogno. La Saga di Rocky Balboa è qualcosa che tutti noi abbiamo dentro, la voglia di vincere attraverso la fatica, passando per strade tortuose senza arrendersi mai.